Ho pensato di raccontarvi un pò di Leonardo, quando ho saputo della fiction che sarebbe andata in onda sulla Rai. Non ho avuto modo di finire il post prima del suo inizio, come mi sarebbe piaciuto, per colpa di wordpress e dei suoi complicati nuovi sistemi che mi hanno mandato in tilt. Se non avessi avuto l’ aiuto di Jane del blog lanostracommediajalesh2.wordpress , che non smetterò mai di ringraziare per la sua disponibilità, non sarei certo qui. Comunque spero che il post possa interessarvi . Eccolo. Buona lettura.
L ‘ ANATOMIA
Il corpus dei disegni anatomici di Leonardo, composto di circa duecento fogli, è conservato nella Royal Library di Windsor. Sono disegni di grande interesse e fascino realizzati in un mirabile equilibrio tra arte e scienza All’ osservazione del corpo umano Leonardo si votò con una dedizione tanto straordinaria da suscitare l’ ammirazione dei contemporanei come si ricava dalle parole di Antonio De Beatis che nel 1517 visitò insieme al cardinale d’ Aragona lo studio dell’ ormai anziano Leonardo in Francia :
” Questo gentilhomo ha composto di anatomia tanto particularmente con la dimostrazione della pittura ( … ) di modo non è stato mai fatto ancora da altra persona. Il che abbiamo visto oculatamente et già lui ne disse aver fatta notomia di più di trenta corpi tra maschi e femmine di ogni età. ”
Fino all’inverno del 1507-1508, Leonardo non pratica la dissezione in modo sistematico. A questa data gli si offre la possibilità di approfondire le conoscenze anatomiche direttamente sul cadavere di un vecchio all’ ospedale di Santa Maria Nuova in Firenze, come egli stesso ricorda in una famosa nota :
” Questo vecchio, poche ore prima della sua morte, mi disse di passare i cento anni, e che non si sentiva alcun mancamento nella persona altro che la debolezza, e così standosi a sedere su un letto nell’ Ospedale di Santa Maria Nova di Firenze senz’ altro movimento o segno d’ alcuno accidente passò di questa vita ; ed io ne fece l’ anatomia per vedere la causa di sì dolce morte ( … ) la quale anatomia descrissi assai diligentemente e con gran facilità per essere il vecchio privo di grasso e di umore, il che assai impedisce la cognizione delle parti ” .
A questa esperienza, così centrale nella rinnovata indagine anatomica di Leonardo, perchè fondata sull’ osservazione diretta del cadavere invece che su conoscenze mediche acquisite , segue la pratica dei successivi anni lombardi ( 1510 – 1511 ) quando la frequentazione di Marcantonio della Torre, giovane ma già affermato medico – anatomista in Pavia , dovette stabilire un interessante rapporto di scambio tra i due. Infine si ha notizia di studi anatomici condotti a Roma tre il 1514 e il 1515, nell’ Ospedale di Santo Spirito, interrotti per le accuse di negromanzia dovute alla delazione di un suo assistente tedesco. I risultati di questa indagine decennale, se non decisivi ai fini del progresso della scienza medica, furono sicuramente straordinari nel campo dell’ illustrazione anatomica, fino a quel momento ancora rozza e approssimativa. Leonardo si propose di redigere , a similitudine della Cosmografia di TOLOMEO, , un ” atlante anatomico ” composto da diverse tavole che raccogliessero la sua esperienza su vari cadaveri, in modo da fornire uno strumento utile e chiaro, ancor più della pratica anatomica diretta. Come si può ben intendere dalla seguente orgogliosa rivendicazione, straordinario esempio di prosa scientifica ad alto livello, oltre che testimonianza delle difficoltà, spesso repellenti, alle quali Leonardo si sottopose per amore della conoscenza :
” E tu che dici esser meglio veder fare l ‘ anatomia che vedere tali disegni, diresti bene se fosse possibile vedere in una sola figura tutte le cose che nei disegni si mostrano ; ma con tutto il tuo ingegno in questa non vedrai e non avrai notizia se non d’ alquante poche vene ( … ). E un sol corpo non bastava a tanto tempo che bisognava procedere di mano in mano con tanti corpi per avere completa cognizione, la qual cosa feci due volte per vedere le differenze ( … ) E se tu avrai l’ amore a tal cosa, tu sarai forse impedito dallo stomaco , e se questo non ti impedisce tu sarai forse impedito dalla paura di abitare in tempi notturni in compagnia di tali morti squartati e scorticati e spaventevoli a vedersi ; e se questo non t’impedisce forse ti mancherà il buon disegno, che si addice a tale figurazione ; o, se avrai il disegno , non sarà accompagnato dalla prospettiva ; e, se lo sarà, ti mancherà l’ ordine della dimostrazione geometrica, o il calcolo delle forze e della potenza dei muscoli ; o forse ti mancherà la pazienza ; così che tu non sarai diligente. Se tutte queste cose sono state in me o no, i centoventi libri ( capitoli ) da me composti ne daranno sentenza, nei quali non sono stato impedito nè da avarizia o negligenza ma solo dal tempo. Vale .”
Spaccato di una testa umana ( 1493 – 1494 circa ) Windsor, Royal Library ( RL12603r ; K/P32r )
I primi veri studi anatomici di Leonardo risalgono agli anni 1487 – 1493, quando si trovava a Milano. Si tratta di esplorazioni del cranio ( reso nei disegni con straordinaria accuratezza, anche prospettica ) attraverso le quali Leonardo si proponeva di scoprire il luogo d’ incontro di tutti i sensi, o ” senso comune ” ritenuto tra l’ altro sede dell’ anima.
Egli considera la testa, soprattutto il suo contenuto come ” la scatola delle magnificenze ” che definisce “il conservamento nascosto delli sensi umani che s’incontrano collo spirito in questa scatola del mistero”, ed è proprio da qui che tutto ha origine.
Secondo Leonardo il cranio è la casa degli occhi per osservare, delle orecchie per l’ascolto, del naso per assorbire i profumi, della bocca per godere del cibo e per “dir di parola”.
Vedute laterali del cranio ( 1489 circa ) Windsor – Royal Library ( RL19057r ; K/P 43r )
L’ attività di pittore e l’ indagine della natura, fondate sull ‘ osservazione dei fenomeni, dovettero far scattare in lui l’ interesse per il funzionamento dell ‘ occhio quale strumento della vista. Già agli inizi degli anni novanta, Leonardo disegna, seguendo le indicazioni degli autori antichi, i bulbi oculari dai quali i nervi ottici si dipartono per arrivare al cervello. E ancora si dedica, ma con maggiore indipendenza, allo studio della connessione occhio – cervello agli inizi del XVI secolo , disegnando per primo il chiasma, o punto d’ incontro dei nervi ottici.
L’ indagine sui ventricoli del cervello ( non umano ma bovino ), venne in seguito ulteriormente perfezionata da Leonardo attraverso la messa a punto di un’ ingegnosa tecnica scultorea consistente nell’ iniezione di cera fusa che una volta rappresa e liberata dal suo contenitore sarebbe stata in grado di rivelare la forma di quella parte anatomica.
FONTE : LEONARDO Arte e scienza – Giunti
Per non dimenticare comunque quanto la sua pittura sia stata straordinaria anche al di là de
” La Gioconda ” che rimane il suo indiscusso capolavoro, vi lascio qui due suoi dipinti che adoro,
accompagnati da due mie poesie . Spero nel vostro gradimento. Scusate la mia poca presenza ma
è un periodo pieno di impegni purtroppo che mi limita nel tempo a mia disposizione per fare
quello che ahimè mi piacerebbe fare. Vi abbraccio con un abbraccio circolare per non dimenticare
nessuno. Vi penso sempre.
La vostra Isabella

Madonna Benois
Com’ è dolce
e tenero
qui ,
il rapporto
tra
Madre e Figlio.
Come intenso
è lo sguardo
della giovane
Vergine.
C’ è
nell’ insieme
una certa dinamicità,
in quella mano
della Madre
che porge
un piccolo fiore
per trastullo
al Figlio.
Una gioia
traspare
da quel volto
sorridente,
nel vedere
quelle manine
pronte
a far proprie
quelle timide
corolle.
Un dipinto
di sentimento,
d’ infinita dolcezza
interiore.
Isabella Scotti aprile 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633

Leonardo – Ritratto di Ginevra de’ Benci
Ginevra
ti chiamavi,
donna colta
eri.
Qui ,
malinconicamente ,
il tuo sguardo
rivela
come ,
sposata ,
tu non fossi
felice.
Senza gioielli
che ornino
il tuo collo.
Bianco
come porcellana
finissima
il tuo volto.
E i capelli,
quei riccioli
d’ oro
che lo incorniciano,
bastano
a renderti
splendida.
Così lontana,
persa
nei tuoi pensieri,
ti lasci
accogliere
dalle fronde
del ginepro,
quasi
immaginando
una carezza
di vero amore ,
quello
che ti fu
negato ,
quando
fosti data
in sposa
a chi
non amavi.
Isabella Scotti aprile 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
zastavki.com
Ascolta
caro,
quello
che ho
da dire.
Vorrei
che il nostro
amore
lo raccontasse
il vento,
che ogni foglia
da lui
trasportata ,
parlasse
di noi
a chiunque.
Perchè
un amore
così grande
non può
essere taciuto.
Tu,
che mi ami
follemente,
totalmente
tanto
da far sì
ch’ io diventi
immagine
di ciò
che è impossibile
dimenticare.
Simbolo
di amore
eterno,
emblema
di qualcosa
che travalica
il tempo.
Io,
che
con ardore
ti amo,
perchè
il fuoco
della passione
brucia in me,
so che ormai
senza
di te
non potrei
vivere.
Amiamoci
allora
senza smettere
mai.
Copriamoci
di baci,
che i nostri
corpi nudi,
avvinghiati ,
raccontino
di un’ intimità
raggiunta
che lega
le nostre anime.
Lasciamo
che il vento
parli di noi,
ovunque
e per sempre.
Isabella Scotti gennaio 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Incipit in neretto dalla poesia di Rabindranath Tagore ” Amore senza fine ”
Buona giornata cari amici. Oggi vi regalo questa poesia. Poi ne arriveranno delle altre, anche non mie.
Per ora accontentatevi di questa
La vostra Isabella
Befana,
befanella
sei
per caso
ancora
zitella?
O
il vecchio 2020 ,
per noi
catastrofico ,
ha portato
invece
a te
momenti
commoventi?
Amore
o tormenti ?
Forse,
vista
l’ età
non ti sei
posta
il problema.
Forse preferisci
star sola,
ascoltar
l’ allodola
e cucinarti
una bella braciola.
Tanto fuori
nevica,
girar poco
ti conviene.
Giusto
il tempo
per lasciare
ai bimbi buoni ,
tanti colorati
bellissimi doni
Isabella Scotti gennaio 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Amici carissimi passate domani una bella Epifania . Ricordate di aggiungere i Re Magi al vostro
presepe. I miei sono in viaggio da qualche giorno ormai. Arriveranno stanotte a mezzanotte.
In questo presepe i Re Magi sono già arrivati…per forza si tratta di un presepe
dell’ Epifania 2019
L’ albero speciale che dedico a tutti gli amici
Il mio centrotavola fatto da me.
artgeist.it
Brilla la luna tra il vento d’ autunno,
nel cielo risplendendo come pena lungamente sofferta.
Ma non sarà il poeta a rivelare
le ragioni segrete, il segno indecifrabile
di un cielo liquido di ardente fuoco
che annegherebbe le anime,
se sapessero il loro destino sulla terra.
La luna quasi mano
divide ingiustamente, come bellezza usa,
i suoi doni sul mondo.
Guardo pallidi volti.
Guardo fattezze amate.
Non sarò io a baciare il dolore che nei volti si mostra.
Solo la luna può chiudere, baciando,
quelle palpebre dolci che la vita ha stancate.
Quelle labbra lucenti, labbra di luna pallida,
labbra sorelle per i tristi uomini,
sono un segno d’ amore nella vita deserta,
sono il concavo spazio dove l’ uomo respira
e vola sulla terra ciecamente girando.
Il segno dell’ amore nei volti amati a volte
è solo la bianchezza brillante,
la dischiusa bianchezza di quei denti che ridono.
Allora si che in alto la luna si fa pallida,
si estinguono le stelle
e c’è un’ eco remota, uno splendore ad oriente,
vago suono di soli che anelano ad irrompere.
Quale gioia, che giubilo quando il riso rifulge !
Quando un corpo adorato,
eretto nel suo nudo, brilla come la pietra,
come la dura pietra infiammata dai baci.
Guarda la bocca. In alto diurno un lampeggiare
attraversa un bel volto, un cielo dove gli occhi
non sono ombra, ciglia, inganni rumorosi,
ma la brezza di un’ aria che percorre il mio corpo
come un’ eco di giunchi che cantano levati
contro le acque vive, fatte azzurre dai baci.
Il puro cuore amato, la verità, la vita,
la certezza di un amore irraggiante,
la sua luce sui fiumi, il suo nudo stillante,
tutto vive, resiste , sopravvive ed ascende
come brace lucente di desiderio ai cieli.
Ormai è soltanto il nudo. Solo il riso nei denti.
La luce, la sua gemma folgorante : le labbra.
E’ l’ acqua che piedi adorati bacia,
come occulto mistero bacia la notte vinta.
Ah meraviglia lucida di stringer nelle braccia
un odoroso nudo, circondato da boschi !
Ah mondo solitario che sotto i piedi gira,
ciecamente cercando la sua sorte di baci !
Io so chi ama e vive, chi muore e gira e vola.
So che lune si estinguono, nascono, vivon, piangono.
So che due corpi amano, due anime si fondono.
trad. di M. Vazquez Lopez
Vicente Aleixandre
poeta spagnolo (Siviglia 1898-Madrid 1984). Come gli altri scrittori appartenenti alla “Generazione del ’27”, fu sensibile alle correnti estetiche di avanguardia e per molti aspetti la sua poesia può definirsi surrealista, sebbene l’entroterra culturale su cui si modella a sua esperienza sia la grande tradizione poetica di lingua spagnola, e in particolare Góngora e Rubén Darío. Nella sua ricerca Aleixandre tenta di trascendere il piano della coscienza per far emergere le possibilità espressive dell’inconscio, che si configura in una visione del mondo quasi panteistica, in cui la metafora accosta, attraverso immagini e contrasti, aspetti diversi della natura e dell’uomo: spesso le sue metafore alternano visioni fortemente pessimistiche ad analisi più tendenti alla fiducia nel progresso. Uno dei temi ricorrenti della sua poesia è il rifiuto ostile della città e la ricerca di un paradiso che è proiezione dell’infanzia. Fra le sue opere principali sono da ricordare: Ámbito (1928), Espadas como labios (1932; Spade come labbra), Pasión de la tierra (1935; Passione della terra), La destrucción o el amor (1935; La distruzione e l’amore), Sombra del Paraíso (1944; Ombra del Paradiso), Nacimiento último (1953), Historia del corazón (1954; Storia del cuore), En un vasto dominio (1962; In un vasto dominio), Poemas de la consumación (1968; Poemi della consunzione), Sonido de la guerra (1972), Poesía superrealista (1971), Diálogos del conocimiento (1974 e 1976; Dialoghi del conoscere), opera nella quale la poesia approda nell’ambito della riflessione filosofica intorno al tema della morte. Nel 1977 è stato insignito del premio Nobel per la letteratura. Pubblicazioni postume: Epistolario (1986), a cura di J. L. Cano e Nuevos poemas varios (1987; Nuove poesie).
da Sapere.it
Phis.org
Ulivo,
che sembri
piangere
per lo scempio
che di te
fa
l’ odiosa xylella,
non abbatterti,
non lasciare
che ti uccida
ogni giorno
di più.
Ribellati,
ulivo
vecchio di secoli.
Alza i tuoi rami
non lasciare
che diventino secchi,
non soccombere.
Regalaci
ancora
i tuoi frutti,
regalaci ombra,
come sempre
hai fatto.
Il tuo legno,
durissimo,
non può cedere,
non può diventare
cartapesta.
Voglio ancora
in terra
di Puglia,
in campagna,
ovunque tu sia,
vederti rigoglioso,
solare.
Vinci la tua battaglia,
lotta contro
la xylella fastidiosa.
Raddrizza
la tua chioma
fluente,
torna ad essere
la pianta che eri,
che sei sempre stata.
Torna a produrre
quell’ olio ambrato,
di cui tutti
andiamo fieri,
resta con noi,
non scomparire.
Come potremmo
vivere la Pasqua
senza il dono
di un tuo ramo,
simbolo della gioia,
d’ infinito amore ?
Isabella Scotti ottobre 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Vederli così malati da vicino, vi assicuro è una tristezza.
Ora per voi la voce del grande Pablo Neruda
Ode all’ulivo
Accanto al frusciare
del cereale, tra le onde
del vento sull’avena,
l’ulivo
dal volume argentato,
stirpe austera,
nel suo ritorto
cuore terrestre:
le gracili
ulive
lucidate
dalle dita
che fecero
la colomba
e la chiocciola
marina:
verdi,
innumerevoli,
purissimi
picciuoli
della natura,
e lì
negli
assolati
uliveti,
dove
soltanto
cielo azzurro con cicale
e terra dura
esistono,
lì
il prodigio,
la capsula
perfetta
dell’uliva
che riempie
il fogliame con le sue costellazioni:
più tardi
i recipienti,
il miracolo,
l’olio.
Io amo
le patrie dell’olio,
gli uliveti
di Chacabuco in Cile,
al mattino
le piume di platino
forestali
contro la rugosa
cordigliera,
ad Anacapri, là su,
nella luce tirrena,
la disperazione degli ulivi,
e nella carta d’Europa,
la Spagna,
cesta nera di olive
spolverata di fiori d’arancio
come da una ventata marina.
Olio,
recondita e suprema
condizione della pentola,
piedistallo di pernici,
chiave celeste della maionese,
delicato e saporito
sulle lattughe
e soprannaturale nell’inferno
degli arcivescovili pesciprete.
Olio,
nella nostra voce, nel
nostro coro,
con
intima
mitezza possente
tu canti:
sei lingua
castigliana:
ci sono sillabe di olio,
ci sono parole
utili e profumate
come la tua fragrante materia.
Non soltanto il vino canta,
anche l’olio canta,
vive in noi con la sua luce matura
e tra i beni della terra
io seleziono,
olio,
la tua inesauribile pace,
la tua essenza verde,
il tuo ricolmo tesoro che discende
dalle sorgenti dell’ulivo.
Pablo Neruda
E il nostro Giovanni Pascoli
La canzone dell’ulivo
A’ piedi del vecchio maniero
che ingombrano l’edera e il rovo;
dove abita un bruno sparviero,
non altro, di vivo;
che strilla e si leva, ed a spire
poi torna, turbato nel covo,
chi sa? dall’andare e venire
d’un vecchio balivo:
a’ piedi dell’odio che, alfine,
solo è con le proprie rovine,
piantiamo l’ulivo!
II
l’ulivo che a gli uomini appresti
la bacca ch’è cibo e ch’è luce,
gremita, che alcuna ne resti
pel tordo sassello;
l’ulivo che ombreggi d’un glauco
pallore la rupe già truce,
dov’erri la pecora, e rauco
la chiami l’agnello;
l’ulivo che dia le vermene
pel figlio dell’uomo, che viene
sul mite asinello.
III
Portate il piccone; rimanga
l’aratro nell’ozio dell’aie.
Respinge il marrello e la vanga
lo sterile clivo.
Il clivo che ripido sale,
biancheggia di sassi e di ghiaie;
lo assordano l’ebbre cicale
col grido solivo.
Qui radichi e cresca! Non vuole,
per crescere, ch’aria, che sole,
che tempo, l’ulivo!
IV
Nei massi le barbe, e nel cielo
le piccole foglie d’argento!
Serbate a più gracile stelo
più soffici zolle!
Tra i massi s’avvinchia, e non cede,
se i massi non cedono, al vento.
Lì, soffre, ma cresce, né chiede
più ciò che non volle.
L’ulivo che soffre ma bea,
che ciò ch’è più duro, ciò crea
che scorre più molle.
V
Per sé, c’è chi semina i biondi
solleciti grani cui copra
la neve del verno e cui mondi
lo zefiro estivo.
Per sé, c’è chi pianta l’alloro
che presto l’ombreggi e che sopra
lui regni, al sussurro canoro
del labile rivo.
Non male. Noi mèsse pei figli,
noi, ombra pei figli de’ figli,
piantiamo l’ulivo!
VI
Voi, alberi sùbiti, date
pur ombra a chi pianta ed innesta;
voi, frutto; e le brevi fiammate
col rombo seguace!
Tu, placido e pallido ulivo,
non dare a noi nulla; ma resta!
ma cresci, sicuro e tardivo,
nel tempo che tace!
ma nutri il lumino soletto
che, dopo, ci brilli sul letto
dell’ultima pace!
L’olivo nella storia
L’intensificarsi dei traffici marittimi lungo le coste del Meridione d’Italia ad opera di fenici, greci e romani fu alla base dello sviluppo dell’olivicoltura in Puglia, la cui millenaria civiltà ha profonde radici nella presenza dell’olivo, un albero dotato di grande sobrietà e resistenza, che si adatta anche a terreni magri e superficiali.
La spremitura delle olive per ottenere olio era pratica conosciuta molti secoli prima della venuta di Cristo: le testimonianze di macine primitive sono conservate nei musei dell’isola di Creta, ad Haifa in Israele ed in Egitto. Sono innumerevoli le raffigurazioni plastiche e pittoriche che pongono al centro l’albero di olivo e le pratiche connesse con l’estrazione dell’olio e con la sua utilizzazione come medicina, come alimento, come cosmetico, come fornitore di energia e luce.
Nel museo nazionale di Taranto sono conservate tre anfore antiche ed un sarcofago di un atleta che aveva partecipato alle Panatanee di Atene ed era stato premiato con vasi riccamente ornati contenenti olio di oliva, ricavato dagli olivi piantati da Solone. Questi legiferò nel Seicento a.C. che per tutta l’Attica fosse vietato l’abbattimento degli alberi di olivo; solo in caso di estrema necessità sarebbe stato consentito l’abbattimento di non più di due piante. Ancora oggi è in vigore nel nostro paese una legge emanata nell’immediato dopoguerra per salvaguardare il patrimonio olivicolo da indiscriminati abbattimenti per farne legna da ardere.
Con l’affermarsi dell’Impero Romano, l’olio d’oliva assunse una funzione strategica nel campo del commercio e delle attività di scambio tra i diversi popoli e si intensificarono anche gli studi sulla buona coltivazione dell’olivo. Illustri uomini di cultura, quali Plinio il Vecchio, Catone, Columella, offrirono un notevole contributo di conoscenze sulla coltivazione degli olivi. Secondo Varrone, le olive debbono essere brucate (raccolte a mano) utilizzando, se è necessario, le scale; Plinio rileva i danni che si procurano alle piante dalla bacchiatura ed ordina ai raccoglitori di non scorticare l’albero. Columella descrive i diversi sistemi di estrazione dell’olio dalla drupe.
La presenza dell’olivo nel corso dell’alto Medioevo era piuttosto scarsa. Olivi isolati tra i coltivi o tra le distese pascolative interessavano soprattutto aree a diretta gestione signorile. L’olio comunque non era merce ricca e il suo commercio era condizionato anche dagli ingombranti recipienti con i quali veniva trasportato.
Con la bizantinizzazione dell’Italia meridionale si determinò un nuovo quadro colturale, ma nel frattempo vennero ripristinate anche le colture tradizionali, come l’olivo e la vite.
Ai secoli bui della caduta dell’Impero Romano seguì un periodo di rinnovamento anche per l’olivicoltura, nell’epoca dei Comuni e dei Monasteri. Il commercio dell’olio riprende ad opera dei navigatori veneziani. I porti di Brindisi, Gallipoli, Otranto e Taranto divennero meta di navi che trasportavano enormi quantità di olio; vi si installano fondachi oltre che veneziani, anche toscani, genovesi, russi, inglesi e tedeschi. Il commercio dell’olio d’oliva assunse una tale importanza che nel 1559, il viceré spagnolo Parafran De Rivera dispose la costruzione di una strada che collegasse Napoli alla Puglia, con biforcazioni per la Calabria e l’Abruzzo per consentire un trasporto più rapido dell’olio di oliva.
I primi decenni del XVII secolo segnano, anche in Terra d’Otranto, il momento culminante di quella fase di prosperità che aveva caratterizzato tutto il Cinquecento, ma registrano anche l’inizio di una lunga crisi, che diventerà poi irreversibile per tutto il Mezzogiorno. Il deterioramento delle condizioni climatiche e il lungo ciclo di basse temperature che investirono l’Europa dopo il 1600 furono le cause che determinarono la crisi dei raccolti e le eccezionali carestie. Per fortuna la crisi registrata nella metà del XVII secolo non fu di lunga durata e già verso gli anni Ottanta del Seicento si poteva registrare una forte ripresa dell’economia agricola, con l’oliveto che ancora una volta s’imponeva nel quadro generale del paesaggio agrario. Da allora la coltura dell’ulivo ha conosciuto solo periodi di espansione e le tecniche di coltivazione sono state caratterizzate da un costante progresso. Sono state le abili mani di generazioni di “potatori” e “innestatori” pugliesi a modellare la iniziale forma selvatica dell’olivo, per trasformare le zone boscose in coltivazioni ben curate e regolari, allo scopo di esaltare la funzione produttiva delle piante e nello stesso tempo contenere gli elevati costi di coltivazione e raccolta. Un lavoro duro di secoli, che s’è andato ad incorporare in un grande patrimonio naturale di incomparabile bellezza, caratteristico di ogni angolo di questa terra, tanto da suscitare sorpresa e ammirazione nel visitatore. La Puglia perderebbe ogni identità se venisse a mancare l’olivo dal suo splendido panorama.
https://www.olioterranostra.it/InfoOlio/OlivoNellaStoria.asp
E ora poteva forse mancare il grande Van Gogh e il suo famoso dipinto sugli ulivi ?
Gli ulivi ( Oliveto ) Van Gogh Giugno 1889
E ancora nel cinema : dalla serie televisiva Maria di Nazaret
Gesù, interpretato da Andreas Pietschmann , prega sul Monte degli ulivi
Buonanotte cari amici
pinterest.com
Il dolore è sordo, il dolore è muto.
Il dolore è sordomuto.
Sordo perché ascolta solo se stesso,
muto perché non ci sono parole
che possano parlarne.
(A. G. Pinketts)
Sordo e muto
è il dolore interiore.
Morde,
attanaglia,
come lama tagliente
infierisce,
sordo
alle urla
strazianti
del cuore,
muto
nel suo arrivare,
senza preavviso.
Come verga
che sferza,
come un pugno
violento,
sferrato
alla bocca dello stomaco,
il dolore sale,
prende alla gola,
soffoca,
pietrifica.
Poi passa,
perché
ha trovato
nel cuore
un nascondiglio.
E lì rimane,
cheto
per un po’.
Poi ecco,
che improvviso,
si fa
nuovamente
sentire.
Di colpo
nuovamente
spezza.
Isabella Scotti
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Tutto è compiuto. Ricky ci ha lasciato. L’ 11 agosto, onomastico di Chiara, sua cugina, mia figlia.
Il 14 ci sono stati i suoi funerali, il 16 il mio compleanno. Il 30 avrebbe compiuto 35 anni.
Non voglio dire troppe parole, ma alcune debbono essere dette.
I suoi funerali sono stati e rimarranno una delle più belle pagine di Frascati.
Perché mio nipote era un rugbista. E il rugby a Frascati ha una lunga storia, della quale mio nipote
per dieci anni ha fatto parte. Oggi il suo percorso nel rugby è finito.
Ma mai verrà dimenticato. Al Frascati Rugby Club, società di cui era socio fondatore, atleta, tecnico
e direttore sportivo, rimarrà il ricordo di un ragazzo unico, speciale, dalla grande umanità, leale,
amico sincero di tutti. Grande sportivo in campo, e poi grande allenatore ed educatore di piccoli
rugbysti in erba. Il suo sorriso contagioso metteva allegria.
Ho amato molto mio nipote e lo amo tuttora. I suoi funerali, fatti sul suo campo di rugby, dove
tante volte aveva giocato, hanno visto la partecipazione di migliaia di persone, venute da tutta Italia,
sportivi e non che hanno avuto modo di apprezzarne le doti umane e sportive. In città come nell’
intero panorama rugbystico regionale, c’è stato lo stesso, intenso sentimento di cordoglio e mestizia per
la sua perdita. Di tutto quello che è stato capace di seminare, dell’ amore che è cresciuto intorno a
lui, della sua grandissima simpatia, io vado fiera. Sono orgogliosa di averlo avuto per nipote. Così
come sono fiera di mio fratello, della sua compostezza elegante, dimostrata nel momento più terribile
della sua vita : quello della perdita di un figlio .
Così mi disse un pomeriggio al telefono, mentre era in ospedale con Riccardo. Lo avevo appena
cercato di consolare
Grazie Isabella, ma il motto degli Scotti è ” la forza è nella potenza. Bisogna essere capaci di andare avanti senza disperarsi affrontando ogni ostacolo ”
Questo è mio fratello. Questa la mia famiglia di cui sono fiera.
Il dopo che verrà lo affronteremo come potremo ma uniti nell’ amore.
Grazie a tutti voi che mi siete stati vicini col pensiero e le preghiere. Vi voglio bene
La vostra Isabella
Il suo sorriso
La sua maglia
Amore di zia
Dietro al nostro cucciolo biondino Valeria la sorella, e a lato Chiara e Andrea, i miei figli
Cari amici oggi vi voglio fare un regalo. Si tratta di un video che a sua volta è stato un regalo fatto a me, dalla cara amica Marzia che molti di voi conoscono, e il cui sito è questo : marzia.wordpress.com
Un video costruito su di un mio piccolo racconto che spero gradirete leggere e ” guardare ”. Ringrazio con tutto il cuore Marzia per questo cadeau bellissimo. Le mando un grande abbraccio ed un sorriso.
Auguro a tutti voi di passare una splendida giornata. A presto
Ci fu un tempo in cui la notte pensò a quanto sarebbe stata diversa con la luna accanto. Non avrebbe fatto più paura, il buio sarebbe stato illuminato dal suo lieve pallore , sia piena che mezza non avrebbe fatto differenza. Anzi il suo brillare nel cielo infinito tutte le sere, avrebbe resa la notte romantica, giusta per tutti gli innamorati. La notte, piena d’amore , decise così di farsi avanti e dichiararsi. La luna l’ ascoltò a lungo parlare, e fu talmente presa da quel buio, che subito decise per un sì. S’ incontrarono tutte le sere la notte e la luna. E quando decisero che avrebbero dovuto unirsi per sempre, la luna scelse il suo abito da sposa, splendente di stelle . Fu un matrimonio perfetto. Da allora, si perpetua un incontro d’amore che sa di mistero. Ogni volta che la notte avvolge in un tenero abbraccio la luna, lei felice e radiosa, brilla nel cielo infinito, irradiando di bianca luce la terra, e facendo compagnia a tutti gli amanti, regala loro atmosfere di dolce languore.
Isabella Scotti agosto 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Cari amici vi regalo nell’ attesa di volare in Veneto, qualche poesia. Baci a tutti e buona primavera.
Ops , mi sono confusa, è ancora inverno.
TRA I FIORI DI MAGGIO
lemiepiante.it
Nei giardini
di maggio
mi perdo
tra fiori,
che si svegliano
piano
al sorriso
del sole,
lasciandomi
dal loro profumo
inebriare.
E’
nei giardini
di maggio,
che vedo
fiorire
le rose.
Ma come mi son cari
i fiori di ginestra
che s’ aprono lucenti
come vena d’oro,
quasi gemme di luce.
Amo
sostare pensierosa
nei giardini
di maggio,
perdermi
per poi ritrovarmi.
Isabella Scotti maggio 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
NON MI PIACE LEGGERE LETTERE
“Quasi non oso leggere le lettere,
posso leggerle soltanto a intervalli,
non resisto al dolore della lettura”
Franz Kafka
Sì,
in effetti
esse
sono qualcosa
di molto strano.
Si scrivono
parole
senza poter
guardarsi
in volto.
Siamo lontani,
io che scrivo,
tu che ricevi
ciò che ti invio.
Parole che
scritte
possono
anche perdersi ,
non solo
per quanta strada
a volte
si trovano a fare,
per giungere a destinazione.
Ma anche
perdere di significato,
al contrario
di quelle dette,
che si possono spiegare,
a lungo discutere .
Ecco perchè
“quasi non oso leggere le lettere,
posso leggerle soltanto a intervalli,
non resisto al dolore della lettura”.
Ecco perchè
preferisco aspettare,
piuttosto che una lettera
con parole
che mi metterebbero
in ansia,
ne sono sicura,
semplicemente
il tuo ritorno.
E sperare che
tu mi stia pensando
con la stessa intensità
con la quale
io ti penso.
Non voglio leggere
su di un foglio
” ti amo ”
te lo voglio sentir dire.
Solo questo conta
per me.
Ti aspetto.
Tutto qui.
Isabella Scotti maggio 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Ispirata dall’incipit in neretto di Kafka
RICORDI D’ ESTATE
Ricordi
quando con la bici
si andava
spensierati
su strade sterrate,
facendo a gara
per arrivare primi
al fienile?
Erano i tempi
in cui noi,
tanti cugini,
ci si rincontrava
d’estate.
Eravamo sempre
felici quei giorni,
ci sentivamo
liberi.
Il fienile
era la nostra
tappa finale,
e il nostro rifugio
dove attendere
la fine della pioggia.
Ancora è lì sai ?
L’ ho rivisto da poco
e mi ha fatto
commuovere.
Sì, ho versato
una lacrimuccia,
quando guardandolo
ho rivisto noi
tutti insieme.
Come fugge via
il tempo,
portandosi via
anche chi
sarebbe bello,
fosse ancora qui.
Isabella Scotti maggio 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Grazie Simona
INUTILMENTE
buttati come l’edera a nascondere un pozzo,
quando tutti sapevamo di che pozzo si trattava?”
Cesare Pavese
Parole,
troppe,
inconcludenti.
Buttate lì,
come l’edera
a coprire un pozzo.
Che delusione
questo vuoto
tra noi.
Eppure,
pur sapendo,
abbiamo cercato
parole
che riempissero
quel vuoto.
Dialoghi ripetuti,
fino alla nausea
cercando un contatto.
Che sciocchezza
crederci .
Quanta ambiguità
nel nostro
nonrapporto .
Isabella Scotti maggio 2019
testo . Copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Ispirata ai versi di Pavese
TRISTEMENTE
scatto di Andrea
Tristemente
lascia piano
che cadano
i suoi petali.
Si è accorto
con rammarico ,
che ancora
non soffia ,
col suo tiepido alito,
Primavera .
Isabella Scotti maggio 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
NESSUN ALTRO
” La malinconia
culla con dolci canti
il mio cuore in oblìo ”
Paul Verlaine
panoramio.com
Il mio cuore è in oblio.
Ti ha dimenticato.
Ha dimenticato
molte cose
del nostro amore.
Più non vuole
ricordare.
E’ rimasta
solo
una dolce
malinconia
ad allietare
le mie sere.
E’ quasi un canto,
una melodia
sussurrata
dalla quale
mi faccio cullare,
quando fuori
le fronde
son sferzate
dal vento,
quando le gocce
di pioggia
battono i vetri.
Quando il freddo
mi fa tremare.
Solo lei
è rimasta
a farmi compagnia.
Nessun altro.
Isabella Scotti maggio 2019
testo : copyright legge 22 ottobre 1941 n° 633
Ispirata dai versi di Paul Verlaine
Carissimi, finite , sono le vacanze. Visto che ho un mare di cose da fare, per non farvi rimanere troppo in attesa del mio resoconto a riguardo, che arriverà appena potrò scrivere, voglio lasciarvi lo stesso qualcosa. Poesie come sempre , tanto per ricordarvi di me. Vi lascio anche però un grande abbraccio e se riuscirò a trovare un po’ di tempo, risponderò a chi ha lasciato traccia del suo passaggio qui. Auguro a tutti una buona lettura per chi vorrà leggere e commentare. Grazie. La vostra Isabella
ORRORE E MORTE
Fumo acre.
Puzzo di morte.
Sangue,
ancora innocente
bagna,
allargandosi
a dismisura,
il suolo benedetto.
Qualcuno
miracolosamente salvo,
seppur ferito,
cerca,
sconvolto,
tra i corpi
dilaniati
i propri
figli,
altri
le mogli,
i mariti,
i fratelli,
gli amici,
e non sa darsi pace.
C’è
in tutto questo
orrore
un ripetere
ossessioni,
una follia di base
incomprensibile.
Sogni infranti,
preghiere
messe a tacere
per sempre.
Resta
il pianto irrefrenabile
assieme
ad una sola domanda :
perché ?
Isabella Scotti aprile 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Dedicato alle povere vittime cristiane fatte saltare in aria nello Sri Lanka
AD UN TRATTO
hdwallpaper.nu
Mi farò analizzare
per capire
il perchè
di questo amore.
E’ arrivato
e non lo aspettavo.
Come uno tzunami
ha coperto
ogni lembo
del mio cuore.
E ora per me
è una tempesta
anche la tua dolcezza .
Che strano
questo sentimento…
è arrivato
ed io,
che non volevo vivere
storia alcuna,
mi sono vista
all’improvviso
cedere
alle sue voglie.
Oh amore,
grande,
dolce,
irripetibile.
Isabella Scotti aprile 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Incipit in neretto – Eugenio Montale – Ossi di seppia
Non sono geloso, sono solo”
Henry Miller a Anais Nin
Dove sei ?
Dove sei finita?
Mi manchi
da morire.
Tu sai
che senza te
potrei morire.
E’ assurdo
ma è così.
Ho sperimentato
con te
l’ inesprimibile.
E la tua mancanza
è ora per me
dannazione.
Mai vorrei
pensarti
con un altro.
Ma bada,
non sono geloso,
sono solo,
disperatamente
solo.
Isabella Scotti aprile 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Immaginando Miller solo con i suoi pensieri , rivolti ad Anais
Un giorno,
quando avrò
valicato
quella sponda,
avrò modo
di sostare un po’,
finalmente ,
lassù,
su quelle vette,
dove le mie gambe,
in vita,
non sanno
arrivare.
So che
sarà bellissimo,
io
confusa
con l’infinito.
Isabella Scotti marzo 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Grazie a Simona Scola