Cosa vedi
in me
uomo,
di così sbagliato,
tanto
da usarmi
violenza?
Cosa c’è in me
che non sopporti,
tanto da colpirmi
ripetutamente,
perché tutto
questo odio
nei miei confronti?
Non riesco a comprendere.
Perché io credo
nel nostro stare
insieme.
Credo sia
la cosa più bella
amarsi,
volersi bene.
Vorrei che
le tue mani
non mi strappassero
i vestiti di dosso,
non mi schiaffeggiassero,
non mi riempissero
la faccia
di pugni, non mi buttassero l’ acido sul volto,
non si armassero
di coltello,
non mi si stringessero
attorno al collo.
Vorrei…
o sì
come vorrei
essere trattata da te
con dignità, con rispetto.
Io donna, tu uomo,
nessun padrone,
ciascuno
con la propria individualità,
col sapere sopportare,
perdonare e amare.
Questa è l’unica
cosa che vorrei, nessuna violenza.
Io donna, tu uomo,
insieme con amore
Isabella Scotti novembre 2022
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Amici carissimi abbiamo tutti il covid. Ancora positivi ma martedi spero che saremo negativi. Sono ormai quasi 15 giorni . Fino a giovedi eravamo ancora positivi. Speriamo bene dai. Un abbraccio a tutti.
La vostra Isabella
Mesi fa un professore di Oxford, un certo Dawkins, se n’è uscito con un’ affermazione sconsiderata che mi ha riportato alla mente ciò che i nazisti trovavano utile fare per tutelare la cosiddetta ”razza pura”, e cioè eliminare tutti i disabili. Il suddetto nel suo delirio, affermava che di fronte alla diagnosi prenatale di SD ( sindrome di Down ), l’unica scelta giusta fosse quella di abortire visto che sempre per il suddetto sarebbe immorale partorire un tale bimbo. Lasciando da parte qualunque considerazione sull’aborto che non condivido, optando sempre per la vita, tranne forse in casi del tutto estremi, voglio qui riportare stralci di un’ intervista fatta alla mamma di un bambino Down di nove anni che risponde a Dawkins attraverso una lettera pubblicata sul ”Fatto Quotidiano” e poi su ”Repubblica”. Una risposta data da una donna intelligente e coraggiosa. Eccola :
”Un bambino con sindrome di Down è un bambino capace di dare tanto amore e come ogni altro bisognoso di riceverne altrettanto. L’amore può arrivare là dove la razionalità e il freddo quoziente intellettivo non arrivano. Mette in atto delle possibilità inaudite, è capace di trasmettere non solo emozioni e sentimenti positivi, ma anche di dare forza e energia, come il sole a una pianta, per lo sviluppo e la crescita delle potenzialità umane…E l’amore alimenta sempre altro amore, in un circolo virtuoso…Vorrei proporre a Dawkins un’immagine…Un bambino Down è come un quadrifoglio brillante in un campo di trifogli: ha presente? Il cromosoma in più, come quella quarta fogliolina, che la sapienza popolare valorizza come simbolo di fortuna, è un curioso scherzo della natura, ma non è niente di oscuro e terrificante: è ciò che rende speciali i nostri figli, nel bene e nel male”.
Come è cambiata grazie a suo figlio?
”Sono diventata più paziente, ma anche più determinata. Ho imparato ad aspettare ed a non attendermi sempre e subito il risultato migliore. Ho imparato a gestire molto meglio la frustrazione e anche ad affermare quello che penso, quando è necessario. Rispetto ad una volta, vivo molto più intensamente il presente e assaporo con più gusto le piccole gioie della vita. Evito di farmi prendere dal panico per imprevisti. Ho messo da parte i pregiudizi che avevo anch’io prima di vivere la mia situazione attuale; mi concentro di più sull’ascolto e sui sentimenti. Posso dire che mio figlio mi ha regalato un nuovo paio di occhiali con cui guardare le cose e le persone, e grazie a lui ho anche capito molto di più degli altri. Dalle reazioni che hanno nei suoi confronti,si vede bene chi si lascia guidare da pregiudizi, paure o imbarazzi o chi, invece ha un’anima sensibile. Mio figlio mi ha insegnato a far festa anche ai lati più reali della nostra esistenza, svelandomi che il vero valore dei nostri atti non risiede nella perfezione, ma nel come le cose si vivono e condividono.”
Sara Bisanti
Vi invito a leggere sul ”Fatto Quotidiano” la lettera completa in risposta al professore.
Inutile dire che sto totalmente dalla parte di Sara.
” Avevo l’abitudine di correre
dietro la guerra come un alcolizzato
corre dietro una lattina di birra”. Don McCullin
Il suo viso è grave, come marcato dall’impronta di un’esperienza insolita, fuori dal comune. A 78 anni, Don McCullin ha passato una buona parte della sua vita a renderci partecipi attraverso le sue foto, dei conflitti maggiori della seconda metà del XX secolo. La sua dignità ispira rispetto, la sua forza magnetica ammirazione da mettere in soggezione il suo interlocutore. Eppure possiede un tale charme, una certa flemma inglese, una cortesia e gentilezza che creano da subito un caloroso contatto . La sua vita è degna di un romanzo d’avventura. Da Cipro al Vietnam passando per Cuba e la Cambogia, senza dimenticare il Salvador l’Africa o l’Irlanda: un pioniere del fotogiornalismo. Egli va cercando, mettendo a rischio la propria vita, l’informazione là dove si trova: sul terreno. Le sue foto hanno permesso d’essere informati anche a distanza di migliaia di chilometri su ciò che avveniva in quei luoghi. Immagini sconvolgenti che colpiscono per la veridicità l’opinione pubblica rivelando allo stesso tempo l’assurdità e violenza della guerra in Vietnam. La sua carriera non si deve altro che alla sorte. Ad un gesto insignificante, che oggi suona come un atto del destino. Di ritorno nel suo quartiere natale di Finsbury Park, uno dei quartieri più poveri di Londra, e dopo aver terminato il suo servizio militare nella Royal Air Force, Don McCullin rivende il suo apparecchio fotografico acquistato in Kenya, dove aveva lavorato come laboratorista in una camera oscura. Sua madre lo recupera subito per lo stesso prezzo. 5 sterline: una magra somma alla quale in conclusione è legata tutta la carriera di Don McCullin, dal momento che sarà proprio con quell’apparecchio che fotograferà i Guvnors, una gang del suo quartiere implicata nella morte di un ufficiale di polizia. Non ha che 23 anni, nel 1958, quando la sua foto è pubblicata sull’Observer, marcando così l’inizio della sua carriera. Dai quartieri miserabili di Londra viene così catapultato nel mondo esaltante del giornalismo. Dislessico, il giovane McCullin, che a 14 anni, ha lasciato la scuola dopo la morte del padre per lavorare in un vagone- ristorante, osserva e si integra rapidamente in questo nuovo ambiente sociale dove frequenta gente colta e istruita. Parte per Berlino nel 1961, poi per Cipro nel 1963 per testimoniare la guerra civile. Attraverso il suo comportamento sul terreno, come per la qualità delle sue foto McCullin si fa una nuova volta notare. Il suo innato sapersi comportare, il suo fiuto, il suo istinto: egli sa quando partire, quando restare , come aspettare. Il suo coinvolgimento, il suo talento, la sua capacità ad uscire dalle situazioni più inestricabili, e soprattutto il suo occhio capace di cogliere i dettagli più importanti, dando alle sue foto un’impronta del tutto particolare, farà di lui un fotografo al di sopra di tanti altri. Nei reportage McCullin non conta su nessuno, e rifiuta d’accompagnare le truppe presenti sulle zone di guerra. ” I canali ufficiali vi allontanano dalla verità. Essi vogliono giustamente farvi fotografare ciò che fa loro comodo.(…) In realtà non serve a niente rifare il mondo dentro la propria testa. Sul terreno, bisogna avere i nervi abbastanza saldi, per attendere. E’ una questione di disciplina.” E questo rigore, questa disciplina si ritrova in tutto il suo lavoro. Le sue foto non sono mai una messa in scena. Mai ritoccate, mai inquadrate di nuovo, tranne una volta, in Vietnam, dove dispose accanto alle spoglie di un soldato i suoi effetti personali per farne come il suo testamento. Dal 1966 al 1984 lavorò con il Sunday Times Magazine. Ed è con quest’ultima testata che realizzerà la maggior parte dei suoi servizi fotografici sul Biafra, Bangladesh, la guerra civile libanese o ancora l’invasione russa in Afghanistan. I suoi rimpianti? Non aver avuto l’autorizzazione dal governo britannico per poter lavorare a servizi fotografici sulla guerra delle Falkland e non aver potuto andare in Etiopia nel 1984 durante la grande carestia. Lucido ed integro durante gli anni più importanti della sua carriera, oggi ha una visione differente sulla sua professione. ”Oggi il mondo della fotografia è stato messo in discussione dal digitale. Ci sono sempre dei fotografi mentre il futuro della stampa non è stato mai così incerto. E tutti i fotografi pensano che per essere riconosciuti al meglio, debbano andare in zone di guerra.”Così dice McCullin. A scapito di altri soggetti? ”La povertà, la disoccupazione, sono guerre sociali, che si svolgono attorno a noi, perchè non cominciare da lì?” Ma egli riconosce che la guerra procura una scossa tale di adrenalina che può rapidamente rendere drogati . In Cambogia la sua macchina fotografica ferma di colpo una pallottola d’ AK- 47; in Salvador, il fotografo cade da un tetto, si rompe un braccio, l’anca e qualche costola; in Uganda è fatto prigioniero dagli sgherri di Amin Dada e picchiato e buttato in prigione. McCullin non ha mai cessato di amare la fotografia anche se per essa ha rischiato più volte la vita. Senza di lei si definisce ” un’anima persa”. Dopo parecchi anni, Don McCullin ha cessato di occuparsi di conflitti per dedicarsi invece ad un altro stile fotografico, riprendendo immagini di paesaggio e immortalando la sua terra, l’Inghilterra, soprattutto il Somerset. E se recentemente si è recato qualche giorno in Siria è stato per testimoniare, una volta di più, gli orrori che vi si attuano . McCullin si dice comunque infastidito dal fatto di essere riuscito nella vita grazie alla miseria umana. ” Talvolta mi sentivo come un avvoltoio. A forza di fotografare tragedie e corrervi dietro, si finisce per farne parte. Ho distrutto il mio corpo con questo mestiere, e anche il mio spirito. Ma è il prezzo che si deve pagare andando in zone così pericolose.” Fin qui l’articolo. Ed ecco cosa dice del suo fotografare paesaggi un suo amico, Robert Pledge, antropologo, studioso di lingue e culture africane: ”Questi paesaggi, sono un autoritratto, sono il mondo interiore di Don, la quiete dopo la tempesta. E’ Shakespeare . E lui è un personaggio shakespeariano, è Re Lear”.
Quando ho letto il post dell’amica Fulvialuna ( http://tuttolandia.wordpress.com/ ) sul libro di Calabresi che parlava di vari fotografi, tra i quali Don McCullin, mi sono ricordata di quest’articolo che avevo letto in Francia l’estate scorsa e ho pensato di riproporlo qui per tutti voi. Se volete vedere qualche sua foto basta andare in internet cliccando : foto McCullin
fonte: da un articolo di Vincent Jolly Le Figaro – Magazine settembre 2013
Da me tradotto al meglio delle mie possibilità
Che SEI nomination per il LIEBSTER AWARD e UNA per il THE VERSATILE BLOGGER AWARD forse sono un pò troppe. Vabbè che mi fate sentire giovane partecipando a questo gioco, ma mi caricate pure di responsabilità. Non solo. Rispondere a tutte le domande poste mi mette in notevole difficoltà non tanto per le risposte da dare, quanto per il tempo che mi ci vorrebbe per scrivere rispondendo a tutte. Comunque è con vero piacere che ringrazio tutti, le amiche e l’amico che hanno pensato a me abbracciandovi forte come foste qui davanti a me. Ora non avendo troppo tempo in questo periodo per stare seduta davanti al pc, mi sono inventata una nuova regola. Se non andasse bene pagherò la penitenza di non essere più nominata per successivi premi che avrei potuto avere. La nuova regola sarebbe quella di rispondere riducendo le domande a tre per ciascuno per quanto riguarda il liebster award, mentre risponderò a tutte le sette cose su di me per il the versatile blogger. Allora cominciamo col ringraziare la cara amica Veronica, il cui blog htpp/Into the wild.wordpress.com è ricco di spunti, recensioni di film o libri, in due parole semplicemente interessante. L’altra cara amica Antonia il cui blog htpp/Da Sempre Vibra Dentro Amore.wordpress.com è molto piacevole da visitare per una ricca scrittura, intelligente, molto varia. La cara amica Mariarita il cui blog htpp/lapappapronta.wordpress.com è ricco di molteplici ricette da cui attingere per ottime cenette. La cara amica Franca il cui blog htpp/lemieemozioniinimmaginieparole è un viaggio tra foto di Roma, altre città e pensieri che rilassa, emoziona e fa bene al cuore. La cara amica Maria dal cui blog htpp/Non Solo Parole.wordpress.com traspare l’ amore per la sua terra, la Sicilia e per il mare. Il caro amico Antonio il cui blog htpp/ Antonio Tomarchio.wordpress.com rispecchia l’animo interiore un pò triste e malinconico di un poeta le cui poesie val la pena leggere ed apprezzare. Ed ora via a domande e risposte.
Domande di Mariarita
1) Qual’è il tuo più grande pregio?
Sorridere a chiunque incontro
2) Cosa ti fa arrabbiare?
La stupidità della gente e l’essere presuntuosi
3) A cosa non rinunceresti mai?
Se ci fosse la possibilità ( cosa di cui dubito ) alla vita.
Domande di Veronica
1) Come è cambiata la tua vita con il blog?
E’ cambiata molto per quanto riguarda il mio stare davanti ad un computer che non ho mai usato con continuità come faccio invece ora. Per il resto, tutto come prima
2) Sei riuscito a stringere amicizie sincere?
Me lo auguro, anche se dai commenti che mi arrivano avverto in tutti affetto e stima
3) Hai mai scritto un post per aumentare le visite al blog nonostante ritenessi l’argomento banale ma di facile presa sulle masse?
Assolutamente no. Del resto tutto quello che scrivo viene direttamente dal cuore per le poesie e dal mio essere curiosa e interessata a tante cose le più svariate per il resto
Domande di Antonio
1) Ti identifichi con ciò che scrivi?
Sempre
2) Se potessi diventare un animale, cosa saresti?
Un leone, non per sbranare, tranquilli. Ma per dominare dall’alto di una collina. Del resto è il mio segno zodiacale.
3) Ti piacerebbe andare più nel passato o nel futuro?
Fermo restando che il futuro m’incuriosisce mi piacerebbe andare nel passato per vivere a Vienna al tempo di Beethoven e respirare cultura
Domande di Antonia
1) Il ricordo d’infanzia più bello?
In realtà ne ho due: giocare a nascondino dietro i covoni di grano l’estate nel campo coltivato fuori casa mia , e raccogliere ciclamini nei boschi in Veneto sempre d’estate.
2) Tre ” valori”, gambe di uno sgabello , su cui ti siedi ogni giorno?
Rispetto, onestà, altruismo
3) Il primo bacio dove, come, quando?
Ad una festa, tenero, ragazza.
Domande di Franca
1) La canzone preferita?
That’s amore e Quando calienta el sol
2) La parola che più ti piace?
Amore e semplicità
3) Descriviti con un solo aggettivo
Solare, forse simpatica.
A queste domande avevo già risposto ad un precedente Liebster Award ecco il perchè di due risposte, dove la prima era già stata data.
Ora le 7 cose su di me:
1) Mi piace molto andare a teatro
2) Adoro gli animali , forse è una cosa di famiglia visto che mio fratello è veterinario e direttore del bioparco di Roma
3) La montagna è stata per anni il mio regno e anche se per vari motivi ho scoperto anche il mare, la porto sempre nel cuore
4) Detesto i soprusi la malafede l’imbecillità umane
5) M’immedesimo troppo spesso nelle disgrazie altrui soffrendo come se mi riguardassero.
6) A volte mi chiedo perchè troppo spesso in incidenti stradali muoiono non chi li ha provocati ma chi non c’entrava per nulla
7) Adoro l’arte in tutte le sue manifestazioni ma che non siano banali
ED ORA DOPO QUESTA FATICA ( HO LA MANO RATTRAPPITA PER SCRIVERE ) NOMINO VIRTUALMENTE TUTTI COLORO CHE PASSERANNO DAL MIO BLOG OFFRENDO LORO UN GROSSO ABBRACCIO.
LA VOSTRA AMICA ISABELLA
Oggi vorrei parlare di un argomento che mi sta particolarmente a cuore, prendendo spunto dai discorsi molto ”pomposi” ma ripetitivi della signora Boldrini, presidente della Camera e quindi rappresentante delle istituzioni.In ogni suo profferire non sento altro che parlare di ”diritti”.Vorrei ricordare che essi sono in realtà sempre accompagnati dalla parola, non senza senso, ”doveri”.Questi ultimi sono in effetti secondo me, quelli capaci di far diventare un popolo veramente democratico. I doveri indicano sempre un percorso etico di comportamento, laddove, i soli diritti, non servono allo scopo. I ”doveri” al plurale, partono da un”dovere” primario che è il più giusto ed etico di tutti e cioè il rispetto, da cui deriva subito dopo l’educazione. Non è quindi tanto il diritto ad essere rispettati quanto il dovere di rispettare.
Se tutti noi si partisse da questo concetto non esisterebbe prevaricazione nè tantomeno ingiustizia sociale. Non esisterebbe quel disinteresse per l’altro che è alla base dell’invocare sempre
e comunque ”diritti”che ognuno rimarca in situazioni o comportamenti.Non dimentichiamo che il rispetto reciproco fa sì che la maggioranza rispetti sì la minoranza, ma che altrettanto quest’ultima non dimentichi il ”dovere”di rispettare a sua volta la maggioranza. Per concludere ricordo che anche il grande Mazzini parlava dei doveri come qualcosa di utile per una crescita individuale etica e responsabile.