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Ma  sì,  chiamiamolo  così  almeno  una  volta.  Ora   che   i   Re   Magi  son   giunti   a  destinazione   per   adorare   il   ”Bambinello” che   si  manifesta  al  mondo  intero,  chiamiamolo  ”asinello” e   non  ”asino”

”La  notte  della  Befana,  nella  stalla,  parla  l’asino, il  bove,  la  cavalla”.

Dice  così  un  vecchio  proverbio  diffuso  particolarmente  in  Romagna  e  Toscana.  Perchè  secondo  una  credenza  popolare,  è  questo  il  momento  in  cui  l’asino  ha  la  sua  rivincita:  ottiene  per  una  notte  il  dono  della  parola,  e  può  parlare  male  dei  suoi  padroni. Anche  nella  notte  di  Natale  ha  la  sua  importanza  perchè  col  suo  fiato  riscalda  il  piccolo  Gesù.    Ma  al  di  là  di  questi  due  momenti  di  ”gloria”, tutti  gli  altri  giorni  questo  animale  è  un  pò  trattato  male:  comunemente  indicato  come  simbolo  dell’ignoranza,  della  testardaggine,  poco  intelligente  e  passivo.  e  allora  ne  vogliamo  conferma?

Cominciamo…

”Essere  un  asino”,  ”comportarsi  da  asino”,  o  ancora  ”essere  un  asino  calzato  e  vestito”,  ”pezzo  d’asino”,  ”testardo  come  un  asino”,  modi  ingiuriosi  entrati  nel  linguaggio  comune  per  dire  che  una  persona  è  rozza  o  poco  colta.

”Far  come  l’asino  di  Buridano”  si  usa  invece  per  chi  è  un  eterno  indeciso:  un  racconto  attribuito  proprio  a  Buridano,  filosofo  della  prima  metà  del  XIV  secolo,  racconta  di  un  asino  che  non  riusciva  a  decidersi  tra  due  mucchi  di  fieno  posti  alla  stessa  distanza e  proprio  questa  sua  incertezza  sullo  scegliere  quale  dei  due  fosse  il  migliore  come  cibo,  ne  causò  la  morte  per  fame.

Anche  il  modo  di  dire  ”calcio  dell’asino”  ha  radici  nella  letteratura  e  indica  un  atto  vile  di  chi  colpisce  qualcuno  che  non  è  in  grado  di  difendersi. Il  ”detto”  si  rifà  ad  una  favola  di  Esopo,   in  cui  un  asino  diede  un  calcio  ad  un  leone  che  stava  morendo .  E  non  è  tutto:

”Far  credere  che  un  asino  voli”  significa  inventare  cose  impossibili,  del  tutto  astruse.

”Raglio  d’asino  non  giunse  mai  in  cielo”  è  un  proverbio  che  mette  in  guardia:  le  proteste  e  rimostranze  di  una  persona  ignorante  spesso  rimangono  inascoltate.

”Legar  l’asino  dove  vuole  il  padrone”  calza  per  chi  esegue  un  compito  in  modo  passivo  e  non  si  chiede  il  perchè  delle  cose  che  sta  facendo,  non  volendo  avere  fastidi.

Insomma  un  animale  bistrattato  troppo  spesso  anche  insultato  dimenticando  che  la  sua  notevole  pazienza  gli  ha  dato  anche  modo  di  essere  utilizzato  per  il  recupero  di  bimbi  handicappati, o  come  bestia  da  soma.

Allora  ogni  tanto  ricordiamoci  di  lui  e  chiamiamolo,  salutandolo  e  rimettendolo  nello  scatolone  assieme  a   tutte   le   cose  del  presepe  :   ”Ciao  asinello,  ci  vediamo  il  prossimo  anno”.

E  oggi  che  il  Signore  si  è  manifestato  ai  Re  Magi e  al  mondo  intero,  lasciamo  che  entri  nei  nostri  cuori  e  ci  accompagni  per  tutto  il  2015.

Buona   Epifania  a  tutti  e   che  la  Befana  abbia  portato  dolcetti  e  non  carbone.

fonte:   da  un  articolo  di  Ilaria  Pace

Cari  amici  dopo  aver  scritto  in  questo  periodo  moltissimo,  avendo  pronti  altri  due  post  che  pubblicherò  più  in  là,  voglio  prendermi  un  pò  di  riposo  visto  che  incomincia  per  me  un  periodo  molto  impegnativo  che  penso  mi  terrà  un  pò  lontana  da  voi :    periodo   che  mi  vedrà  diventare  la  baby  sitter  di  Arianna.   Se  avrò  tempo  non  mancherò  di  rifarmi  viva.  Vi  abbraccio  tutti  con  forte  simpatia.  Isabella


Di fronte ad episodi di pura follia  rimango esterrefatta. Ho sempre pensato che l’arte , in questo caso parliamo di pittura, riuscisse o perlomeno avesse il potere di riuscire a sensibilizzare anche i cuori più duri. Davanti ad un quadro non puoi rimanere di ghiaccio. L’occhio che osserva con interesse ciò che ha davanti,  vede nel suo insieme  l’opera,  colpito prima di tutto dal soggetto trattato, sia esso ritratto , paesaggio o figure emblematiche, per poi passare, visivamente attratto dal colore, ad analizzare ogni dettaglio di ciò che ivi è rappresentato. Personalmente sono sempre rimasta affascinata di  fronte un quadro di Monet,  di Matisse, di Picasso. La pittura impressionista ( anche se ovviamente è un discorso soggettivo, perchè ciascuno, guardando un quadro, reagisce  con la propria sensibilità) è  probabilmente la  più immediata, forse più di quella di Picasso,  per  il  suo attenersi ad una vita reale  fatta di colori e luce, che dovrebbe, ipoteticamente,risvegliare almeno un minimo interesse.  Dico ipoteticamente, in quanto il caso  che riporta alla follia di cui sopra, smentisce ogni mia convinzione. Può una madre amare così tanto un figlio ladro, autore di un furto al museo di Rotterdam di opere di artisti qui sopra menzionati, capolavori che sono di tutti, per poi, convinta di cancellarne le prove, dare fuoco e ridurre in cenere tali realizzazioni?  Questo è avvenuto. Non c’è stato colore, luce ,paesaggio,volto che abbia in lei stimolato una benchè minima reazione positiva,  quella che non può non risvegliare la vista di un bel quadro. Mi domando cosa avrà provato nel fare una cosa del genere o se avrà potuto versare una lacrima vedendo svanire nel nulla simili capolavori. Non sapremo mai se questa donna sia stata, nel suo gesto, mossa più dall’amore per suo figlio o dall’insensibilità e ignoranza, resta il fatto che il mondo è stato defraudato da  ciò che un’opera d’arte può regalarci ogni volta che ci poniamo di fronte ad essa:  il bello  e l’armonia.