Le nuvole. Belle, di un candore immacolato, vanno e vengono, evanescenti, inafferrabili, perennemente mutevoli. E osservarle con il naso all’insù può stimolare in qualcuno un interesse maggiore che non sia solo legato ad un aspetto poetico quanto per indagare gli enigmi della natura .Ed infatti si occuparono di esse già Aristotele e Cartesio, grandi filosofi. Ma fu nella metà del Seicento che si avviò il primo progetto mondiale di studio sul clima. E ciò avvenne nel Granducato di Toscana. Qui governava Federico II de’ Medici, uomo dai molteplici interessi scientifici, il quale fece installare una dozzina di stazioni metereologiche, sistemate in vari osservatori astronomici, a partire dai suoi territori fino all’Europa centrale. Gli operatori all’interno, compilavano una tabella prestabilita rilevando temperatura, pressione, venti, umidità, visibilità e poi la inviavano a Firenze. La coraggiosa operazione andò avanti per tredici anni fino al 1667, quando insormontabili difficoltà di comunicazione, misero fine all’ambizioso progetto. Da quel tentativo tuttavia emergeva la necessità di avere dei riferimenti precisi riguardo i comportamenti della meteorologia. Impresa non facile che vide una passione naturale portare il giovane britannico Luke Howard (1772- 1864) a occuparsene partendo dall’aspetto più seducente del cielo, le nubi appunto. Raccontava di essere stato folgorato, ancora undicenne, dall’estate del 1783 quando a causa di due grandi eruzioni vulcaniche in Islanda e in Giappone, la volta celeste offriva spettacoli e colori indimenticabili. Figlio di un farmacista, anche lui si avviava allo stesso mestiere, ma scrutando e prendendo appunti quasi ossessivamente tutti i giorni sulle formazioni nuvolose che solcavano l’orizzonte, per cercare di distinguerle, scoprirne anche i loro meccanismi. Alla fine del Settecento l’Europa, scossa dalla rivoluzione francese, aveva innescato cambiamenti politici rilevanti accendendo anche interessi sociali e culturali verso la comprensione della natura prima inesistenti. I cittadini londinesi animavano la città in modo particolare dando vita e frequentando incontri dove si spiegavano gli enigmi della scienza. Ed era in Lombard Street che la Società Askesiana fondata da un gruppo di giovani quaccheri organizzava nel dicembre 1802 un incontro nel quale Luke Howard presentava le sue idee elaborate sulle nubi a lungo inseguite. Tra gli ascoltatori c’era Alexander Tilloch , editore di Philosophical Magazine, la più nota rivista scientifica inglese del momento. Impressionato dalle nuove e precisi descrizioni decideva di pubblicarle con il titolo ” Sulle modificazioni delle nubi. ” Scriveva Howard : ”Per consentire ai meteorologi di applicare lo strumento dell’analisi all’esperienza altrui, può forse essere opportuno introdurre una nomenclatura metodologica applicabile alle diverse forme di acqua sospesa( nell’atmosfera) , ovvero alla modificazione delle nubi.” E definiva tre tipi, Cirrus, Cumulus e Stratus ai quali poi aggiunse Nimbus. La semplice illustrazione delle mutevoli forme nuvolose veniva bene accettata non soltanto in Inghilterra ma anche in Europa grazie all’uso del latino, un linguaggio noto e comprensibile nei vari Paesi. In secondo luogo Howard si era adeguato al clima di ordinamento della natura inaugurato dal medico e botanico svedese Carl Linneo che aveva classificato scientificamente gli organismi viventi, piante e animali. Un criterio ben diverso aveva invece adottato in un tentativo analogo l’illustre contemporaneo e naturalista francese Jean – Baptiste de Lamarck, già noto e discusso autore di una prima teoria sull’evoluzione . Ma avendo fatto l’errore di utilizzare termini francesi questo affogò definitivamente il suo tentativo. La nomenclatura di Howard invece, si diffondeva rapidamente diventando anche un fenomeno culturale. Il grande letterato Goethe ne rimaneva tanto colpito da scrivere versi dedicati proprio ad Howard. Celebri uomini d’arte come i pittori romantici John Constable e William Turner guardavano e riproducevano il fascino misterioso delle nubi nei loro dipinti e il critico d’arte John Ruskin adottava la nomenclatura nell’esame dei quadri. In questo modo Luke Howard con ”l’invenzione delle nubi” diventerà il ”padre della meteorologia” e i suoi termini latini arricchiti da successive variazioni compaiono ancora oggi nelle carte dei meteorologi. E i venti ? Come si arrivò a studiarli ? Nel 1880 il capitano William Scoresby usava già le nuove tavole navigando sulla baleniera Resolution ma lamentava l’assenza di una valutazione simile per i venti dai quali il mare dipendeva. E tentava, senza successo, la composizione di una scala. In realtà anche un altro comandante, Francis Beaufort (1772- 1864) era impegnato sullo stesso fronte e dal 1806 aveva compilato una classificazione che iniziò ad usare nel suo viaggio in Sud America per delineare l’idrografia del Rio della Plata. Contava 14 gradi di forza del vento tra calma e tempesta, passando per brezza leggera, brezza fresca e vento moderato stabile. Il suo sforzo però, arriverà a compimento quando riuscirà a integrare i vari tentativi elaborati a partire dalla metà del Settecento, per i venti sulla terra e sul mare collegando la loro forza agli effetti sugli oggetti. A tal fine si era, ad esempio , considerata la pressione esercitata sulle pale dei mulini a vento. L’accettazione della sua proposta si rivelava comunque difficile, e soltanto nel 1829 quando sarà eletto idrografo della Marina, riuscirà a promuoverla con efficacia. Tra i primi ad adottarla , per suo ordine,ci fu il capitano Robert Fitzroy comandante del brigantino Beagle. I due nomi segneranno la storia della scienza, perchè, proprio Beaufort, fece da intermediario all’Ammiragliato sostenendo l’opportunità d’imbarcare sul brigantino il giovane naturalista Charles Darwin. Dal lungo viaggio nacque la scoperta dell’evoluzione descritta nella ”Origine della specie” la cui pubblicazione irritò Fitzroy fanatico antievoluzionista. L’impegno di Beaufort sarà premiato nel 1838 quando la Marina britannica adottò ufficialmente la sua scala imponendola su ogni bastimento. Intanto, dalla sua posizione, dirigeva numerose esplorazioni: da quella di John Franklin in Artico per cercare il passaggio a nord-ovest, alla spedizione di James Clark Ross per la misurazione del magnetismo terrestre. Non a caso con il suo nome veniva battezzato il Mare di Beaufort nell’Oceano Artico e l’isola di Beaufort nell’oceano Antartico. Così agli inizi dell’Ottocento, nel secolo del positivismo scientifico, le nubi e i venti avevano trovato i loro misuratori.
Se darete un’occhiata a questo link vi tufferete nella pittura di John Constable rimanendone piacevolmente colpiti come è successo a me.
fonte da un articolo di Giovanni Caprara su Sette 12-07-2013