C’è una città, nel Friuli Venezia Giulia ,in cui è nato, tanto tempo fa, un amore particolare, ( che nutro anch’io) , per quel genere teatrale e musicale che è l ‘operetta. E’ un genere di spettacolo che si sviluppa inizialmente in Francia con il musicista Offenbach per poi dilagare in Austria con gli Strauss senior e junior arrivando ai primi del novecento con Franz Lèhar. Sono gli anni che vanno dal 1850 (anche se ”Il paese dei campanelli ” risale al 1823) fino circa al 1930 più o meno quando comincia un pò a scemare l’interesse verso questa forma artistica. E’ un genere che alterna parti cantate ad altre parlate, mescolando così prosa (parte teatrale) alla musica, aprendo in tal modo la strada al moderno musical. Ma perchè Trieste ha visto nascere questo suo amore per l’operetta? Parliamo un attimo allora di questa città. Non so quanti di voi la conoscano.anch’io non ci sono stata ancora, però una cosa la vedo nitida davanti a me. Ed è quella sua grande piazza, aperta sul mare d’Europa,su cui si affacciano grandi palazzi che le fanno da cornice: ”Piazza Unità D’italia”. Questa è oggi il suo fulcro, il suo ”salotto”, dove incontrarsi, scambiare opinioni, al quale è legato ogni triestino. E proprio qui, fin da prima del 1850, cominciò da parte dei triestini l’assidua frequentazione di quei teatri come la ”Fenice” o il ”Rossetti” o ancora il ”Filodrammatico” in cui si rappresentavano appunto le famose operette. In più c’erano anche i caffè teatro, all’aperto, dove comodamente seduti, sorseggiando qualcosa, si poteva assistere a qualche spettacolo. Così si respirava cultura e molti artisti andavano e venivano, come proprio gli Strauss e in un secondo tempo Lèhar, che amò molto Trieste da impararne anche il dialetto. A fine ottocento vi dirigerà anche una banda militare austriaca, mentre vi farà rappresentare per la prima volta nel 1907 la sua ”Vedova Allegra” che non fu accolta in realtà molto bene dai montenegrini. Un’operetta molto gradevole il cui valzer famoso con l’aria celebre : ”Ta-ce il lab-bro ma- il mio cuo-re di–ce che…” mi ronza sempre in testa, e che vidi al teatro Brancaccio a Roma nel 2002 con Cecilia Gasdia Alessandro Safina e Leo Gullotta, bellissima. Ma fu Sandro Massimini, regista negli anni 60 di sfilate di moda, coreografo ed attore (aveva lavorato anche con Pupella Maggio) , che diede un secondo periodo di splendore all’operetta facendola conoscere ed apprezzare in Italia anche ai giovani. Partendo proprio da Trieste, dove rimase per quindici anni, questo sfortunato ma grande personaggio, morto a soli 54 anni per tumore, rispolverò questo genere dandogli un’impronta nuova, rendendolo più veloce e dinamico aprendo le porte come già detto, al musical di oggi. Lavori come ”Il paese dei campanelli” con la famosa ”Balla- la giava- boccuccia- di baci…”, ”Cin Ci La”, ” Al cavallino bianco” con Ernesto Calindri sono tutti titoli storici. La bellezza di ogni rappresentazione al di là delle trame, alquanto semplici e divertenti, era data , sia da coreografie sempre accurate che dai costumi colorati, a volte sfarzosi come nella ”Vedova allegra” (vedi proprio la ricca vedova e l’ambiente dove si svolge la storia”) o più semplici come nel ”Paese dei campanelli”. Anche la RAI contribuì a far conoscere al grande pubblico queste operette e registi come Gino Landi ci regalarono momenti di divertimento come l’adattamento de”Il cavallino bianco” del 1977 con Bice Valori e Gianni Agus. Ho sempre amato questo tipo di musica, anche perchè in casa mio nonno,che amava molto la lirica, aveva i libretti delle opere che mi divertivo a leggere e sono quindi cresciuta cantando arie diverse, comprese appunto quelle dell’operetta, pur essendo molto stonata. Trieste, con la sua grande piazza aperta sul mare d’Europa, rimarrà sempre comunque con un fascino particolare a raccontarci del suo passato pur essendo oggi una grande città proiettata nel futuro e multiculturale .
(fonti varie)