”Si fa prima la liscia con cenere buona, e si mette un poco di calce viva a giudizio, secondo la quantità di canape che si vuole acconciare. Si leva dal fuoco, lasciandola chiarificare. Si prende poi la canape, e si pesa, e per ogni dieci libre d’essa, vi si pone una libra e mezza di sapone grattato, e si mette a molle, facendola stare per 24 ore nella suddetta liscia ben chiara. Indi si fa bollire per due ore continue, e poi si leva, ponendola ad asciugare all’ombra; ed asciugata ch’è si fa gramolare con ridurla in manellette; e poi si fa conciare ad uso di lino.”
Mostrommi la signora marchesa Fontanelli, dama di costumi antichi, una manella di canape acconciata nella suddetta forma, e talmente spinata che ognuno la prenderà per lino, tanta è la sua sottigliezza, e col colore stesso del lino. Fors’anche merita d’esser stimata più del lino perchè la sua fibra è più forte dell’altra. Hassi in oltre da osservare che i nostri contadini, perchè fuggifatica, tagliando le gambe della canape ve ne lasciano tre o quattro dita sopra la terra. I Bolognesi, siccome più industriosi, la tagliano con ferro apposta sotterra, di modo che guadagnano anche due o tre dita della medesima gamba. Ma in Francia per nulla perdere cavano intera la bacchetta colle radici. Macerata poi che è, e seccata la canape, da noi si usa di romperla con bastoni. Cagione sono queste percosse che si rompano moltissimi filamenti d’essa canape: dal che poi viene una buona perdita, cioè la stoppa, che si ricava in gramolarla. Questa perdita la risparmiano i Francesi, perchè con le dita cominciano dal fondo, frangono le bacchette e sanno tirare intera la falda sino alla cima, con gramolarla poi soavemente. Altre maniere ancora più utili converrebbe apprendere da’ paesi stranieri, dove si fabbrica gran copia di tele o ordinarie o sottili, sì per filar la canape alla rocca o al mulinello, come anche per tessere e imbiancar le tele. Usano per esempio le nostre donne d’avvolgere alla rocca il garzuolo della canape: laddove in Francia si lasciano pendenti dalla rocca le falde, come si fa in filare la lana: e vien meglio il filo. Se il telaio non è ben fermo, sovente si trova non essere uguale in tutti i lati la tela. Per la bozzina le tessitrici nostre usano la crusca. Altro effetto fa il fior di farina, come si pratica in qualche paese d’oltramonti. In somma tutte le arti converrebbe perfezionarle per quanto si può , osservando ne’ vari paesi il meglio delle manifatture. Tali ricerche sono ben più da stimare che le vane speculazioni di certi filosofi, ed anche teologi, imparate le quali nulla s’impara.
da ” Della pubblica felicità oggetto de’ buoni principi”
di Ludovico Antonio Muratori, sacerdote italiano nato a Modena il 21 ottobre 1672. Storico, scrittore, bibliotecario, personaggio molto noto nel panorama intellettuale settecentesco. E’ considerato il padre della storiografia italiana. ( da wikipendia )
Dedicato al caro amico Giovanni Leone : http://giovannileone.wordpress.com//
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