La Pasqua, nella religione cristiana, rappresenta il fulcro dell’anno liturgico ed è considerata la festa più solenne. La ricorrenza, come noto, si festeggia ogni anno in una domenica diversa – quella successiva alla prima luna piena dopo l’equinozio primaverile – quindi ha una data mobile.
Le origini ebraiche
Il termine deriva dal greco, che si richiama, a sua volta, all’aramaico, e significa passaggio. Gli ebrei celebravano questa festa prima dell’avvento di Gesù Cristo. All’epoca, infatti, questo momento dell’anno era legato all’agricoltura e ai primi raccolti, a iniziare dal frumento. Successivamente la Pasqua divenne la celebrazione della liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù sotto gli egizi. Per ordine divino, quella stessa notte gli stipiti delle porte delle famiglie ebree furono dipinti con il sangue degli agnelli – simbolo di purezza e innocenza – affinché l’angelo sterminatore mandato da Dio nell’ultima piaga che devastò l’Egitto, passando da quelle abitazioni risparmiasse i primogeniti, secondo quanto viene riportato nel Vecchio Testamento. Le famiglie, poi, dovevano consumare le carni arrostite dell’agnello sacrificato in un pasto frugale. Ancora oggi, la cena pasquale, per gli ebrei, è composta principalmente da cibi semplici e amari in memoria del periodo di schiavitù, prima della libertà ritrovata con l’esodo attraverso il Mar Rosso.
La religione cristiana
Gesù Cristo era a sua volta un israelita, un ebreo, e come tale stava celebrando il rito della Pesach, della Pasqua ebraica, quando, dopo il tradimento da parte del discepolo Giuda Iscariota, fu arrestato – con l’accusa di essersi paragonato a Dio – e crocifisso. Furono i sacerdoti del Sinedrio, la più alta autorità dei giudei, a puntare il dito contro di lui. Come noto, il prefetto romano Ponzio Pilato si chiamò fuori lavandosene le mani, espressione divenuta proverbiale e usata ancora oggi. Dopo una sofferenza atroce patita durante il lungo cammino della Passione, in cui Gesù fu percosso, frustato e umiliato dalla folla e dai soldati, costretto a portare una grande e pesantissima croce di legno in cima al monte del Golgota, dove poi morì, ad appena 33 anni, in un venerdì del periodo pasquale (ricordato ancora oggi nelle celebrazioni del Venerdì Santo). Il suo cadavere venne poi deposto in un sepolcro alle porte di Gerusalemme. La domenica successiva, Maria Maddalena, Maria di Giacomo e Salomè si recarono nel luogo per imbalsamare il corpo di Cristo, ma, giunte alla tomba, videro che il macigno in pietra che era stato apposto per sigillare il sepolcro era stato incredibilmente spostato. E il corpo di Gesù, lì, non era più custodito. Poco dopo apparve un angelo e diede un annuncio: Gesù Cristo, Figlio di Dio, era risorto. La Pasqua cristiana, dunque, rappresenta il momento in cui Gesù è tornato alla vita terrena sconfiggendo il male e cancellando il peccato originale, diventando redentore, ossia salvatore, dell’umanità, come viene narrato nei Vangeli (nel Nuovo Testamento).
Riti e Tradizioni
Ancora oggi le tradizioni pasquali che vengono riproposte anche da noi affondano le loro radici in tempi antichi. L’usanza di mangiare carne di agnello, come appunto è stato ricordato in precedenza, deriva dalla Pesach, la Pasqua ebraica. Nel Cristianesimo l’agnello sacrificato è diventato emblema del Cristo immolato per redimere le creature umane. Per quanto riguarda invece le uova, queste sarebbero un retaggio di alcuni culti pagani, come quello della dea Ostara, divinità germanica legata alla fertilità e al risveglio della natura.
Nella religione cristiana, poi, l’uovo è diventato un altro simbolo pregno di significato: all’esterno ricorda un sasso, come quello del sepolcro di Cristo, ma all’interno cela una nuova vita, quindi è anche legato alla rinascita e alla resurrezione. Tra i primi credenti vigeva il divieto di mangiare le uova nel periodo pasquale, oltre alla carne. E quelle che venivano depositate dalle galline, dunque, una volta bollite, erano colorate di rosso, per ricordare il sangue di Cristo, o decorate con le croci, in memoria del suo sacrificio.
Perché le uova sono diventate di cioccolato? La tradizione si deve probabilmente al Re Sole, Luigi XIV di Francia. Il sovrano si fece produrre un uovo di crema di cacao dal suo chocolatier di corte. Fu un successo la cui fama si propagò velocemente fino a divenire rito (e business d’oro, più che di cacao).
Dal web –
Quotidiano.Net
Auguro a tutti voi carissimi amici di passare una serena Pasqua nonostante il brutto, direi pessimo momento che stiamo vivendo. Tornerò per lasciarvi qualche poesia. Per ora auguro a tutti voi una buonanotte con il solito affetto
La vostra Isabella
senza ch’io vi facessi gli auguri. Ma dato che l ‘ Amore andrebbe festeggiato ogni giorno, voglio farvi un regalo lo stesso. Niente cioccolatini, solo poesia.
Un abbraccio da chi sempre vi pensa, anche se sembrerebbe il contrario
la vostra Isabella
Io non conosco ch’una gioia…
Io non conosco ch’una gioia al mondo,
ed è quando sul tuo seno di neve
chino la fronte, come sopra i molli
fiori del maggio ; o col desio ch’all’ore
della state furenti, in su gli appoggi
de ‘ morbidi guanciali il capo stanco
cade alla queta voluttà del sonno.
Spunta sul labbro il riso, della mente
le tempeste serenano, han quiete
l’ ire del mondo: è come un paradiso
Giuseppe Maccari
Giuseppe Maccari è nato a Frosinone il 19 ottobre 1840, figlio di Antonio e da Eleonora Bracaglia. La famiglia Maccari abitava in una casa a due piani, in una strada angusta – detta dei Pagliari bruciati – a fianco di un arco antico. Alla morte del padre Antonio, nel 1850, la famiglia (sei figli: Giovanni Battista, Leopoldo, Giuseppe, Teresa, Luigi e Sisto) ebbe gravi difficoltà finanziarie. Giovanni Battista, che studiava Legge a La Sapienza, ottenne un impiego al ministero dell’Interno e, uno alla volta, fece venire i fratelli a Roma. Presero alloggio in un primo tempo in via delle Quattro Fontane, in una casa che aveva un piccolo orto.
Giuseppe, grazie alla generosità di un sacerdote, aveva ricevuto a Frosinone i primi elementi di grammatica italiana e latina, aveva letto brani di poeti del Trecento e tradotto passi di Marco Tullio Ciceronee e di Virgilio. Incominciò a studiare il greco e a comporre versi, ispirandosi a Giacomo Leopardi. Erano semplici bozzetti, ma delineati con tocco felice e sicuro. Versi freschi, quasi impressionistici:
Nel paesetto la solinga strada
Solo trapassa il vagabondo cane.
La salute di Giuseppe Maccari era tuttavia precaria. Egli trovò un posto come istitutore presso una famiglia nobile e, grazie all’impiego, nell’estate 1862 fece un viaggio in Italia: rimase abbagliato dalle bellezze di Firenze. Dava lezioni di Italiano a un pastore evangelico dell’Ambasciata di Prussia e questa assidua frequentazione lo convinse a convertirsi al protestantesimo. Come suo fratello maggiore Giovanni Battista, frequentava il Cenacolo dei poeti della Scuola romana, che si riuniva al caffè Nuovo, a piazza San Lorenzo in Lucina (Palazzo Ruspoli). Nel 1866 suo fratello più piccolo Leopoldo morì di tisi, lasciando in povertà assoluta la vedova e un bambino. Giovanni Battista riunì a Roma tutta la famiglia, chiamando da Frosinone sua madre Eleonora, sua sorella Teresa e anche la cognata con il nipotino. Giuseppe sognava di sposare una ragazza, che morì lasciandolo disperato.
Poiché repente una fanciulla mia
Dai giardini, c’ha in cura giovinezza,
Si disviò, s’ascose fra le tombe,
Sovente io scorro questi luoghi e trovo
Qui racchiusa la gioia, qui la vita.
Domenico Gnoli racconta che una volta fu coinvolto, insieme a Giuseppe, in una dimostrazione studentesca, a San Lorenzo. Furono arrestati, ma Domenico, che era conte ed era romano, fu subito rilasciato. Giuseppe invece fu tenuto rinchiuso per un mese, nel carcere di Montecitorio, con la scusa che era di Frosinone e che non poteva giustificare la sua presenza a Roma. Domenico fermò una carrozza e invitò Peppino a salire, per evitargli la vergogna di farsi vedere con i ferri ai polsi. Ma Giuseppe gli disse: «No. Tutti mi devono vedere così, mentre attraverso la città. Addio Memmo!»[1] Luigi Lezzani nel suo Saggio d’Anacreonte, pubblicato come prefazione alla traduzione di Giuseppe Maccari, ha scritto che Giuseppe Maccari, per primo, ha trovato il metro più idoneo, cioè il settenario rimato a due. Ma Giuseppe Maccari non lasciò che un saggio molto ristretto: forse aveva fatta l’intera versione da Anacreonte ma, incontentabile, ne aveva distrutta la maggior parte. Giuseppe Maccari morì di tisi, a 26 anni e cinque mesi, il 15 marzo 1867.
Da Wikipedia
GRIGIO
Qui ogni alba
è sempre uguale.
Non si vede mai
il sole.
Il cielo è grigio,
sempre.
Come grigio
in fondo
è questo campo.
Il fango, la melma.
Perfino
i nostri indumenti
sono sempre uguali,
come fossero
una divisa.
E il colore
è sempre il grigio.
Quello
delle nostre
giornate
che scorrono lente.
Quello
del gelo,
che non finisce mai.
quello della fame,
che ci tormenta.
E la paura
che ritorna
sognando
quei treni ,
che qui ci hanno portati.
Noi uomini ,
trattati come bestie .
Si,
qui non c’è mai
il sole,
non ci sono colori
a rallegrarci.
e siamo soli,
anche se in tanti.
Qui ,
ormai
senza speranza,
aspettiamo.
Forse domani,
chissà ,
toccherà
a me.
Isabella Scotti gennaio 2024
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Riveduta e corretta
campo di concentramento di Auschwitz
So che tanti di voi a vedermi qui mi farebbero questa domanda.
Ecco la mia risposta carissimi amici :
” Non ho più tempo per me. Troppe situazioni da seguire. Problemi di salute miei ( ho avuto una bella bronchite che è durata a lungo ) e ahimè di mia figlia e mia madre che comincia ad avere più bisogno ora che i 90 anni sono compiuti. Ringrazio il Signore per come è presente di testa ma qualche problemino c’è. E poi la mancanza di mio fratello incide sempre.
Comunque se sono qui è per regalarvi qualche poesia , perchè nonostante tutto scrivere è uno sfogo , allontana i pensieri , anche quelli di un mondo che sempre più va a rotoli. Le notizie che si susseguono giorno per giorno lasciano l’amaro in bocca, e stasera non voglio pensarci. Quindi ecco le mie poesie. Spero potranno essere di vostro gradimento
SOFFIA PIU’ CHE PUOI
Mandami un bacio.
Ora
che siamo lontani
posalo
sul palmo
della tua mano
e poi soffia
più che puoi,
che arrivi
a posarsi
sulle mie labbra ,
come tu fossi qui .
Mandami un bacio
stanotte,
non farmi aspettare
Isabella Scotti gennaio 2024
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
IL NOSTRO CANTO
Vieni,
dammi la mano
e andiamo
incontro
alla nebbia,
scendendo fino
al mare.
Immersi
nella bruma mattutina
sentiremo l’odore ,
forte ,
delle alghe ,
accompagnate
fino a riva
da onde malandrine ,
e raccoglieremo conchiglie,
con la pace
nel cuore.
Poi
ci abbandoneremo
all’ amore,
come unica àncora
di salvezza.
Stretti,
avvinghiati,
teneri amanti,
udranno
il nostro canto
gabbiani
immobili,
statuari,
protesi
verso l’orizzonte.
Isabella Scotti ottobre 2015
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
LUCE D’AMORE
Illuminami di te.
Ed io brillerò
come stella nella notte.
Sarò luce,
come sole
che splende nel giorno.
Illuminami di te.
Come fuoco
che arde bruciante
divamperò,
e sarò allora
per te
il calore che vuoi
la passione che sogni
l’amore che cerchi.
Isabella Scotti settembre 2015
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
BABBO NATALE
E’ arrivato
ma non si è fermato.
Se n’ è subito andato.
Con aria sognante
un sorriso
ci ha regalato
e doni ai più buoni
ha portato.
Poi ha ripreso
la sua slitta
e trainato dalle renne,
al suo paese
è tornato ,
lasciando un vuoto
colmato solo
da questa foto.
Avremmo voluto
da lui ascoltare
la fiaba del tempo
che scorre lento,
della neve che scende
silenziosamente
sui rami degli abeti
del suo bosco
che non conosco.
Avremmo voluto
con lui restare
seduti attorno
al focolare,
mangiando cioccolato
e caramelle e mille
e mille ciambelle.
Peccato,
sarebbe stato bello
indossare
anche il suo cappello
e la sua bianca barba
accarezzare.
Ma ahimè
ora
che se n’è andato
una lieve malinconia
assale
l’ anima mia.
Eppure si sa ,
tra un anno
tornerà.
Noi lo aspetteremo,
saremo tutti qua
Isabella Scotti gennaio 2024
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
UN HAIKU
Le bacche rosse –
la festa del Natale
aghi di pino
Queste ultime due ovviamente scritte durante le feste. E dulcis in fundo
La mia mammina
Vi abbraccio tutti con tanto affetto
la vostra Isabella
Amici carissimi potevano forse mancare i miei più cari auguri di BUON NATALE a tutti voi ? Non credo. ECCOLI
TANTI AUGURI ANCHE SE DI FRETTA ( E PER QUESTO TORNERO’ )
BUON NATALE A TUTTI CON TANTO AFFETTO
( ANCHE SE SIAMO GIA’ PROIETTATI VERSO LA FESTA DI SANTO STEFANO )
CI RISENTIAMO PRESTO
ASPETTATEMI
BACIONI
LA VOSTRA ISABELLA
Eccomi qua. Sono tornata. Un pò di tempo in Francia col sole e trovare qui nuvoloni a non finire. A breve pioverà, ma è nell’ordine delle cose. Siamo quasi a dicembre, chissà se a Natale nevicherà. Intanto facciamo i conti con tutto quello che succede di orribile intorno a noi. Si parla, si discute, anche troppo. Perchè ora c’è bisogno di silenzio, di rispetto per il dolore di queste famiglie toccate dalla disperazione , ma composte. E allora dimostriamo loro la nostra vicinanza con tutto l’amore che abbiamo a nostra disposizione stando zitti, magari regalando poesia.
SE TU
MI CHIAMASSI AMORE,
ASCOLTANDO IL SUONO DOLCE
DI QUESTA PAROLA .
SE TU MI GUARDASSI
NON COME FOSSI
UN TUO OGGETTO,
MA ANZI
RISPETTASSI
LA MIA LIBERTA’
COMPRENDENDO
CHE IN TAL MODO
TU RISPETTERESTI
PRIMA TE STESSO.
SE SOLO
MI ACCAREZZASSI
CON DOLCEZZA,
GUARDANDOMI
NEGLI OCCHI
CON TENEREZZA.
SE SOLO
SCOMPARISSE
QUESTA VOGLIA
DI SENTIRTI
SUPERIORE A ME
E DA PARI A PARI,
SENZA PREVARICAZIONE ALCUNA,
MI CHIAMASSI
SEMPLICEMENTE
AMORE ,
TUTTO SAREBBE COSI’ FACILE,
ED IO T’ AMEREI
SENZA LASCIARTI MAI
Isabella Scotti novembre 2023
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Oggi per me è un giorno triste. Tutti voi sapete perchè. E allora oltre che pregare per lui, voglio oggi dedicare a mio fratello una poesia. Paolo aveva una passione, la stessa di nostro padre. Amava dipingere. Dopo la morte di Riccardo, il dipingere divenne per lui uno sfogo e ancor più quando perse Maria. I suoi dipinti, dove prima spesso compariva il mare con scorci di terra pugliese, ( Maria era di Carovigno , provincia di Brindisi ) acquistarono nuova fisionomia. Partendo da una base dipinta con colori ad olio prevalentemente, aggiunse con creatività come in un collage, oggetti reperiti di qua e di là, ( bottoni, palloncini, stuzzicadenti…) tutto ciò che per lui poteva contribuire a creare la sua opera. Un mondo fantasioso il suo, dove il colore diventa predominante. Sono usciti dei dipinti molto originali. Forse non sempre comprensibili ma affascinanti indubbiamente. Paolo aveva un desiderio. Fare una mostra accompagnando le sue opere con mie poesie. Io oggi voglio farvi vedere un suo dipinto che mi ha ispirata questi versi. Una mia interpretazione che a lui dedico, un regalo, sperando che da lassù mi sorrida felice. Paolo ti voglio bene
Vorrei esistesse
una scala
che portasse diretta
dalla terra al cielo.
E mi piacerebbe
percorrerla
come fosse
una corsia preferenziale
per giungere là
dove ora siete.
Sapete,
è così difficile
stare qui,
senza di voi.
Qui,
dove non ci sono più
colori
che facciano
gioiose
le mie giornate.
Solo un buio pesto
aleggia
su questa terra
che più non è ,
per me,
luogo sereno.
Una sola cosa
mi dà conforto :
immaginarvi,
al contrario di me,
felici a nuotare
in un mare di colori,
quasi foste dentro
una tela di Van Gogh.
Colori,
solo colori splendenti,
sgargianti,
capaci di dare luce
alla vostra nuova vita
Isabella Scotti 2 novembre 2023
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Dall’ estate all’ autunno…
Sei gocce baciarono le gronde –
e solleticarono i comignoli…
fu una pioggia delicata
che bagnò il bosco,
quella che bastò
dopo qualche giorno
a far nascere
i primi funghi odorosi,
e a far sbocciare
i primi ciclamini
di un tenero
rosa pallido .
Nuovi profumi
inondarono l’ aria
mentre magici pennelli
dipinsero di rosso
e di marrone
le foglie.
Il sole,
che fino ad allora
era stato protagonista assoluto,
padrone del cielo,
si nascose turbato
dietro una nube.
Fu la sua
una scelta improvvisa,
ma tutti erano convinti
che prima o poi
si sarebbe di nuovo fatto ammirare.
E così fu.
Uscì dal suo nascondiglio
ma senza enfasi, triste
perchè sapeva
che quelle sei gocce
si sarebbero moltiplicate
a dismisura.
Oramai l’ autunno
stava vincendo sull’ estate.
Isabella Scotti ottobre 2023
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Incipit in neretto di Emily Dickinson
La nebbia
Se penso alla nebbia
l’ abbino
ad una solitudine
immensa.
Soli sono gli alberi
senza più le loro foglie,
senza più gli uccelli ,
che volano più alti
della nebbia che sale.
Nudi,
non sanno più
a chi offrir riparo.
Soli sono i fili d’ erba
che nessuno calpesta.
Soli siamo noi
che andiamo ,
senza poter capire
dove ci perderemo.
Come sotto un velo
è nascosta la vita.
Nella nebbia
tutto è annullato,
sospeso nel tempo.
Nessuno grido, nessuna voce.
Un silenzio opprimente
che stritola,
un vento leggero che sibila.
Isabella Scotti settembre 2023
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Il tempo dell’inverno
Camminare sul greto
del fiume
e notare come
strani arabeschi
di ghiaccio
si siano formati
sul pelo dell’ acqua.
Quasi un volto
sembra apparire,
quasi una voce
par di sentire :
” Ecco , son del fiume
la regina,
anima pura e cristallina.
Da tempo immemore,
tradita dall’ amore,
qui dormo
senza clamore.
Qui ho scelto di riposare
in eterno ,
e annegare ogni dolore.
Ora giunto è l’ inverno
con la sua aria gelida,
ma io qui non ho freddo .
Non temete.
Ho raggiunto la mia pace,
qui , nell’ acqua,
dove tutto è oblio ”
Si colora d’ emozioni
il tempo dell’ inverno.
Isabella Scotti settembre 2023
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Ofelia – John Everett Millais
L’ erba ha così poche preoccupazioni :
un mondo di semplice verde
con solo farfalle su cui meditare
e api da ospitare –
non ha da fare altro che cullarsi
tutto il giorno ai suoni melodiosi
che le brezze portano leggere – …
Emily Dickinson
... Peccato che agosto sia già finito.
Vorrei sdraiarmi ancora
su quel bel prato verde,
tra quei teneri fili d’erba
piegati da un vento caldo , carezzevole.
Ad occhi chiusi, con le braccia
raccolte sotto la nuca,
liberare i brutti pensieri
e inseguire i sogni
fino all’imbrunire,
quando il sole va a dormire
per far posto alla luna ,
splendente come non mai ,
in un cielo trapuntato di stelle.
Sognare e vivere poi uno di quei sogni .
L’ incanto di una notte d’ estate,
brividi d’ amore lungo la schiena,
baci a non finire
mentre i grilli non smettono di cantare
Isabella Scotti settembre 2023
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Renoir – Ragazza sdraiata sull’ erba
Dolce sera a tutti cari amici con un pò di poesie. Ve ne faccio dono sperando nel vostro gradimento. Vi penso sempre nonostante tutto vada avanti con difficoltà. Peccato io non trovi tempo da dedicarvi. Ma…
Vi voglio bene e vi abbraccio sempre con affetto
La vostra Isabella
( prendendo spunto da alcune scene del film : ” La morte corre sul fiume ”
con Robert Mitchum e Shelley Winters. Un film assolutamente da vedere. Primo e unico film come regista di Charles Laughton )
Lasciato l’ormeggio
la barca scivola piano
sul pelo dell’ acqua.
Avanza silenziosa,
solitaria,
senza nessuno a bordo ,
come un fantasma
nella notte più buia.
Intorno
solo il silenzio.
Va avanti decisa,
mantenendo
un percorso lineare,
senza incontrare ostacoli
nella sua discesa
lungo il fiume.
Nessuno ,
ora,
potrebbe fermarla.
Ma ecco,
improvvisamente,
aumentare
la sua corsa.
L’ acqua,
dapprima calma
s’ increspa,
diventa impetuosa
e la barca
ondeggia
a destra e a sinistra,
perde orientamento,
sembra essere risucchiata
in un vortice.
Poi,
impennandosi,
va a sbattere
sulla sponda del fiume,
rimanendo immobile,
spezzata in due,
vinta dall’ elemento ” acqua ”
forte, potente,
distruttivo.
Isabella Scotti settembre 2023
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Nel mio immaginare i bambini non ci sono. La barca se ne va sola.
Pensavo , quando ho scritto il post precedente , che sarei tornata qui con più frequenza, ma un dolore insopportabile mi ha nuovamente colpita. Ho perso anche mio fratello . Un attacco di cuore e tutto è finito. Ora rimane della sua famiglia solo mia nipote Valeria. Mi sento svuotata anche se ieri abbiamo fatto già il trigesimo. Il tempo inesorabile vola . Resta un vuoto incolmabile per la persona che era, stimato e amato da tutti.
Ecco chi era mio fratello
Ci ha lasciato Tullio Paolo Scotti | AnmviOggi
La Veterinaria italiana è in lutto per la scomparsa del Presidente di En
Vi lascio in omaggio una poesia splendida a lui dedicata, scritta da un mio caro amico, grande poeta , CARLO MOLINARI
Amore senza fine
Signore, dove sei?
Sotto i tuoi piedi
nascono gigli e calle,
nei tuoi occhi
il raggio umile di sole.
Quando vuoi parlare
dalle tue labbra
escono spartiti di luce,
quando ti siedi
per trovare conforto
le nubi ti fanno da prato.
Dalle tue mani nascono
allodole e passeri,
nel tuo cuore infinito
arde una fucina d’amore.
Hai una lacrima
per ogni nostro dolore,
un sorriso per ogni figlio
che sceglie d’amare.
Ti circondi di arcangeli
ma la tua bontà smisurata
alita sulla nostra terra.
Ogni tua santa volontà
ha un senso che non sempre
ci è dato di capire subito.
Hai creato
e continui a creare,
la Bellezza sta
in ogni tuo battito di ciglia.
Il bene che ci vuoi è sconfinato
e ti amareggi se noi
scegliamo di non sceglierti.
Ma perseveri, non cessi mai
di elargire grazie e benedizioni.
Tuo è tutto il creato,
ogni cosa animata e inanimata.
La tua più grande pazzia
è aver plasmato uomini e donne
che continuano a voltarti le schiene.
Il tuo pianto è silente, muto,
sei sempre e ancora crocifisso
dalle nostre indifferenze,
tradimenti e scrollate di spalle.
Ci attendi in ogni momento,
vuoi la pace, il sorriso, la quiete
per ogni tua creatura.
Da te tutto prende vita,
a te tutto ritorna per l’eternità.
Signore, dove sei?
A te sia la lode imperitura,
un ginocchio piegato
per ogni volta che cadiamo,
una fiammella accesa
per ogni volta
che ti abbiamo rinnegato.
Un giorno sapremo
perché ci hai amati così tanto.
In quel giorno di beatitudine
vivremo il paradiso nell’anima.
Attendiamo, Signore,
siamo tutti che attendiamo.
Carlo Molinari, 04/06/2023
Dedicata e in memoria di Tullio Paolo
Guardate com’era bello. E tanto buono e generoso.
Ieri ho voluto salutarlo così
4 giugno – 4 luglio 2023
Già trenta giorni
son passati.
Ora che sei là,
oltre le nubi,
e io qui,
vorrei tanto
venire a cercarti,
scovare
dove ti nascondi
e fare tana,
come quando da bambini
si giocava a nascondino.
Ricordi ?
Allora era però diverso.
Ti trovavo,
e tu uscivi da dietro
l’ albero.
Ora le nubi
non si spostano,
rimangono là,
nel cielo, fisse.
Tu non le scansi,
non fai capolino
per sorridermi.
Chissà quale nuvola
ti nasconde a me.
E allora
se non posso
fare tana,
vienimi in sogno
stanotte.
Raccontami
della tua nuova vita
con Maria e Riccardo,
e papà,
e tutti gli altri.
Fammi sapere
della tua serenità
raggiunta.
Solo questo voglio,
che tu mi dica
che finalmente stai bene,
anche se in fondo
lo so già.
Mi manchi fratellone,
tremendamente,
sconsolatamente.
6 gennaio 2023 Bassano del Grappa . Eravamo felici
Ora di nuovo tutti insieme