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Corta  e  aderente  tunichetta,  calzoni  attillatissimi,  entrambi  in  una  stoffa  a  fondo  colorato  su  cui  si  intrecciano  fittamente,  fino  a  nasconderli,  rombi  e  losanghe  di  colori  diversi ;  mezza  maschera  sul  volto,  cappello  a  mezzaluna  nero:  ecco  l’elegantissimo  Arlecchino.  Ma  il  nostro  non  sempre  fu  abbigliato  in  questo  modo.  Arlecchino   non  fa  parte  dei  quattro  tipi  fondamentali  della  Commedia  dell’Arte,  essendo  piuttosto  una  delle  tante  varietà  del  quarto,  del  secondo  Zanni ( personaggio  tra  i  più  antichi  della  Commedia  dell’Arte ),  ed  infatti  al  suo  apparire,  nella  seconda  metà  del  1500,  vestì  come  questi,  indossando  calzoni  e  tunica  bianchi,  variamente  bordati.  Quando  verso  la  fine  del  1600  le  compagnie  dei  comici  divennero  molto  numerose,  i  rispettivi  Zanni  per  distinguersi  da  quelli  delle  compagnie  rivali  o  da  quelli  che  li  avevano  immediatamente  preceduti  in  una  piazza,  assunsero  un  nome  specifico  d’arte  che  richiamava  un  particolare  del  vestito  o  della  maschera.  Lo   Zanni  che  divenne  Arlecchino  si  distinse  per  aver  fatto  ricucire  qua  e  là  sulla  tunica  bianca  e  sui  calzoni  toppe  geometriche  di  vario  colore  che,  più  tardi  furono  ricamate  o  tessute  in  modo  più  regolare,  non  più  su  fondo  bianco,  dando  luogo  ad  una  stoffa  vivacissima  che  rendeva  il  costume  oltremodo  gioioso  ed  inconfondibile.  Arlecchino   è   Arlequin  italianizzato,  nome  che  pare  adottasse  a  Parigi  l’attore  Giovanni  da  Bergamo,  più  precisamente  nell’Hotel  Bourgogne  che,  per  i  successi  ivi  ottenuti  dalle  compagnie  italiane  che  vi  si  erano  susseguite  si  chiamò  ”  Comèdie  Italienne”.

Arlequin,  con  le  sue  lunghe  dissertazioni  senza  capo  nè  coda,  i  vivaci  monologhi,  la  freschezza  e  naturalezza  del  semplice  linguaggio,  l’espressione  sgomenta  per  non  riuscire  a  portare  a  termine  un  discorso  troppo  difficile,  strappò  applausi  alle  platee  di  Spagna,  d’Austria,  di  Olanda,  d’Inghilterra.  La  Francia,  dov’era  nato  gli  decretò  una  simpatia  incondizionata:  re  e  regine  se  lo  contesero  pur  di  averlo  alla  loro  mensa,  da  cui  ritornava  sempre  carico  di  doni  preziosi,  piatti  e  posate  d’oro,  mentre  il  clero  lo  criticava  aspramente  per  i  suoi  lazzi  e  frizzi  audaci  e  ne  pretendeva  l’espulsione.  Caduto  con  la  Rivoluzione  Francese  l’Hotel  de  Bourgogne,  roccaforte  dei  successi  di  Arlequin,  questi  passò  a  divertire  il  pubblico  italiano.  Nei  nostri  teatri  mandò  in  visibilio  grandi  e  piccini,  ma  soprattutto  gli  spettatori  del  loggione,  popolarmente  detto  ”lubbione”,  che  ridevano  a  crepapelle  di  fronte  alle  acrobazie,  alle  ”scalate”  e  relative  ”cascate”,  al  rialzarsi  improvviso  e  scattante,  ai  balzelli,  alle  mossette,  alle  riverenze  compitissime  della  prestigiosa  maschera.  Arlecchino  molto  conosciuto  in  Emilia  e  Lombardia  è  conteso  come  maschera  tra  Venezia  e  Bergamo;  è  certo  che  l’attore  che  per  primo  gli  diede  vita  è  bergamasco  ma  oggi  Arlecchino  può  dirsi    una  maschera  cosmopolita.  Oltre  che  in  molte  commedie  goldoniane  Arlecchino  è  presente  anche  in  opere  musicali  come  ad  esempio  in  ”  Maschere”  di  Pietro  Mascagni  e   i  ”Pagliacci”  di  Ruggero  Leoncavallo.

fonte :  Lavoriamo insieme-  Margherita  Filippi


Vi capita mai di leggere un libro ed estraniarvi da ciò che vi circonda? Il libro ha questo potere. Quello di farvi entrare in una storia staccandovi un pò dal mondo circostante.Non c’è lettura digitale, per me, che dia la stessa sensazione. Certo leggere un ebook sul tablet può anche essere comodo per vari motivi, ma volete mettere il piacere di ”sfogliare” un libro vero, toccare con mano quella carta dove mille e mille parole si rincorrono dopo essere state create da un autore appassionato? Due libri che ho letto ultimamente mi hanno molto ”estraniata”dalla quotidianità: ”Il terzo ufficiale” di Giuseppe Conte, poeta e scrittore ligure, e ” Dove nessuno ti troverà” di Alicia Gimenez. Il primo, è una storia di mare, che Conte ama profondamente e di cui conosce ogni aspetto, e di marinai, qui descritti attraverso un linguaggio forte, vero, a volte quasi da scaricatore di porto.Ma proprio questo gergo, tipicamente marinaresco,unito ad una descrizione accurata di tutto ciò che fa riferimento alla vita stessa di mare, ci fa entrare in una storia dal sapore avventuroso, dove ciascun personaggio tipicizzato in maniera precisa, pur essendo forte, spavaldo rimane sempre ”uomo” con le sue debolezze ed incertezze. Da leggere. Così come il secondo libro,ambientato a differenza dell’altro, in una Spagna dal caldo
opprimente e dai paesaggi aridi negli anni cinquanta. E’ la storia della cosiddetta ”Pastora” personaggio di sesso ambiguo, realmente esistito, divenuto mito(altro tema, oltre il mare, molto caro a Conte)
per i contadini, come simbolo di reazione ai soldati franchisti,dopo la fine della guerra civile spagnola. Autrice o autore di ventinove omicidi, rimane lassù tra le montagne catalane, anche dopo la fine della guerra, nascosta e braccata dalle forze di polizia.Non dico nulla sul finale perchè ovviamente un pò di mistero non guasta. Una storia comunque scritta in maniera impeccabile, molto incisiva anche se a volte un pò ripetitiva. Comunque affascinante e interessante.Provate a leggerli (mi raccomando, che siano libri da tenere in mano, per una volta niente tecnologia okay? )