Piccola, snella, lineamenti marcati e irregolari, brutti o belli a seconda delle espressioni e della luce, grandi occhi scuri, capelli ricciuti, frangetta sulla fronte alta, voce morbida e bassa, molto duttile, mani bellissime, estremamente autoritaria in scena, vera primadonna- capocomico, padrona dei personaggi drammatici, sempre in cerca di un Pigmalione, Eleonora Duse nasce a Vigevano nel 1858 come figlia d’arte da una di quelle famiglie girovaghe, che fanno del palcoscenico la loro eterna dimora. E’ così che sin da bambina prende confidenza con ciò che rappresenterà per tutta la sua vita, la cosa più importante: il teatro. Nel 1862, a 4 anni, interpreta Cosetta in una versione teatrale de ”I miserabili”. E nel 1878 alcune sue rappresentazioni come la ”Teresa Raquin ” di Emile Zola la faranno conoscere e apprezzare da pubblico e critica. Non esistendo negli anni ottanta una drammaturgia italiana la Duse farà scelte ben precise di repertorio che caratterizzeranno il suo percorso artistico portandola ad una notorietà impensata. I testi francesi di Victorien Sardou e Alessandro Dumas figlio sono i suoi prediletti. E il suo teatro sarà di denuncia di quei valori borghesi fatti di ipocrisia e apparenze.
Dopo il matrimonio con Teobaldo Checchi, attore come lei, la Duse si accompagnerà al più noto Flavio Andò, primo dei suoi spettacolari amori. Seguirà il pittore- scrittore esotico Alessandro Wolkof- Murozof, poi Adolfo De Bosis, Marco Praga, quindi il tranquillo e serio Arrigo Boito, capo riconosciuto della scapigliatura lombarda, che riesce a placare la farraginosa, assetata anima dell’attrice.
Infine, il fatale incontro con Gabriele D’Annunzio.
Saranno i coniugi Scarfoglio- Serao a farli incontrare.
La Duse, maggiore di tre anni, è in quel momento, la ” divina” del teatro nazionale, lui è il poeta per antonomasia, arrivatissimo, viziatissimo, stravagante ( non è forse lui a galoppare nudo per la campagna romana su di un cavallo bianco? )
Una grande passione , la loro, teatral- letteraria- mondana che durerà otto anni, a tutto vantaggio di Gabriele, che tra le tante cose riesce a trasmettere ad Eleonora anche il suo gusto necrofilo nel rapporto amoroso. Il loro rifugio sarà presso Firenze, alla Capponcina, tra l’orribile kitch in cui tutti e due vivono : lui, tra volute d’incenso e teschi fasulli ; lei, tra contorcimenti di mano e furiosi scoppi d’ira per le continue infedeltà del Vate.
Come spesso accade in rapporti d’amore complicati, uno dei due perde ed in questo caso è la Duse a soccombere mentre lui ne trae vantaggio anche a livello economico. E’ lei infatti che contribuisce anche generosamente, al mantenimento di quel lusso sfrenato e assurdo ( i cavalli di lui devono riposare su tappeti Bukara e mangiare ad esempio dentro ciotole di porcellana antica ).
Lei porta anche al successo i lavori teatrali dell’Immaginifico, procurandogli inusitati diritti d’autore. Tutto fa per lui.
Ma arriva la fine di tutto, e quando si lasciano Eleonora ha quarantacinque anni. E’ sfiorita, malata, povera, alle soglie di un disfacimento che lui descrive con impietoso, pessimo gusto, e si chiude allora in un totale e malinconico silenzio.
Tornerà alle scene, circa dieci anni dopo, spinta dal bisogno, braccata dai creditori. L’ex amante non muove un dito per aiutarla, offeso anzi che lei non reciti solo le sue opere, che non gli garantisca abbastanza diritti d’autore.
Il pubblico, curioso e pettegolo come sempre, le tributa nuovo successo, i teatri di tutto il mondo applaudono di nuovo la ”divina”.
Dopo aver chiesto aiuto invano a Mussolini per la creazione di un teatro stabile italiano, Eleonora riparte in tourneè. E’ davvero un’emigrante, come agli inizi. Rifiuta l’aiuto di pochi amici sinceri, quali Praga, Boito, che vede solo come carità.
Malata, stanca, delusa, non è ormai che l’ombra di se stessa, sostenuta solo dalla straordinaria presenza scenica.
Alla fine, il gelido clima di Pittsburg la stronca.
Il suo funerale attraversa l’America, l’Oceano e l’Italia, accompagnato da pietà e rimpianti, ultimo omaggio alla superdonna distrutta dal superuomo, costruiti, entrambi, sugli aspetti più vistosi e morbosi del loro tempo.
Le lettere, inviate da d’Annunzio alla Duse, vengono bruciate per volontà di lei, cosa che il Vate ritiene un’offesa al suo genio. Io, con tutti voi, credo più al gesto nobile di un’amante ferita.
Passate da Barbara ( tuttoilmondoateatro.wordpress.com) potrete leggere stralci di queste lettere .Un carteggio che mette i brividi.
Fonti : Parlami d’amore Mariù- Vita, costume e storia d’Italia tra gli anni venti e quaranta
a cura di Roberto Gervaso
Wikipedia
Ringrazio la cara amica Franca ( quella del caffè ) , del blog http://lemieemozioniinimmaginieparole.wordpress.com// per avermi taggata ”musicalmente” su iniziativa di https://ghbmemories.wordpress.com// -GHB Memories-
REGOLE
Scegliere almeno 5 tracce musicali che rispecchino alcune emozioni o stati d’animo al positivo
Taggare almeno 5 blogger avvisandoli di essere stati taggati
Citare il mio blog indicando il link diretto sottolineando che l’idea è nata in questo spazio htpps://ghbmemories.wordpress.com//
Motivare , se si ritiene necessario farlo, le scelte musicali .
Qui mi piace nominare ( visto che generalmente non nomino nessuno pago pegno se nomino più di cinque amici ? Mi auguro di no.)
Antonio Tomarchio http://AntonioTomarchio.wordpress.com//
Gian Paolo http:/newwhitebear’s blog.wordpress.com/
Wwayne http://wwayne.wordpress.com//
Giorgio http://giomag59.wordpress.com//
Tads http://angolodelpensierosparso.wordpress.com//
Rosarioboc http://bocros.wordpress.com/author/rosarioboc/
Massimo http://massimobotturi.wordpress.com/
Come potete vedere tutti simpatici ”maschietti”. Bè una volta tanto si possono coinvolgere anche loro in questi giochetti, concedetemelo. E voglio vedere se abboccheranno o si tireranno indietro come spesso faccio io…Ed ora
VIA CON LA MUSICA…
Prima traccia
…una di quelle feste da ricordare, quando ci si riuniva con gli amici e si ballavano i lenti di turno. Qui ballavo con il mio fidanzato ( poi futuro marito) una canzone che adoravo.
Seconda traccia
…ecco qui rivedo i miei allora bambini di cinque e un anno che a Senigallia cantano e ballano questa canzone. Dolce ricordo, troppo simpatico. ( La mamma cantava e ballava con loro )
Terza traccia
…qui l’elettricità di una musica resa straordinariamente in un balletto di mia figlia che per il coinvolgimento pazzesco ( si saltava battendo piedi e mani sulla poltrona del teatro ) non potrò mai dimenticare
Quarta traccia
…bè qui si è a casa di un’amica con la quale purtroppo ci siamo perse, dai capelli rossi anche lei, a Civitavecchia dove aveva una villa sul mare. Con due suoi cugini chiacchieravamo ascoltando, come potete giudicare da soli, ottima musica guardando dalla terrazza il mare illuminato dalla luna.
Quinta traccia
…romanticamente ancora con il mio fidanzato ( lo stesso di prima tanto per non sbagliare ) in campeggio a Sperlonga, quando si prendeva il sole ( non diventavo mica rossa come un peperone credetemi…ero di un bel colore ambrato io, ambè ). Poi passeggiando lungo la spiaggia si arrivava al ”Gabbiano” una specie di palafitta tutta in legno dove si facevano le più belle partite di biliardino che io ricordi e dove c’era un jukebox dove ascoltare le più belle canzoni del momento.
Ascoltate il tutto con un sorriso mi raccomando. Vi abbraccio tutti. Isabella
Carissimi, voglio con sincero affetto
ringraziare per questa nomination , che gradisco in modo particolare, la cara amica Franca ( http:// lemieemozioniinimmagini.wordpress.com// )
la cara amica Lisa ( http://poesilandia.wordpress.com// )
il caro amico Arthur ( http://ilmondodiarthur.wordpress.com// )
la cara amica Maria ( http://nonsoloparole.wordpress.com// )
la cara amica Fulvialuna ( http://Tuttolandia.wordpress.com// )
la cara amica Gina ( http://sonoqui.wordpress.com//.) Ora non ci sono condizioni particolari da rispettare se non quelle di nominare altri dieci blog e rispondere a dieci domande. Poichè ho sempre più o meno risposto a tutte le domande poste man mano che mi arrivava una nomination, questa volta decido di non rispondere non per presunzione, ma per dedicare a tutti voi una poesia che ho scritto tempo fa dopo una cena, e che penso sia molto indicata rispetto al titolo del premio. Posso anche dire qualcosa in più per farvi contenti. Con mia sorpresa Lisa , Franca, Arthur , Maria , Fulvialuna e Gina, hanno voluto dedicarmi questa ”rosa dell’amicizia” . E’ una cosa che mi commuove . L’amicizia è per me molto importante, e se qualcuno ha pensato a me come amica, è perchè forse, ha capito da ciò che scrivo, che mi piace essere vicina a tutti voi, senza presunzione, con semplicità rispettando la peculiarità di ciascuno senza invadenza ( almeno spero). Sono una donna non più giovanissima per età ma sicuramente mi sento tale per spirito e vivacità, che ama molto l’educazione, e che aspira ad una vita in cui l’uomo sia consapevole che la prevaricazione non serve a nulla se non che a dividere le persone. Così come penso che il rispetto sia alla base di qualunque convivenza. Sono un tipo molto curioso, ecco perchè mi piace viaggiare, conoscere nuovi costumi e usanze e soprattutto mi piace conoscere le tradizioni dei posti che vado a scoprire, per me basilari per arrivare a comprenderne le abitudini di vita . Mi piace molto leggere, quando il tempo me lo concede, e l’arte in genere ( pittura, danza, scultura ) mi affascina perchè è lì, che secondo me , l’uomo trova la sua umanità. Adoro il teatro ma anche cinema ( prediligo film americani , genere noir , rigorosamente in bianco e nero) e tanta musica classica. Qui mi fermo. A dire il vero è come se avessi risposto a delle domande, pazienza. Ora però vi lascio alla mia poesia. A presto. Isabella Ps Non nomino altri blog, perdonatemi, ci ho provato ma ne rimanevano, fuori dai dieci, tanti altri, troppi . A questo punto per non fare torti a nessuno, affido al vento questa ”rosa dell’amicizia” perchè arrivi a tutti voi che, indistintamente, la meritate. Vi abbraccio.
AMICHE DI SCUOLA
Ritrovarsi a cena dopo anni.
Scoprire
che tutto il tempo
passato,
in realtà,
non ci ha piegate
più di tanto.
Assaporare ancora
il piacere
di stare insieme,
e raccontare ciascuna
le proprie esperienze di vita.
Ridere di cuore
come da ragazze,
e vedere,
sui nostri volti di sempre,
solo qualche ruga in più.
E’ bello incontrarsi
di nuovo,
e capire,
con gioia,
che l’amicizia
di un tempo,
quella vera,
è tra noi,
viva,
ancora come allora!
Isabella Scotti
A tutti gli amici che passeranno di qui.
Altro PS Scusate, anche se forse non è il luogo e la pagina giusta, ma voglio comunque rivolgere un pensiero a tutti quei poveri morti in miniera, in Turchia. Fare il minatore è uno di quei lavori terribili e temibili dove giornalmente uomini sconosciuti, lontani dal vivere una vita serena, rischiano la pelle, fino talvolta a lasciarla come in questo caso. Mi dispiace immensamente.
”…Vorrei solo poter scegliere il tempo…
Io vorrei morire a Natale, con il grande albero illuminato
in mezzo alla piazza, mentre la neve cade lenta
su tutta Paperopoli,
ed io la guardo volteggiare nell’aria
in compagnia di Qui e Quo, i miei due fratellini…”
Marcello Mastroianni
da ”Le ultime lune” di Furio Bordon
Ho sempre avuto una predilizione per Marcello Mastroianni. Mi piaceva di lui quel suo essere attore non divo, discreto, garbato, elegante. A volte anche timido, a tratti velatamente malinconico. Si diceva che fosse anche un pigro, sebbene chi l’abbia conosciuto veramente, affermasse il contrario. E lui anzi, in certe occasioni, dava l’impressione di voler rafforzare questa tesi. Come, ad esempio, quando nel 1970 girando a Londra il film ”Leone l’ultimo” di John Boorman, arrivò sul set adagiato dentro una carrozzina spinta da una giovane comparsa. Una carriera la sua costellata da successi sempre crescenti, ricca d’interpretazioni, le più varie. Da quelle più divertenti, caratterizzanti, dei film in coppia con Sofia Loren,, ( ” Peccato che sia una canaglia” di Alessandro Blasetti , ”Ieri, oggi, domani”, ”Matrimonio all’italiana”, ”I girasoli” tutti di De Sica ) a quelle più impegnative diretto da registi del calibro ad esempio di Federico Fellini col quale collaborò interpretando film che appartengono alla storia del cinema ( ”La dolce vita”, ”8 e 1/2” , ” La città delle donne”, ” Ginger e Fred”, ”Intervista” ). E ancora Ettore Scola che lo diresse in quel film secondo me straordinario ”Una giornata particolare”, e tanti altri che per ovvie ragioni non nomino,( non volendo elencare qui tutta la sua filmografia che penso più o meno si conosca e che richiederebbe senza dubbio un altro post ). Non voglio però ignorare la sua importante collaborazione anche con il grande Luchino Visconti. Infatti lo voglio qui ricordare, per far tornare la memoria al fatto, che proprio con lui, iniziò la carriera negli anni cinquanta su di un palcoscenico. Il teatro, sua grande passione. E fu per tornare a questa sua grande passione che interpretò , già avanti con gli anni, uno stanco ed anziano personaggio ne ”Le ultime lune”, un lavoro che la stessa figlia Chiara definì come il suo testamento artistico e spirituale. Il teatro lo aveva affascinato fin da piccolo, quando frequentava assiduamente i teatrini parrocchiali, perchè, sono parole sue,” il grande teatro era caro e riservato ad una elitè ben vestita, che parlava un linguaggio per me incomprensibile”. Ma lui ci arrivò poi, a quel grande teatro, e fu grazie al provvidenziale incontro con Luchino Visconti. Era il 1948 e lo spettacolo era intitolato ”Rosalinda”, elaborazione viscontea di ”Come vi piace” di Shakespeare. Poi arrivò il ruolo di Mitch in ”Un tram che si chiama desiderio” e quello di Pilade nell’Oreste” di Vittorio Alfieri, con Vittorio Gassmann, altro grandissimo , nei panni del protagonista.Tra il 1951 e 1955 quando decollò la sua carriera cinematografica, Mastroianni fu tra i protagonisti della prima messa in scena italiana di ” Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller, della ”Locandiera” di Carlo Goldoni e soprattutto di due lavori di Cechov: le ”Tre sorelle” viscontee, in cui interpretava un collerico Solionij e ”Zio Vania” dov’era Astrov, accanto a Paolo Stoppa, Rina Morelli ed Eleonora Rossi Drago. Sicuramente gli anni di apprendistato in teatro, in particolare la scuola di Luchino Visconti e i suoi insegnamenti ( ”l’attore, rispetto ai propri personaggi, è come la carta assorbente rispetto all’inchiostro, come un pugile rispetto al suo avversario”), contribuirono alla sua maturazione artistica in maniera decisiva. Il teatro rimase sempre un porto al tempo stesso sicuro e stimolante nel quale riparare nei momenti di verifica personale , e fu anche un aiuto importante per progredire nella sua carriera cinematografica. Così ecco ”Partitura incompiuta per pianola meccanica” diretto dal regista russo Nikita Michalkov, lo stesso con cui girò ”Oci Ciornie”. Ed ecco l’esperienza parigina di ”Cin Cin”, sorta di raffinato vaudeville ( genere teatrale francese, commedia leggera ) che metteva a confronto un uomo e una donna non più giovani e desiderosi di sfuggire alla solitudine. Una performance particolarmente apprezzata e coraggiosa, visto che non sono molti gli attori che accettano di recitare in teatro in una lingua che non è la loro, sfidando tutte le sere un pubblico straniero in casa sua. Non riuscì mai ad interpretare invece, malgrado i ripetuti, infruttuosi tentativi di Giorgio Strehler, l”Opera da tre soldi” di Bertold Brecht, perchè troppo impegnato con il cinema. Comunque il teatro si prese un’ultima rivincita, affidandogli ne ”Le ultime lune” scritto da Furio Bordon e messo in scena da Giulio Bosetti, il personaggio di un vecchio professore scaricato in una casa di riposo. Un ruolo interpretato da Mastroianni con un senso di partecipazione totale, quasi a voler rinnegare palesemente il suo modo di fare teatro: ”I personaggi che interpreto sul palcoscenico, più di quelli che porto sul set,mi consentono di sfuggire a me stesso, di vivere emozioni e dolori non miei, e di trasformarmi in un grande camaleonte che non si impegna mai veramente con la propria vita, ma solo con quella altrui.” Invece in questa performance il caro Marcello si trova a dover fare i conti non solo con la vita altrui, ma anche con la propria, affrontando un tema, sempre rimosso, quello della morte, forse in un qualche modo per esorcizzarla, sentendosela ormai sempre più vicina. Una grandissima interpretazione, entrata di diritto nella storia del teatro italiano per la sua autobiografica tragicità. E il vecchio professore va a collocarsi accanto ad un altro personaggio, totalmente diverso per carattere, intensità e genere, ma altrettanto indispensabile per tracciare un profilo del nostro, uomo e attore teatrale: il protagonista di ”Ciao Rudy”, l’unica commedia musicale affrontata da Mastroianni, diretto dal duo Garinei e Giovannini, che gli aveva permesso di sfatare il mito di vacuo latin lover. Anche allora, la realtà e finzione si erano mescolate sul palcoscenico del Sistina a Roma e lui aveva provato il gusto di recitare e di giocare col suo personaggio, costringendo il pubblico a chiedersi dove finiva Rudy e dove cominciava Marcello. Quesito al quale rispondeva con il perenne, disincantato sorriso che lo rende oggi immortale. Adesso dopo questa chiacchierata, posso dire che sono veramente contenta nell’aver saputo che il festival di Cannes dedicherà quest’anno il suo manifesto ufficiale proprio al nostro caro Marcello Mastroianni.
‘‘Lavorando con lui, ebbi la sensazione di recitare con un grande attore e ricordo che pensai: ” Marcello sarà un divo fino a 70 anni”
Eleonora Rossi Drago
”Vedere mio padre nei panni di quel vecchio vicino alla fine, mi ha dato una sensazione che non potrò mai più scordare. Per la prima volta in vita mia, ho pensato alla morte”.
Chiara Mastroianni
fonte : da un articolo di Maria Grazia Gregori su Carnet – Omaggio a Marcello Mastroianni
Ecco qualche foto :
ne ”Le ultime lune”
Nella foto grande in ” Ciao Rudy” e nella foto sotto mentre si fa accompagnare da una comparsa sul set del film ”Leone l’ultimo” a Londra
Una grande voce. Un grande attore. Ma non solo. Scrittore, scultore , regista. Un uomo dalle molteplici attività. Spiritoso, ironico ed arguto. Nato a Ferrara lavorò in teatro con i più grandi registi italiani, da Visconti a Strelher, Menotti, Ronconi. Prestigiosa la sua attività anche con opere di cui curò la regia. Scrisse e rappresentò anche sue commedie e drammi. Celebri le sue dizioni di poesia, registrate anche su cd. Ha interpretato più di cento film lavorando con Pietro Germi, Blasetti, Orson Welles, Losey, Scola. Ha preso parte ad alcune delle più famose produzioni televisive ( La freccia nera, Capitan Fracassa, Le mie prigioni ect ) partecipando anche a dei film con Totò. Pittore, giornalista collaborò anche a giornali e riviste, insomma una grande personalità. Nel 2009 un’amica di mia figlia, che all’epoca faceva teatro, m’invitò ad un suo spettacolo dove sarebbero intervenuti come ospiti Arnoldo Foà e Nando Gazzolo. Con una mia amica decidemmo di partecipare, contentissime di poter vedere dal vivo dopo tanti anni, due personaggi di spettacolo da noi tanto amati. Lo spettacolo fu abbastanza divertente e recitato bene. Ma poi arrivò Nando Gazzolo che seduto dietro un tavolino cominciò a leggere brani di Shakespeare con quella sua voce straordinariamente calda e al tempo stesso forte quando doveva esserlo. Una performance notevole se si considera il fatto che anche lui ha una certa età, ma la voce era la stessa di tanti anni fa per nulla incrinata dal tempo. Poi una volta terminato quell’intervento fu la volta di Arnoldo Foà. Aveva accettato l’invito per presentare il suo nuovo libro ”Joanna. Luzmarina”. Entrò appoggiandosi al suo bastone, e tranquillo cominciò a chiacchierare come un nostro vecchio amico parlando della vita, del bene e del male tra il serio e il divertente. Quindi, alla fine, i ragazzi della compagnia, tra i quali l’amica di mia figlia, entrarono sul palco con una grande torta e le candeline accese perchè Foà compiva novantatrè anni. Fu commovente. Uscendo poi dalla sala su di un tavolo, trovammo le copie del suo libro. Ne comprammo subito una a testa e decidemmo con Margherita di mangiare una pizza. Trovammo un ristorante il cui nome ci colpì ”Rosso Rubino” ed entrammo. Ambiente dai colori rosso e nero e deserto, anche se c’era un tavolo ben apparecchiato. Con la mia amica prendemmo posto vicino , per caso, a quel tavolo apparecchiato. All’improvviso entrò Arnoldo Foà con la sua famiglia per andare a quel tavolo e festeggiare così il proprio compleanno. Non credevamo ai nostri occhi. Prendendo coraggio, mi avvicinai emozionata chiedendo a quel grande personaggio, di regalarmi una dedica sul libro. Per tutta risposta, mi trovai sulla prima pagina ritratta, e debbo dire ben somigliante, assieme alla dedica. Così oltre i miei complimenti allo scrittore e disegnatore, chiesi anche per la mia amica, lo stesso trattamento. Con molta simpatia venni accontentata. Ora stringo tra le mani stranamente proprio quel libro, intelligente, particolare, bellissimo che sto terminando di leggere. ( Sì, l’ho iniziato da poco, ma che sorpresa…). Voglio salutarlo , ora che ci ha lasciato, con un grande grazie per quella serata e per tutte le belle interpretazioni che ci ha regalato.
Oggi sono malinconica. Ho sentito che sono morti Piero Mazzarella e Andrea Brambilla in arte ”Zuzzurro”. Ora, quando muore qualcuno, in realtà si è sempre tristi, ma quando muoiono personaggi che hanno fatto dell’arte il proprio mestiere, in questo caso parliamo di teatro, non posso che restare addolorata. Penso che il motivo sia, oltre che diventare consapevole sempre più del tempo che passa, il chiedermi se ci sono ancora attori di teatro , e parlo di quello con la T maiuscola, in grado di reggere confronti con tutti gli artisti che li hanno preceduti. Oggi se ne è andato un attore che negli anni in cui la televisione ”educava” si vedeva spesso in commedie dove la parte principale spettava al dialetto milanese. Piero Mazzarella aveva fatto di quel dialetto il suo cavallo di battaglia, e lo interpretava attraverso le figure più vere dei milanesi dei quartieri poveri, in quegli agglomerati di palazzi le cui abitazioni si affacciavano , sporgendosi da ringhiere, su cortili interni agli stessi.Ricordo le sue interpretazioni seduto attorno ad un tavolo in legno, di quelli di una volta, sulla sedia anch’essa di legno con un buon bicchiere di vino accanto e ricordo la sua voce rauca ma simpatica che mi divertiva tanto nonchè quella sua vaga somiglianza con Robert Mitchum. E ricordo il teatro un pò surreale di Zuzzurro in coppia con il cognato Gaspare. A volte ci dimentichiamo delle persone che hanno rallegrato o accompagnato per un pò di tempo la nostra vita, per poi ricordarcene nel momento della loro morte. Così, va la vita, a quanto pare.
C’è una città italiana, dal fascino particolare, che ogni volta che la rivedo, m’incanta: Venezia. La conosco da sempre, fin da quando con i miei nonni ci andavo da piccolina, prendendo il treno che arrivava alla stazione di Santa Lucia. Mi è sempre piaciuto arrivare in treno, perchè dal finestrino puoi vedere la laguna , acqua che pur muovendosi appare allo sguardo quasi immobile, piatta, rilassante . Poi scendere dal treno, uscire dalla stazione e trovarsi davanti la grande scalinata, che ti conduce direttamente in un altro mondo. Perchè Venezia è fiaba, è mistero. E per una bimba di pochi anni, tanto tempo fa, arrivarvi con una piccola borsetta di paglia al braccio, ( che dimenticavo ovunque, fortuna che c’era sempre mio nonno a ritrovarla ), era una gioia andare e fare tappa in Piazza San Marco, per dare il granturco ai piccioni che accorrevano festosi. Poi nel corso degli anni ci sono sempre tornata, perchè una volta conosciuta, ti resta nel cuore, non la puoi dimenticare. Anzi ti vengono dinanzi agli occhi le immagini impresse nella memoria. La vita veneziana di tutti i giorni: le barche e i vaporetti che attraversano i canali, il lavoro antico degli antiquari ed artigiani, il conversare nei campielli, le friggitorie dove si cucinava la polenta bianca con il pesce ( non so a dire il vero se ancora adesso resiste tale usanza ). E poi i grandi spazi dove bambini si rincorrono, le rive degli Schiavoni, della Giudecca e delle Zattere, aperte verso il mare. E ancora, il Canal Grande, dove si affacciano palazzi ricchi di storia e dove lentamente scivolano gondole silenziose. Lo storico Caffè Florian, divenuto nel 1848 durante l’insurrezione capitanata da Daniele Manin, ospedale per feriti, oggi frequentato da migliaia di turisti. Le sale immense di Palazzo Ducale, con esposte le opere dei grandi maestri veneziani: Tintoretto, Tiziano, Giorgione. E la galleria dell’Accademia. Arte e vita si mescolano in un connubio inebriante che lascia perplessi e rapiti allo stesso tempo. Sarà che questo fascino veneziano mi accompagna fin dai tempi del liceo, quando studiando il Goldoni ne apprezzai il teatro vedendolo rappresentato e interpretato da Cesco Baseggio. Penso di aver visto tutte le sue commedie in televisione. E proprio in terza liceo la mia insegnante di matematica ( stranamente non quella di italiano ), mise in scena, come saluto finale alla scuola, proprio ” La locandiera” del Goldoni, dove guarda caso la sottoscritta interpretava una delle due commedianti che arrivavano alla locanda di Mirandolina. Tutto di Venezia mi affascina. I colori forti in estate, dove i tramonti si accendono come un falò per abbagliare gli sguardi incuriositi di tanti, a volte anche troppi, turisti vaganti. La nebbia d’inverno, che le dà un’aspetto misterioso, e tu cammini in fretta quasi per sfuggirle, tirando su la sciarpa, coprendoti la testa con il cappello, perchè l’umidità entra nelle ossa e dà fastidio. Il silenzio notturno, con la luna che riflessa nell’acqua appena increspata, gioca ad illuminare gondole ancor più silenziose. E non per ultimo, il suo carnevale, gioiello strordinario di questa città. Ho vissuto fortunatamente anche l’atmosfera di sogno che vi si respira, quando maschere improvvise si materializzano uscendo dalla nebbia ed arrivando davanti a te, immobili ti guardano, e sono così fuggevoli che subito, dopo averti osservato per un pò, spariscono inghiottite di nuovo dalla nebbia e tu rimani lì, imbambolato, a ricordare quell’incontro che ti trasporta in un mondo lontano che non ci appartiene, ma che è anch’esso la nostra storia. Venezia è tutta qui, fascino e mistero insieme, bellissima. Ora aggiungo solo qualche foto scattata da mio figlio, senza ulteriori commenti , perchè le foto penso parlino da sole. Dirò solamente che in una ci sono io , ed in una c’è mio figlio Andrea all’isola di Torcello.
Vorrei condividere, con voi, quello che è stata un pò la televisione degli anni verdi della mia vita. Ho fatto come scuola il liceo classico, in anni in cui, l’interesse per la stessa era certamente più sentito di quello che non sia oggi. Ricordo che l’Istituto delle Maestre Pie Filippini, da me frequentato, aveva molti iscritti, anche se privato ( il che potrebbe dar fastidio a qualcuno , ma tale era la realtà). Mi ci sono trovata benissimo, e penso che in termini di cultura, e valori soprattutto, ci abbia guadagnato. Negli anni del liceo, un’insegnante d’italiano, che ringrazio per questo, molto brava, ha fatto crescere in me un interesse per la letteratura italiana ed estera portandoci varie volte a teatro , parlandoci di Dante, Petrarca, Foscolo, Leopardi ( di cui è stata ed è tuttora una grande esperta) e altri autori fino ai più contemporanei. Ed ecco che qui entra il discorso sulla televisione. Quasi in simbiosi con la mia curiosità, la RAI comincia a trasmettere adattamenti televisivi di pezzi teatrali tratti da opere italiane e straniere. Il teatro inglese di Osborne, messo in scena con l’adattamento ad esempio di ‘Ricorda con rabbia” con Giulio Brogi, di cui ero segretamente innamorata, o ”Lo zoo di vetro”di Tennessee Williams con una Annamaria Guarnieri indimenticabile, e una Sarah Ferrati nella parte della madre straordinaria come anche nelle sue interpretazioni di donne di tragedie greche (vedi” Medea”)ect. E poi gli sceneggiati, altra pietra miliare della RAI. Anche questi, riadattati e ripresi da autori americani o inglesi, sono piccoli gioielli che mi hanno accompagnato in una crescita culturale che oggi langue a favore di troppa politica parlata o urlata secondo il momento e spettacoli scopiazzati da format americani di cui francamente si farebbe volentieri a meno.Per fare cultura basterebbe la volontà di farla supportati anche ,ovviamente, dalla capacità di attori teatrali, che forse oggi mancano, o io magari non conosco, a parte un grande Gabriele Lavia, Glauco Mauri e pochi altri del loro calibro.