A Lipsia esiste un manoscritto del XV secolo dove si legge la parola ” sinfonia ” sopra un brano ” per tuba ed altri strumenti armonici ”. La stessa parola dopo questa prima volta, si ritrova in Luca Marenzio, uno dei più famosi compositori della sua epoca, definito ” il dolcissimo cigno italiano ”.
da Wikipedia
Egli chiama ” sinfonie ” alcuni intermezzi strumentali inseriti in opere vocali, apparse nel 1589. Anche altri maestri del XVII secolo usarono tale parola per indicare composizioni musicali. Ad esempio Salomone Rossi , che si autodefiniva l’ ebreo , e di cui nulla sappiamo se non del periodo in cui servì come violinista alla corte di Mantova dal 1587 al 1628 , pubblicò nel 1607 un volume di composizioni strumentali che chiamò ” Sinfonie e Gagliarde ”. Il significato di questo secondo termine è chiaro : così si chiama una danza, detta anche ” gaillarde ”, per lo più allegra che nella suite seguiva una danza in tono molto solenne o una pavana ( La pavana è una danza di corte in metro binario e di andamento moderato, che sostituì nel primo quarto del XVI secolo la bassadanza e che ebbe il suo periodo di splendore nel XVI e XVII secolo e anche nel XVIII secolo. La pavana è la danza aristocratica per eccellenza e trionfa in tutte le corti italiane ed europee: si tratta di una sorta di passeggiata cerimoniale, cui è affidata l’apertura di ogni ballo di corte e può persino accompagnare l’ingresso della sposa in chiesa. WIKIPEDIA )
Comunque il concetto di ” sinfonia ” si identifica ancora con quello di semplice brano strumentale. Si tratta di brani che vengono catalogati come antenati della ” sonata ” . In seguito dal punto di vista formale esse avranno molte cose in comune ma già dai loro albori sono quindi strettamente legate.
Contemporaneo di Rossi, fu Biagio Marini. – ( Compositore e violinista, nato a Brescia prima del 1597, morto a Venezia nel 1665. Probabilmente allievo di C. Monteverdi, fu, dal 1615 al 1618, violinista della cappella di San Marco. Nel 1620 è a Brescia, alla chiesa di S. Eufemia, nel 1622 alla corte di Parma e dal 1623 al 1645 al servizio del conte Palatino di Neuburg e Düsseldorf, nel quale tempo gli vengono largite lettere di nobiltà e la dignità di consigliere di camera. Più tardi lo troviamo a Ferrara e a Milano. È il primo violinista che si sia fatto un nome anche quale compositore di musica strumentale da camera. Si deve a lui la più antica Sonata “a violino solo” (pubblicata nel 1617), nella quale il violino è trattato polifonicamente e non ha bisogno di uno strumento accompagnatore. di Fausto Torrefranca – Enciclopedia Italiana (1934) )
Svolse la sua attività presso corti principesche italiane e tedesche e può forse essere designato come il primo virtuoso di violino e autore di musiche per tale strumento. Il suo ” opus I ” del 1617, include una ” sinfonia breve ” e il suo secondo lavoro porta il titolo di ” Madrigali e Sinfonie” , il che vuol dire semplicemente che trattasi di brani in parte vocali e in parte strumentali. Nella storia degli albori della sinfonia, si potrebbe anche includere ” le Sinfonie Ecclesiastiche ” del celebre Adriano Banchieri .
” Il compositore teorico e letterato Adriano Banchieri nacque a Bologna nel 1568.
Fattosi monaco olivetano, si dedicò assiduamente allo studio della teoria musicale e delle liriche, introducendo l’uso delle stanghette divisorie delle battute musicali nelle partiture di composizioni vocali e inventando, insieme con Orazio Vecchi, il cosiddetto “madrigale drammatico”, su soggetti comici.
Fu organista a Lucca e fondatore dell’Accademia dei Floridi. Fra i suoi trattati teorici vanno ricordate le Conclusioni, un’analisi degli strumenti, del tipo di musica e del ruolo dei musici nel suo tempo, e l’Organo suonarino, del 1605.
Tra i ‘madrigali drammatici’ risaltano invece Il festino della sera del giovedì grasso (1609), La pazzia senile (1598) e La saviezza giovanile (1607).
Per quanto riguarda la musica sacra da lui composta, sono giunti fino a noi i Concerti Ecclesiastici (1595) e una Messa solenne (1599) a 8 voci.
Da un punto di vista strettamente letterario di Banchieri è famoso il Cacasenno, in seguito aggiunto al Bertoldo e Bertoldino di Giulio Cesare Croce.
Morì a Bologna nel 1634. ”
Note biografiche a cura di Maria Agostinelli. ( http://www.liberliber.it )
Ascoltando le ‘‘ Sinfonie ecclesiastiche ”, constatiamo come nell’accezione dell’epoca il significato della parola ” sinfonia ” fosse più o meno quello di ” pezzo per strumenti ” ; nello stesso senso erano usati i termini ” sonata ” e ” toccata ”, entrambi di identica origine, perché sia l’uno che l’altro termine stanno a significare semplicemente ” brano da suonare ” e quindi musica strumentale, contrapposta a ” cantata ”, cioè musica vocale. A tale proposito va notato che i compositori italiani d’ opera del XIX secolo, Rossini, Donizetti, Bellini e perfino Verdi , chiamavano sempre e comunque sinfonie i brani introduttivi dei loro lavori teatrali ( che altrove da lungo tempo erano definiti ouvertures o Vorspiele ) e ciò in un periodo in cui tale parola aveva ormai acquistato nella morfologia musicale, un ben preciso significato.
La sinfonia, quale oggi la intendiamo, andò prendendo forma solo intorno ala metà del XVIII secolo. Coloro che per primi se ne servirono sono quasi sconosciuti al grande pubblico e di essi si occupano ormai solo gli studiosi. Ben presto però si formò quella che si potrebbe definire la prima ” generazione di classici ”, i primi cioè compiuti creatori : Haydn e Mozart, con mezzi incredibilmente poveri, costruirono un nuovo edificio sonoro. In poche decine d’anni si giunse al titano che mandò in frantumi le norme da poco stabilite, per trasformare in musica le esperienze del proprio cuore : Beethoven, di cui racconto qualcosina in altri miei post. Poco dopo Schubert , un giovane del tutto inadatto alla vita, solo e senza appoggi, saprà trasfondere nelle sue melodie i dolori ineffabili e le lacrime non piante.
A questo punto la sinfonia diviene specchio del periodo romantico, del secolo XIX, col quale giungerà a termine un lungo periodo storico : sorgerà una nuova era, i cui principi, la cui tecnica, il cui spirito di collettivismo, il cui materialismo apriranno orizzonti assolutamente nuovi al regno dell’arte.
La sinfonia, riflette gli slanci romantici, i dissidi dell’anima, la profonda fede e il tacito dolore; canta il primitivo contatto con la natura e innalza lo spirito verso mistiche altezze. Essa sviluppa l’ antica aspirazione ad una forma chiara, quasi classica, in se stessa valida, introducendo anche parti descrittive, programmatiche, pittoriche.
Fonte – Storia della musica La Sinfonia – Kurt Pahlen
Nella mia mania di scrivere e annotare citazioni prese in giro, leggendo qua e là, ho annotato anche questo che ora vi propongo e che mi è tornato in mente riflettendo un pò su notizie che troppo spesso mi lasciano senza parole. Spesso infatti mi capita ricordare scritti o frasi che mi hanno così colpito da farmeli copiare su di un quaderno , ( ognuno ha le sue manie ), e notare come a volte si adattino benissimo a momenti particolari o eventi tristi come, penso, in questo caso, l’incidente cioè di quel ragazzo che ha messo fine alla vita di altri quattro ragazzi. Mi scuso anticipatamente per non poter specificare da dove ho ripreso quello che scriverò perchè francamente non l’ho riportato trascrivendolo.
In un suo discorso nel 2010, Benedetto XVI, ora Papa benemerito, sottolineava: ” In Mozart ogni cosa è in perfetta armonia, ogni nota, ogni frase musicale è così e non potrebbe essere altrimenti; anche gli opposti sono riconciliati e la mozart’sche Heiterkeit, la ‘serenità mozartiana”, avvolge tutto, in ogni momento.
E’ un dono questo della Grazia di Dio, ma è anche il frutto della viva fede di Mozart, che- specie nella sua musica sacra, riesce a far trasparire la luminosa risposta dell’Amore divino, che dona speranza, anche quando la vita umana è lacerata dalla sofferenza e dalla morte.”
Benedetto XVI citava poi l’ultima commovente lettera scritta il 4 aprile 1787 da Mozart al padre morente:
”…da qualche anno sono entrato in tanta familiarità con quest’amica sincera e carissima dell’uomo ( la morte), che la sua immagine non solo non ha per me più nulla di terrificante, ma mi appare addirittura tranquillizzante e consolante! E ringrazio il mio Dio di avermi concesso la fortuna di avere l’opportunità di riconoscere in essa la chiave della nostra felicità. Non vado mai a letto senza pensare che l’indomani forse non ci sarò più. Eppure nessuno tra tutti coloro che mi conoscono potrà dire che in compagnia io sia triste o di cattivo umore. E di questa fortuna ringrazio ogni giorno il mio Creatore e l’auguro di tutto cuore a ognuno dei miei simili.”
Ecco ho voluto scrivere questo post per tutti quei ragazzi che sprecano la loro vita inutilmente , e sono tanti, troppi, convinti di potersi permettere qualunque eccesso, mettendo in risalto quella frase evidenziata in nero, del grande Mozart, dedicandola in particolare a chi beve mettendosi poi alla guida di macchine veloci compiendo stragi e a tutti coloro che non riflettono sul fatto che la vita è una sola e mai più avremo la possibilità di ri-viverla. Adoro la musica di Mozart ma l’ho sempre adorato anche per ciò in cui credeva.
Gustatevi ora il suo ” Requiem” nella splendida direzione di Herbert Von Karayan
Beethoven si trovava molto bene a Bonn, stimato e benvoluto dallo stesso principe Massimiliano Francesco, protettore entusiasta della cultura. Ma aveva un sogno : andare a Vienna ed incontrare Mozart ormai diventato un grande, per farsi da lui ascoltare al pianoforte. Così nel febbraio del 1787 a 17 anni dopo aver ottenuto il consenso per il viaggio, partì. Quell’inverno era particolarmente rigido e Beethoven imbacuccato in una pelliccia, viaggiava in una diligenza, facendo tappa in fumose locande. Fu un viaggio lunghissimo, che durò quasi un mese attraverso un paesaggio di guerra: le armate della nuova Repubblica di Francia si battevano alla conquista dell’Europa un pò dovunque. Ma Vienna in quel periodo era una città straordinariamente affascinante, ed era una tangibile espressione della civiltà del Centro Europa di quel periodo. Vi si coltivavano tutte le arti ma la musica, specialmente quella italiana, teneva il primo posto ed infatti da qualche decennio la capitale austriaca era uno dei centri principali della vita musicale europea. L’imperatore aveva fondato il Teatro Nazionale, la corte imperiale aveva la sua orchestra e nelle case patrizie vivevano artisti a stipendio fisso. Per le strade si suonavano persino gli organini. Insomma si respirava un’aria festosa e civile. Sul finire del Settecento Vienna aperta alle correnti culturali d’Europa, aveva però perso la propria personalità artistica . La musica italiana predominava, e gli stessi Haendel, Haydn, Mozart erano scesi in Italia per perfezionarsi e portare lo stile italiano a Vienna. Ma quest’ultima con la costanza dei mecenati e la genialità di vari artisti cercava di riacquistare le posizioni perdute. Si deve quindi proprio a Beethoven se la musica tedesca tornò ad essere se stessa, originale e drammatica. Alla fine del Settecento la musica non era più patrimonio esclusivo delle potenti case aristocratiche, digradando verso gli strati sociali inferiori. Si faceva musica nelle pubbliche accademie, nei teatri gremiti di popolo. E Beethoven era ben contento di fare musica per tutti. Prima che per lui però i viennesi erano interessati alla musica e ancor più alla tecnica di pianisti quale Wolfl e Hummel, con i quali il nostro si misurerà in gara per vedere tra i tre chi fosse il migliore. Comunque la prima vittoria di Beethoven avverrà il 29 maggio 1795 quando suonerà al Burgtheater, a favore delle vedove della Società degli Artisti, il suo Concerto n.2 per piano e orchestra. Era una musica nuova, profonda, una musica di ”rottura” diremmo oggi. I viennesi applaudirono soddisfatti preparando così l’ascesa al grande compositore. Tornando però all’epoca in cui diciassettenne arrivò in città , Beethoven riuscì ad essere ricevuto da Wolfang Amadeus Mozart, realizzando finalmente il suo sogno. Mozart aveva allora trentuno anni ( morirà nel 1791 trentacinquenne) ed era l’idolo d’Europa. Nonostante l’emozione il nostro improvvisò con maestria, ma Mozart ebbe il sospetto che quel tedeschino avesse imparato il pezzo a memoria. Beethoven s’ accorse della sua diffidenza, e ottenuta una seconda audizione chiese che fosse lo stesso Maestro ad affidargli un tema da sviluppare. Così avvenne. Improvvisò con magnifica bravura una serie di variazioni al tema tanto che Mozart, sinceramente ammirato, disse ai presenti : ” Questo ragazzo farà parlare il mondo di sè”. E lo accettò come allievo pur non suonando mai in sua presenza, com’ebbe a dire lo stesso Beethoven.
fonte: ”I grandi di tutti i tempi” Beethoven periodici Mondadori http://www.viaggio-in-austria.it/vienna-bernardo-bellotto.htm
Aprendo questo link troverete immagini di Vienna nel Settecento riprese e dipinte da Bernardo Bellotto pittore italiano.
Cari amici non mantengo le promesse. Sono già qui. Semplicemente però perchè sono commossa e quindi voglio condividere con voi questo mio stato d’animo. Ieri sera sono stata ad un concerto di Natale tenuto da due corali differenti dove cantava anche una nostra amica ungherese. Hanno presentato vari pezzi di repertorio classico oltre quelli tradizionali, sempre belli, natalizi. Varie volte ho ascoltato il ”Messiah HWV 56” di Handel ma stasera mi sono molto emozionata, forse complice la voce della soprano che ha cantato il ”Rejoice” con molto vigore, e allo stesso modo ascoltando ”un’Ave Maria” di Pietro Mascagni. La musica classica ha sempre esercitato su di me una specie d’ipnosi, una partecipazione talmente emotiva da procurarmi talvolta il pianto. Certi pezzi potenti come ad esempio il ”Messiah” di Handel mi prendono totalmente , ma debbo dire che l’Ave Maria di Mascagni, intermezzo sinfonico nella ”Cavalleria Rusticana”, opera ”verista” che adoro, mi è piaciuta moltissimo. Comunque ora vorrei parlarvi un attimo del pezzo di Handel.
Il ” Messiah” è un oratorio composto in inglese nel 1741, quando ormai Handel viveva a Londra già da ventinove anni. Il libretto, tratto dalla Bibbia di Re Giacomo e dai Salmi, fu scritto da Charles Jennens. La prima esecuzione fu a Dublino, il 13 aprile 1742 per poi essere eseguito a Londra l’anno dopo. L’oratorio è la sesta opera di Handel in inglese, dopo che fino al 1730 aveva solo composto opere in italiano. Il ”Messiah” consta di tre parti. La parte I inizia con le profezie di Isaia e di altri sull’avvento di Cristo concludendosi con la sua nascita . Della prima parte è il ”Rejoice greatly, O daughter of zion”. Nella seconda parte abbiamo invece rappresentata la Passione, Resurrezione e Ascensione che si conclude con l’annuncio della buona novella. Alla fine di questa parte seconda si colloca il famoso brano ”Halleluia”. La terza parte tratta del giorno del Giudizio e la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Handel scrisse il”Messiah” in soli 24 giorni e avendo completato il lavoro con la sigla manoscritta SDG ( ”Soli Dei Gloria” e cioè ” A Dio solo sia gloria”), ne nacque la leggenda che avesse composto il brano in seguito ad ispirazione divina e che, mentre scriveva lo spartito dell’Halleluia”, avesse avuto la visione del Paradiso. La partitura originale fu da lui pensata per pochi strumenti e voci, ma dopo la sua morte il lavoro fu adattato per essere eseguito da grandi orchestre e cori maestosi. Lo stesso Mozart partecipò a tale lavoro di adattamento. In epoca moderna si è però tornati ad esecuzioni più vicine alla partitura originale di Handel.
FELIZ NAVIDAD
fonti varie
http://www.youtube.com/watch?v=FcwWl5JBnoU
http://www.youtube.com/watch?v=Q6ziiLE92Zg
Ludwig van Beethoven era nato a Bonn il 17 dicembre 1770, al numero 55 della Bonngasse, in una casa dal soffitto con travi fradice e un giardinetto con edera e vite selvatica. La madre ,donna di umili origini, si chiamava Katherina Kerwerich .Figlia di un cuoco, vedova di un cameriere ,sposò Johann dal quale ebbe otto figli, di cui il primo, Ludwig,. morì quasi appena nato. Il secondo ereditò lo stesso nome del fratello diventando il grande che conosciamo , gli altri furono maschi, Carlo e Giovanni. Gli ultimi tre, una femmina e due maschi morirono giovani. Ora la madre, fu per Beethoven, colei che con la sua dolcezza rese i modi rozzi e pesanti del padre più sopportabili e all’interno della famiglia fece sempre in modo che tutti portassero rispetto a quell’uomo balzano e squattrinato. Bonn era allora una borgata di ottomila abitanti, importante sede episcopale, dominata da una cattedrale romanica maestosa come una fortezza, bagnata dal Reno, ingentilita da un romantico paesaggio di colline. In questa città, aperta alla cultura, il 26 maggio 1778 Ludwig darà il suo primo concerto in pubblico. Aveva otto anni, ma gli inviti ne indicavano due di meno perchè il padre voleva sfruttarlo come bambino prodigio. Bonn fin dal XV secolo era sede del Vescovo di Colonia e dei Principi Elettori, principi del Sacro Romano Impero, ben presto vi fiorirono le arti, vi sorse un’Università illuministica e opere di Mozart, Cimarosa, Voltaire e Schiller erano ben comprese. Ludwig van Beethoven fin da ragazzo aveva un’aria selvaggia: i capelli scomposti sul capo grosso, il corpo massiccio e tarchiato come il nonno. Una fossetta sul lato destro del mento conferiva al volto una curiosa asimmetria. Il suo carattere timido era un tutt’uno con la rettitudine mentre la tristezza si univa al desiderio d’amore. Fece la scuola pubblica elementare, e poi ginnasiale dove imparò un pò di latino, francese e molto bene l’italiano, mentre la matematica non fu da lui mai tanto apprezzata. La musica veniva da lui al contrario capita benissimo. Le crome e le biscrome non avevano segreti per lui, che amava però anche molto passeggiare nel parchi pubblici o giocare nel giardinetto di casa, o lungo il Reno. Le lezioni di musica ( violino e piano )oltre che dal padre le ebbe anche da un lontano parente, certo Francesco Rovantini. Ottimo al pianoforte, non dominò mai appieno la tecnica violinistica mentre considerava l’organo ”sovrano degli strumenti” anche se in realtà non riuscirà mai a suonarlo bene. Il primo vero maestro per Beethoven fu Cristiano Neefe giunto a Bonn nel 1779, che capì subito la grande capacità di Ludwig e che doveva essere seguito ed indirizzato alla musica non con maniere forti (vedi il padre) ma con dolcezza. D’altra parte Ludwig capì che quel maestro sarebbe diventato per lui anche un amico al quale confidarsi. Dopo qualche anno di collaborazione Beethoven potrà iniziare le prime composizioni: tre sonate,nove variazioni, un rondò, un concerto per piano.
fonte: I Grandi di tutti i tempi : Beethoven (periodici Mondadori)