L’anno scorso, il giorno della Befana ( per tradizione il mio giorno ), siamo andati a festeggiare a Matera. Non c’eravamo mai stati e per tutti è stata una bellissima sorpresa . Capitati in un periodo decisamente non felice per freddo e umidità, ci siamo trovati immersi in una città magica complice anche l’atmosfera natalizia. Un luogo che sembra sospeso nell’aria, quasi irreale e noi lì in mezzo a passeggiare. Un viaggio tra la realtà lucana, tra magia e superstizione, tra sacro e profano. Mio figlio ha scattato foto stupende di cui voglio farvi partecipi, soprattutto dedicate, come promesso , all’ amico poeta grottolese Carmelo Caldone. Prima però voglio dedicare a questa città unica e straordinaria, dei ricordi di autori che l’hanno visitata in tempi lontani e nello stesso tempo riportare una piccola descrizione di Vito Mastrogiovanni giornalista, scrittore e commediografo nato a Bari il 27 dicembre 1924 e morto sempre a Bari il 4 marzo del 2009.
”Matera , drammatico gioco di rocce e architetture”
……
I Sassi appaiono come le rovine di Pompei: per le stradine non passa anima viva, nei cortili non echeggiano le grida e i canti dei bimbi, anche le chiese sono abbandonate. Davanti alle grotte cresce ormai l’erba e dai camini non si alza più il fumo del frugale pasto serale ; molte porte sono state murate per evitare il ritorno nelle antiche case. E in questo deserto si possono cogliere odori e colori ricorrenti nel paesaggio materano: per le viuzze, c’è odore di mentuccia, di rosmarino e di origano che crescono spontanee tra pietre e zolle umide. Su tutto domina il colore grigio scuro della gravina, la grande voragine che protegge le tane, e i cui toni danteschi vengono interrotti, nelle alti pareti a strapiombo, dal verde dolce dei cespugli e degli alberelli che spuntano improvvisi, dalle spaccature del calcare. Quando il sole splende, il tufo assume una tenue patina dorata , e il silenzio solare è ravvivato dalla freschezza di qualche pino secolare e dai fichi e dagli aranci che ancora crescono nei solitari giardini pensili, rubati all’arida pietra. Negli incipienti autunni invece, le nebbie calanti dalle alture rivestono il paesaggio di un’impalpabile coltre e trasformano le case, per sempre abbandonate, in elementi scenografici di un presepe grandioso.” da ” Le splendide città d’Italia” ( Selezione dal Reader’s Digest ).
” Matera , così a me cara, sebbene aspra e povera!”.
Sono parole di Giovanni Pascoli che dalla città lucana comincia il suo lungo pellegrinaggio di insegnante. Per lui, Matera restò sempre ”la città del mio primo pane”, la città dei ”cari trogloditi” come chiamava affettuosamente i suoi allievi.
E questa è la descrizione che ne fa nel suo libro ” Cristo si è fermato ad Eboli” Carlo Levi.
”…quando uscii dalla stazione… e mi guardai intorno, cercai invano con gli occhi la città. La città non c’era. Ero su una specie di altopiano deserto… In questo deserto sorgevano, sparsi quà e là, otto o dieci grandi palazzi di marmo… Mi misi finalmente a cercare la città …arrivai ad una strada che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case, e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio è Matera. La forma di quel burrone era strana; come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso in un apice comune…Questi coni rovesciati, questi imbuti, si chiamano Sassi. Hanno la forma con cui, a scuola, immaginavamo l’Inferno di Dante…”.
E adesso via con le foto di mio figlio Andrea.