”I secoli futuri potranno credere, quando le messi rispunteranno, che popolazioni e città inghiottite giacciono sotto i loro piedi…scomparse in un mare di fuoco?”
PUBLIO PAPINIO STAZIO, poeta latino del I sec. d. C.
”Cadeva della cenere ma non fitta. Mi volsi. Una densa caligine ci sovrastava e, simile a un torrente ci incalzava. Udivo i gemiti delle donne, i gridi dei fanciulli, il clamore degli uomini.”
PLINIO il GIOVANE, scrittore latino del I secolo
Quando si arriva a Napoli, la cosa che colpisce di più lo sguardo, è senza dubbio il Vesuvio. Imponente, silenzioso dal 1944, appare dominatore su di una città che per forza deve con lui convivere. Alto 1282 metri , dal 79 d. C. ad oggi si è risvegliato dal suo sonno ottanta volte, in particolare nel 1631 e nel 1906. Tutta la zona a lui sottostante, è ad alto rischio, per essere il Vesuvio un vulcano ancora attivo e continuamente monitorato. E tutti sanno che l’eruzione in cui sparirono coperte da nubi ardenti e fango, Ercolano e Pompei, fu quella del 79 d. C. In realtà una ricerca dell’Osservatorio Vesuviano- Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia testimonia che un evento ben più grave avvenne nell’antica età del bronzo nel 3780 a. C. , ben 4000 anni prima di Pompei. L’eruzione ebbe effetti devastanti in un’area che si estende fino a 15 chilometri dal vulcano e in tutti i siti considerati sono rimaste le testimonianze di una drammatica fuga: stoviglie abbandonate a terra nelle capanne, e impronte di uomini e animali in fuga. Gli unici resti sono quelli di un uomo e una donna, sepolti dalla cenere in una zona che si trova a circa 17 chilometri dal vulcano. Molti altri morirono per soffocamento. In quella zona vivevano all’epoca dalle 10000 alle 20000 persone, di cui la maggior parte riuscì ad allontanarsi dal vulcano fermo restando che ne morirono sicuramente migliaia. Quando i sopravvissuti tornarono ai villaggi, provarono a ricostruirli, come testimoniano i resti dei pali delle capanne trovati dagli studiosi. Ma i campi sommersi dalla cenere, erano impossibili da coltivare. Di colpo l’intera struttura sociale e agricola dei villaggi venne cancellata e l’intera zona rimase disabitata. ( dal sito : Pompei sepolta) Ora osserviamo un pò la cartina della Campania. La zona intorno al Vesuvio comprende guardando alla sinistra di Napoli, i Campi Flegrei con Bagnoli e Pozzuoli. Essi non sono altro che una parte di un’antica ”caldera” vulcanica del diametro di circa 12 chilometri che eruttò circa 36000 anni fa. Un tempo era la bocca di un cratere e mandava fumi sulfurei. Il poeta Virgilio (I sec. a. C.) ne fece la porta d’ingresso per gl’Inferi e lo stesso Totò vi girò una parte del suo film ” 47 morto che parla”. Poi c’è Napoli, fondata dai Greci circa 26 secoli fa, sopra un letto di ceneri e lave vulcaniche, con il suo spettacolare golfo, su cui si affacciava Ercolano, costruita anch’essa su depositi vulcanici preistorici, ridente cittadina in cui amavano villeggiare i patrizi romani, in ville che guardavano direttamente il mare. Sempre sul golfo si affacciano poi Castellammare di Stabia, Torre Annunziata e le belle Sorrento, Vico Equense e Massa Lubrense. Pompei più all’interno, proprio sotto il Vesuvio, fu fondata probabilmente dagli Osci prima del 430 a. C. ma furono poi i Greci e gli Etruschi a farla grande. Dal 424 al 91 a. C. fu una città sannita per poi cadere sotto l’influenza di Roma. Dunque da una parte Ercolano, con le sue ville, dove la vita dei patrizi romani in villeggiatura scorreva tranquilla, e dall’altra Pompei dove la vita , più laboriosa, si svolgeva tra le botteghe degli artigiani, e dove le case avevano tutte più o meno il proprio ”orto” , vigneto, frutteto in aggiunta al grande giardino. L’amore per il verde portava così ad affrescare pareti e muri divisori con motivi floreali di raffinata bellezza, mentre negli orti si coltivavano anche le ciliegie molto ”in” all’epoca, (un pò il kiwi di oggi ) tanto che chi aveva un ciliegio poteva dirsi molto fortunato. Insomma questo era pressappoco lo scenario di quella lontana mattina del 24 agosto del 79 d. C. Era all’incirca l’una del pomeriggio quando il Vesuvio, il vulcano, si risvegliò improvviso con un tremendo fragore. Durante le 11 ore successive una colonna di fumo, di polveri e lapilli si alzò fino a 20 chilometri d’altezza, oscurando tutto il cielo. Il vento soffiava verso sud-est, e su Pompei caddero pomici, ceneri e frammenti di lava, il cui spessore era dell’ordine di 15 cm/ora. A mezzanotte ceneri e gas lanciati fino alla stratosfera ricaddero sui fianchi del vulcano, formando le ” nubi ardenti”: valanghe impalpabili e letali che corrono alla velocità di trecento chilometri all’ora e arrivano a centinaia di gradi. La prima investì Ercolano, e uccise tutti i suoi abitanti. Alle cinque del 25 agosto cominciò a piovere. Poco dopo le 6 una nuova nube ardente soffocò Pompei. Intanto la pioggia aveva messo in moto un vero e proprio fiume di fango bollente che seppellì l’intera Ercolano. Due città che dopo la distruzione totale scoprirono una nuova vita grazie a scavi archeologici che riportarono alla luce resti di un mondo estremamente ricco ed affascinante. Centocinquanta anni fa Giuseppe Fiorelli (1823-1896) all’epoca direttore proprio degli scavi, colando gesso liquido nelle cavità lasciate dai corpi decomposti all’interno della cinerite indurita, realizzò l’esperimento più clamoroso legato a Pompei. I calchi davano addirittura l’impressione di trovarsi di fronte agli ultimi abitanti, con lo spessore dei loro corpi, nel momento in cui cessavano di vivere. Erano vere e proprie fotografie, che fissavano bocche spalancate, mantelli sulla testa, volti chiusi nelle mani: mamme, bambini, giovani, anziani, animali, sopravvissuti alle prime fasi dell’eruzione e uccisi, dalle masse di vapori calde e letali che si abbatterono sulle città. Subito turisti incuriositi cominciarono ad arrivare per conoscere e vedere da vicino le rovine riportate alla luce. Lord William Hamilton, colto ambasciatore inglese, e sua moglie Emma aprirono la loro residenza napoletana, che divenne il punto di ritrovo di intellettuali anglosassoni, per dar loro la possibilità di assistere ai ” tableau vivant” di Emma ispirati a scene che rivelavano gli scavi, su rilievi, vasellame, affreschi. Winckelmann incontrò invece nel 1765 in Italia il principe Leopoldo III di Analth- Dessau arrivato in compagnia dell’architetto Friedrich Wilhelm von Erdmannsdorff, progettista di giardini, e fece da guida ai due connazionali nel golfo di Napoli. Tutti quei resti fecero una tale impressione sul principe che tornato in patria, fece realizzare un parco culturale a Worlitz, vicino Berlino, che dal 2000 è stato inserito dall’UNESCO nella lista del Patrimonio dell’Umanità. Immersi nel verde, su un ramo del fiume Elba, s’incontrano un lago artificiale sormontato da un piccolo Vesuvio, alcuni cunicoli che evocano le prime scoperte di Ercolano e finiscono in ambienti ricreati come in origine e le rovine di un teatro romano vicino alla ricostruzione della Villa Hamilton a Posillipo. Si può persino assistere ad un’eruzione simulata del vulcano, con luci e fiamme. L’intento del principe era di offrire a tutti i sudditi una passeggiata nel Gartenreich ed entrare così nella casa principesca per un insolito Grand Tour Italico.
fonte: da un articolo ”Memoria per il futuro” di Airone 100, e stralci di un articolo di Maria Ranieri Panetta su ”Il mito di Pompei” tratto da Archeo : Tra Mito e storia- Pompei
Le foto qui sotto riprese dallo stesso articolo su Airone 100 sono : la prima, il vigneto ripristinato in orto di via Nocera a Pompei. La seconda, uno scheletro ben assemblato . La terza, i calchi in gesso di due cadaveri scoperti nell’orto dei fuggiaschi a Pompei.