Ho pensato di raccontarvi un pò di Leonardo, quando ho saputo della fiction che sarebbe andata in onda sulla Rai. Non ho avuto modo di finire il post prima del suo inizio, come mi sarebbe piaciuto, per colpa di wordpress e dei suoi complicati nuovi sistemi che mi hanno mandato in tilt. Se non avessi avuto l’ aiuto di Jane del blog lanostracommediajalesh2.wordpress , che non smetterò mai di ringraziare per la sua disponibilità, non sarei certo qui. Comunque spero che il post possa interessarvi . Eccolo. Buona lettura.
L ‘ ANATOMIA
Il corpus dei disegni anatomici di Leonardo, composto di circa duecento fogli, è conservato nella Royal Library di Windsor. Sono disegni di grande interesse e fascino realizzati in un mirabile equilibrio tra arte e scienza All’ osservazione del corpo umano Leonardo si votò con una dedizione tanto straordinaria da suscitare l’ ammirazione dei contemporanei come si ricava dalle parole di Antonio De Beatis che nel 1517 visitò insieme al cardinale d’ Aragona lo studio dell’ ormai anziano Leonardo in Francia :
” Questo gentilhomo ha composto di anatomia tanto particularmente con la dimostrazione della pittura ( … ) di modo non è stato mai fatto ancora da altra persona. Il che abbiamo visto oculatamente et già lui ne disse aver fatta notomia di più di trenta corpi tra maschi e femmine di ogni età. ”
Fino all’inverno del 1507-1508, Leonardo non pratica la dissezione in modo sistematico. A questa data gli si offre la possibilità di approfondire le conoscenze anatomiche direttamente sul cadavere di un vecchio all’ ospedale di Santa Maria Nuova in Firenze, come egli stesso ricorda in una famosa nota :
” Questo vecchio, poche ore prima della sua morte, mi disse di passare i cento anni, e che non si sentiva alcun mancamento nella persona altro che la debolezza, e così standosi a sedere su un letto nell’ Ospedale di Santa Maria Nova di Firenze senz’ altro movimento o segno d’ alcuno accidente passò di questa vita ; ed io ne fece l’ anatomia per vedere la causa di sì dolce morte ( … ) la quale anatomia descrissi assai diligentemente e con gran facilità per essere il vecchio privo di grasso e di umore, il che assai impedisce la cognizione delle parti ” .
A questa esperienza, così centrale nella rinnovata indagine anatomica di Leonardo, perchè fondata sull’ osservazione diretta del cadavere invece che su conoscenze mediche acquisite , segue la pratica dei successivi anni lombardi ( 1510 – 1511 ) quando la frequentazione di Marcantonio della Torre, giovane ma già affermato medico – anatomista in Pavia , dovette stabilire un interessante rapporto di scambio tra i due. Infine si ha notizia di studi anatomici condotti a Roma tre il 1514 e il 1515, nell’ Ospedale di Santo Spirito, interrotti per le accuse di negromanzia dovute alla delazione di un suo assistente tedesco. I risultati di questa indagine decennale, se non decisivi ai fini del progresso della scienza medica, furono sicuramente straordinari nel campo dell’ illustrazione anatomica, fino a quel momento ancora rozza e approssimativa. Leonardo si propose di redigere , a similitudine della Cosmografia di TOLOMEO, , un ” atlante anatomico ” composto da diverse tavole che raccogliessero la sua esperienza su vari cadaveri, in modo da fornire uno strumento utile e chiaro, ancor più della pratica anatomica diretta. Come si può ben intendere dalla seguente orgogliosa rivendicazione, straordinario esempio di prosa scientifica ad alto livello, oltre che testimonianza delle difficoltà, spesso repellenti, alle quali Leonardo si sottopose per amore della conoscenza :
” E tu che dici esser meglio veder fare l ‘ anatomia che vedere tali disegni, diresti bene se fosse possibile vedere in una sola figura tutte le cose che nei disegni si mostrano ; ma con tutto il tuo ingegno in questa non vedrai e non avrai notizia se non d’ alquante poche vene ( … ). E un sol corpo non bastava a tanto tempo che bisognava procedere di mano in mano con tanti corpi per avere completa cognizione, la qual cosa feci due volte per vedere le differenze ( … ) E se tu avrai l’ amore a tal cosa, tu sarai forse impedito dallo stomaco , e se questo non ti impedisce tu sarai forse impedito dalla paura di abitare in tempi notturni in compagnia di tali morti squartati e scorticati e spaventevoli a vedersi ; e se questo non t’impedisce forse ti mancherà il buon disegno, che si addice a tale figurazione ; o, se avrai il disegno , non sarà accompagnato dalla prospettiva ; e, se lo sarà, ti mancherà l’ ordine della dimostrazione geometrica, o il calcolo delle forze e della potenza dei muscoli ; o forse ti mancherà la pazienza ; così che tu non sarai diligente. Se tutte queste cose sono state in me o no, i centoventi libri ( capitoli ) da me composti ne daranno sentenza, nei quali non sono stato impedito nè da avarizia o negligenza ma solo dal tempo. Vale .”
Spaccato di una testa umana ( 1493 – 1494 circa ) Windsor, Royal Library ( RL12603r ; K/P32r )
I primi veri studi anatomici di Leonardo risalgono agli anni 1487 – 1493, quando si trovava a Milano. Si tratta di esplorazioni del cranio ( reso nei disegni con straordinaria accuratezza, anche prospettica ) attraverso le quali Leonardo si proponeva di scoprire il luogo d’ incontro di tutti i sensi, o ” senso comune ” ritenuto tra l’ altro sede dell’ anima.
Egli considera la testa, soprattutto il suo contenuto come ” la scatola delle magnificenze ” che definisce “il conservamento nascosto delli sensi umani che s’incontrano collo spirito in questa scatola del mistero”, ed è proprio da qui che tutto ha origine.
Secondo Leonardo il cranio è la casa degli occhi per osservare, delle orecchie per l’ascolto, del naso per assorbire i profumi, della bocca per godere del cibo e per “dir di parola”.
Vedute laterali del cranio ( 1489 circa ) Windsor – Royal Library ( RL19057r ; K/P 43r )
L’ attività di pittore e l’ indagine della natura, fondate sull ‘ osservazione dei fenomeni, dovettero far scattare in lui l’ interesse per il funzionamento dell ‘ occhio quale strumento della vista. Già agli inizi degli anni novanta, Leonardo disegna, seguendo le indicazioni degli autori antichi, i bulbi oculari dai quali i nervi ottici si dipartono per arrivare al cervello. E ancora si dedica, ma con maggiore indipendenza, allo studio della connessione occhio – cervello agli inizi del XVI secolo , disegnando per primo il chiasma, o punto d’ incontro dei nervi ottici.
L’ indagine sui ventricoli del cervello ( non umano ma bovino ), venne in seguito ulteriormente perfezionata da Leonardo attraverso la messa a punto di un’ ingegnosa tecnica scultorea consistente nell’ iniezione di cera fusa che una volta rappresa e liberata dal suo contenitore sarebbe stata in grado di rivelare la forma di quella parte anatomica.
FONTE : LEONARDO Arte e scienza – Giunti
Per non dimenticare comunque quanto la sua pittura sia stata straordinaria anche al di là de
” La Gioconda ” che rimane il suo indiscusso capolavoro, vi lascio qui due suoi dipinti che adoro,
accompagnati da due mie poesie . Spero nel vostro gradimento. Scusate la mia poca presenza ma
è un periodo pieno di impegni purtroppo che mi limita nel tempo a mia disposizione per fare
quello che ahimè mi piacerebbe fare. Vi abbraccio con un abbraccio circolare per non dimenticare
nessuno. Vi penso sempre.
La vostra Isabella

Madonna Benois
Com’ è dolce
e tenero
qui ,
il rapporto
tra
Madre e Figlio.
Come intenso
è lo sguardo
della giovane
Vergine.
C’ è
nell’ insieme
una certa dinamicità,
in quella mano
della Madre
che porge
un piccolo fiore
per trastullo
al Figlio.
Una gioia
traspare
da quel volto
sorridente,
nel vedere
quelle manine
pronte
a far proprie
quelle timide
corolle.
Un dipinto
di sentimento,
d’ infinita dolcezza
interiore.
Isabella Scotti aprile 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633

Leonardo – Ritratto di Ginevra de’ Benci
Ginevra
ti chiamavi,
donna colta
eri.
Qui ,
malinconicamente ,
il tuo sguardo
rivela
come ,
sposata ,
tu non fossi
felice.
Senza gioielli
che ornino
il tuo collo.
Bianco
come porcellana
finissima
il tuo volto.
E i capelli,
quei riccioli
d’ oro
che lo incorniciano,
bastano
a renderti
splendida.
Così lontana,
persa
nei tuoi pensieri,
ti lasci
accogliere
dalle fronde
del ginepro,
quasi
immaginando
una carezza
di vero amore ,
quello
che ti fu
negato ,
quando
fosti data
in sposa
a chi
non amavi.
Isabella Scotti aprile 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Piccola, snella, lineamenti marcati e irregolari, brutti o belli a seconda delle espressioni e della luce, grandi occhi scuri, capelli ricciuti, frangetta sulla fronte alta, voce morbida e bassa, molto duttile, mani bellissime, estremamente autoritaria in scena, vera primadonna- capocomico, padrona dei personaggi drammatici, sempre in cerca di un Pigmalione, Eleonora Duse nasce a Vigevano nel 1858 come figlia d’arte da una di quelle famiglie girovaghe, che fanno del palcoscenico la loro eterna dimora. E’ così che sin da bambina prende confidenza con ciò che rappresenterà per tutta la sua vita, la cosa più importante: il teatro. Nel 1862, a 4 anni, interpreta Cosetta in una versione teatrale de ”I miserabili”. E nel 1878 alcune sue rappresentazioni come la ”Teresa Raquin ” di Emile Zola la faranno conoscere e apprezzare da pubblico e critica. Non esistendo negli anni ottanta una drammaturgia italiana la Duse farà scelte ben precise di repertorio che caratterizzeranno il suo percorso artistico portandola ad una notorietà impensata. I testi francesi di Victorien Sardou e Alessandro Dumas figlio sono i suoi prediletti. E il suo teatro sarà di denuncia di quei valori borghesi fatti di ipocrisia e apparenze.
Dopo il matrimonio con Teobaldo Checchi, attore come lei, la Duse si accompagnerà al più noto Flavio Andò, primo dei suoi spettacolari amori. Seguirà il pittore- scrittore esotico Alessandro Wolkof- Murozof, poi Adolfo De Bosis, Marco Praga, quindi il tranquillo e serio Arrigo Boito, capo riconosciuto della scapigliatura lombarda, che riesce a placare la farraginosa, assetata anima dell’attrice.
Infine, il fatale incontro con Gabriele D’Annunzio.
Saranno i coniugi Scarfoglio- Serao a farli incontrare.
La Duse, maggiore di tre anni, è in quel momento, la ” divina” del teatro nazionale, lui è il poeta per antonomasia, arrivatissimo, viziatissimo, stravagante ( non è forse lui a galoppare nudo per la campagna romana su di un cavallo bianco? )
Una grande passione , la loro, teatral- letteraria- mondana che durerà otto anni, a tutto vantaggio di Gabriele, che tra le tante cose riesce a trasmettere ad Eleonora anche il suo gusto necrofilo nel rapporto amoroso. Il loro rifugio sarà presso Firenze, alla Capponcina, tra l’orribile kitch in cui tutti e due vivono : lui, tra volute d’incenso e teschi fasulli ; lei, tra contorcimenti di mano e furiosi scoppi d’ira per le continue infedeltà del Vate.
Come spesso accade in rapporti d’amore complicati, uno dei due perde ed in questo caso è la Duse a soccombere mentre lui ne trae vantaggio anche a livello economico. E’ lei infatti che contribuisce anche generosamente, al mantenimento di quel lusso sfrenato e assurdo ( i cavalli di lui devono riposare su tappeti Bukara e mangiare ad esempio dentro ciotole di porcellana antica ).
Lei porta anche al successo i lavori teatrali dell’Immaginifico, procurandogli inusitati diritti d’autore. Tutto fa per lui.
Ma arriva la fine di tutto, e quando si lasciano Eleonora ha quarantacinque anni. E’ sfiorita, malata, povera, alle soglie di un disfacimento che lui descrive con impietoso, pessimo gusto, e si chiude allora in un totale e malinconico silenzio.
Tornerà alle scene, circa dieci anni dopo, spinta dal bisogno, braccata dai creditori. L’ex amante non muove un dito per aiutarla, offeso anzi che lei non reciti solo le sue opere, che non gli garantisca abbastanza diritti d’autore.
Il pubblico, curioso e pettegolo come sempre, le tributa nuovo successo, i teatri di tutto il mondo applaudono di nuovo la ”divina”.
Dopo aver chiesto aiuto invano a Mussolini per la creazione di un teatro stabile italiano, Eleonora riparte in tourneè. E’ davvero un’emigrante, come agli inizi. Rifiuta l’aiuto di pochi amici sinceri, quali Praga, Boito, che vede solo come carità.
Malata, stanca, delusa, non è ormai che l’ombra di se stessa, sostenuta solo dalla straordinaria presenza scenica.
Alla fine, il gelido clima di Pittsburg la stronca.
Il suo funerale attraversa l’America, l’Oceano e l’Italia, accompagnato da pietà e rimpianti, ultimo omaggio alla superdonna distrutta dal superuomo, costruiti, entrambi, sugli aspetti più vistosi e morbosi del loro tempo.
Le lettere, inviate da d’Annunzio alla Duse, vengono bruciate per volontà di lei, cosa che il Vate ritiene un’offesa al suo genio. Io, con tutti voi, credo più al gesto nobile di un’amante ferita.
Passate da Barbara ( tuttoilmondoateatro.wordpress.com) potrete leggere stralci di queste lettere .Un carteggio che mette i brividi.
Fonti : Parlami d’amore Mariù- Vita, costume e storia d’Italia tra gli anni venti e quaranta
a cura di Roberto Gervaso
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