Cari siori, per non far torto a nissun, ecco qua una golosità tipica veronese delicata, soffice che mi vede sua estimatrice convinta : sua maestà il PANDORO.
Non potevo perciò non parlarne, viste anche le mie origini venete ( pur essendo nata a Roma) e visto che tanti lo preferiscono al panettone. Quindi per giustizia ecco qua qualche notizia a riguardo.
Questo dolce regale ha una storia legata ad aneddoti e leggende, ma l’attuale versione del pandoro risale in verità all’ottocento come evoluzione del ”nadalin’‘ il duecentesco dolce della città di Verona creato per festeggiare il primo Natale della città sotto la signoria della Famiglia della Scala. Rispetto al pandoro vero e proprio, è meno burroso e fragrante, ma più compatto e dolce. Esso è più basso, ma non ha una forma precisa. Molti veronesi sono a lui legati considerandolo come il dolce più legato alle origini e tradizioni della città. Per quanto riguarda invece il nome di ”Pandoro” e alcune delle sue peculiarità, queste risalirebbero ai tempi della Repubblica Veneziana ( prospera nel Rinascimento fino all’esibizionismo, grazie al commercio con l’Oriente), dove sembra tra l’offerta di cibi ricoperti con sottili foglie d’oro zecchino, ci fosse anche un dolce a forma conica chiamato ”Pan de oro”.
Un’altra storia assegna la maternità del pandoro alla famosa brioche francese, che per secoli ha rappresentato il dessert della Corte dei Dogi.
In ogni caso c’è una data che sancisce ufficialmente la nascita del pandoro,ed è il 14 ottobre del 1884, giorno in cui Domenico Melegatti depositò all’ufficio brevetti, un dolce dall’impasto morbido e dal caratteristico stampo di cottura con forma di stella troncoconica a otto punte, opera dell’artista Dall’Oca Bianca, pittore impressionista.
Ed ora correte tutti a mangiare ciò che è rimasto di questi dolci natalizi, e mi raccomando non dimenticate di aggiungere al presepe i Re Magi. Sono lungo la strada seguendo la stella cometa per arrivare e adorare il ”piccolo” ( ma Grande ) appena nato.
fonte: Sale e Pepe. Wikipendia
Dedicato all’amico Giancarlo ( blog Vivere per Amare)
Nell’ antico calendario romano, Giugno era il quarto mese. Ovidio afferma che a questo mese è stato dato il nome in onore di Giunone, altri scrittori collegano il termine col consolato di Giunio Bruto. Tuttavia si tratta probabilmente di un riferimento all’agricoltura e in origine indicava il mese in cui crescono e maturano le messi. Gli Anglosassoni lo chiamavano ”il mese asciutto”, ma anche il ”mese di mezza estate”, per contraddistinguerlo da Luglio, ”il primo mese caldo”. In giugno cade il solstizio d’estate.
Enciclopedia britannica
Detti del mese
”Giugno piovoso porta messe copiosa”
” Giugno umido e piuttosto caldo al contadino non porta danno”
”Foschia in maggio e caldo in giugno di preoccuparsi non c’è bisogno”
”L’11 giugno San Barnaba porta giorno lungo e notte corta”
”A San Barnaba è bene cominciare il primo fieno a falciare”
”Di giugno, falce in pugno” ( suggerito da Gina http://sonoqui.wordpress.com )
L’angolo della poesia
Fugge maggio,
per far posto
al regale Giugno.
Ed eccolo alfine.
Pieno
della sua luce
dorata,
a portar letizia
e gioia.
I raggi del sole
si fan strada
tra le fronde.
Spighe di grano
ondeggiano
al vento e
lucciole di sera
s’illuminano d’incanto.
Eccolo Giugno,
arriva tionfante
accompagnato
dal canto degli uccelli
e si siede
sul suo trono,
tramutando
in oro lucente
le spente messi
della nostra terra.
Isabella Scotti
Poi i giunchi verdi, così smaltati e verdi,
I giunchi sussurreranno, frusceranno, fremeranno,
E sulla fluttuante foschia giungerà, ingioiellata,
E ricca più d’una regina, la libellula dagli occhi di giada
E si librerà sui fiori…aerea creatura;
Piccoli arcobaleni si rifletteranno sulle sue ali.
Jean Ingelow
Scintillante per lo splendore della rugiada
L’erica si perde nel mare di verde
Scott
”Il nome di questo mese deriva da una parola greca che significa ”apertura”. In molti paesi d’Europa il primo aprile, è da tempo, il giorno dedicato alle usanze scherzose, delle quali però ancora non si conosce con certezza l’origine. In Inghilterra questo è detto il giorno dello ”scherzo d’aprile”. In Scozia si dice che è il giorno della ”caccia al merlo”, mentre in Francia come in Italia è il giorno del ”pesce d’aprile”.
DETTI DEL MESE
”In Aprile il tempo piange e ride insieme”
”Quando in Aprile il corno suona per il fieno e per il grano è stagione buona”
”In Aprile un’alluvione porta via la rana e i suoi ranocchietti”
L’angolo della poesia
ALLA PRIMULA
Di tutte le gioie della primavera la più bella è
Di nuovo bere il tuo respiro,
o più fresco dei fiori.
La campanula illumina la macchia
Il ranuncolo copre la valle,
Ma la tua franca bellezza sovrasta
Nei campi aperti
L’erba novella, per aprirsi al bacio
Del sole, del vento, e della pioggia
Donando l’essenza di primavera con quelle gocce rosse
Che tinsero il seno di Imogene.
Cosparsa di lentiggini sei come la fanciulla
che s’inginocchia e strappa
il tuo stelo robusto;
E si riempie dell’oro tuo puro
Il grembo dal niveo grembiule,
Bianco tesoro di ricchezza non detta,
E abilmente raccoglie
In ampia profusione
Un globo regale
E per scettro si prende
Quel fiore che più alta la testa tiene
Nell’orgogliosa forza della linfa d’Aprile.
Mio primo amore tra i fiori, com’è bello
Posar la faccia bruciata dal sole
Su un’erba così ricca,
Da fare smorta la parola ”verde”,
E stringer in un solo abbraccio
Le teste raggruppate dei fiori da me colti,
E baciare le pure
Calde labbra di quelle adunate sorelle,
O nel mezzo del loro dorato rossore,
Racchiudere
L’aureo rossore di una primula regina
Che regnò solitaria in altezzosa grazia.
Alfred Hayes
Dedicata alla cara amica Primula
PASSEGGIATA
Fermiamoci là
accanto alle ginestre in fiore.
Voglio
sentirne il profumo.
Poi
continueremo
lungo quel sentiero
tenendoci per mano,
ma in silenzio,
lasciando che siano
i nostri cuori
a parlare,
finchè,
estraniati dal mondo
le nostre labbra
tremanti,
si uniranno
in un dolce
tenero bacio.
Isabella Scotti
UN CANTO DI SALUTO
Venite avanti, fiori ! -sulla collina e sul prato,
Un soffio di dolezza gioca col mare
E tra i sorrisi e le lacrime della tenera primavera,
Su rami gocciolanti ho sentito il tordo cantare:
Voi calici e stelle che coprite la bella verde campagna,
Voi ali d’oro che le spinose ginestre procurano,
Voi malinconiche campanule nate per feste purpuree,
Voi biancolattee gemme di biancospino dell’ammantante rovo,
Voi gemme di viola e gemme di zaffiro blu,
Languidi, avvampanti anemoni e timida combriccola d’elfi
D’ogni muro diroccato- venite fuori ! – e gettate,
Intorno a me spargete la vostra primavera, mentre io canto.
E. M. Holden
Che finalmente la primavera ci sorrida regalandoci giornate piene di sole. Un abbraccio a tutti coloro che passeranno di qua.