”…Vorrei solo poter scegliere il tempo…
Io vorrei morire a Natale, con il grande albero illuminato
in mezzo alla piazza, mentre la neve cade lenta
su tutta Paperopoli,
ed io la guardo volteggiare nell’aria
in compagnia di Qui e Quo, i miei due fratellini…”
Marcello Mastroianni
da ”Le ultime lune” di Furio Bordon
Ho sempre avuto una predilizione per Marcello Mastroianni. Mi piaceva di lui quel suo essere attore non divo, discreto, garbato, elegante. A volte anche timido, a tratti velatamente malinconico. Si diceva che fosse anche un pigro, sebbene chi l’abbia conosciuto veramente, affermasse il contrario. E lui anzi, in certe occasioni, dava l’impressione di voler rafforzare questa tesi. Come, ad esempio, quando nel 1970 girando a Londra il film ”Leone l’ultimo” di John Boorman, arrivò sul set adagiato dentro una carrozzina spinta da una giovane comparsa. Una carriera la sua costellata da successi sempre crescenti, ricca d’interpretazioni, le più varie. Da quelle più divertenti, caratterizzanti, dei film in coppia con Sofia Loren,, ( ” Peccato che sia una canaglia” di Alessandro Blasetti , ”Ieri, oggi, domani”, ”Matrimonio all’italiana”, ”I girasoli” tutti di De Sica ) a quelle più impegnative diretto da registi del calibro ad esempio di Federico Fellini col quale collaborò interpretando film che appartengono alla storia del cinema ( ”La dolce vita”, ”8 e 1/2” , ” La città delle donne”, ” Ginger e Fred”, ”Intervista” ). E ancora Ettore Scola che lo diresse in quel film secondo me straordinario ”Una giornata particolare”, e tanti altri che per ovvie ragioni non nomino,( non volendo elencare qui tutta la sua filmografia che penso più o meno si conosca e che richiederebbe senza dubbio un altro post ). Non voglio però ignorare la sua importante collaborazione anche con il grande Luchino Visconti. Infatti lo voglio qui ricordare, per far tornare la memoria al fatto, che proprio con lui, iniziò la carriera negli anni cinquanta su di un palcoscenico. Il teatro, sua grande passione. E fu per tornare a questa sua grande passione che interpretò , già avanti con gli anni, uno stanco ed anziano personaggio ne ”Le ultime lune”, un lavoro che la stessa figlia Chiara definì come il suo testamento artistico e spirituale. Il teatro lo aveva affascinato fin da piccolo, quando frequentava assiduamente i teatrini parrocchiali, perchè, sono parole sue,” il grande teatro era caro e riservato ad una elitè ben vestita, che parlava un linguaggio per me incomprensibile”. Ma lui ci arrivò poi, a quel grande teatro, e fu grazie al provvidenziale incontro con Luchino Visconti. Era il 1948 e lo spettacolo era intitolato ”Rosalinda”, elaborazione viscontea di ”Come vi piace” di Shakespeare. Poi arrivò il ruolo di Mitch in ”Un tram che si chiama desiderio” e quello di Pilade nell’Oreste” di Vittorio Alfieri, con Vittorio Gassmann, altro grandissimo , nei panni del protagonista.Tra il 1951 e 1955 quando decollò la sua carriera cinematografica, Mastroianni fu tra i protagonisti della prima messa in scena italiana di ” Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller, della ”Locandiera” di Carlo Goldoni e soprattutto di due lavori di Cechov: le ”Tre sorelle” viscontee, in cui interpretava un collerico Solionij e ”Zio Vania” dov’era Astrov, accanto a Paolo Stoppa, Rina Morelli ed Eleonora Rossi Drago. Sicuramente gli anni di apprendistato in teatro, in particolare la scuola di Luchino Visconti e i suoi insegnamenti ( ”l’attore, rispetto ai propri personaggi, è come la carta assorbente rispetto all’inchiostro, come un pugile rispetto al suo avversario”), contribuirono alla sua maturazione artistica in maniera decisiva. Il teatro rimase sempre un porto al tempo stesso sicuro e stimolante nel quale riparare nei momenti di verifica personale , e fu anche un aiuto importante per progredire nella sua carriera cinematografica. Così ecco ”Partitura incompiuta per pianola meccanica” diretto dal regista russo Nikita Michalkov, lo stesso con cui girò ”Oci Ciornie”. Ed ecco l’esperienza parigina di ”Cin Cin”, sorta di raffinato vaudeville ( genere teatrale francese, commedia leggera ) che metteva a confronto un uomo e una donna non più giovani e desiderosi di sfuggire alla solitudine. Una performance particolarmente apprezzata e coraggiosa, visto che non sono molti gli attori che accettano di recitare in teatro in una lingua che non è la loro, sfidando tutte le sere un pubblico straniero in casa sua. Non riuscì mai ad interpretare invece, malgrado i ripetuti, infruttuosi tentativi di Giorgio Strehler, l”Opera da tre soldi” di Bertold Brecht, perchè troppo impegnato con il cinema. Comunque il teatro si prese un’ultima rivincita, affidandogli ne ”Le ultime lune” scritto da Furio Bordon e messo in scena da Giulio Bosetti, il personaggio di un vecchio professore scaricato in una casa di riposo. Un ruolo interpretato da Mastroianni con un senso di partecipazione totale, quasi a voler rinnegare palesemente il suo modo di fare teatro: ”I personaggi che interpreto sul palcoscenico, più di quelli che porto sul set,mi consentono di sfuggire a me stesso, di vivere emozioni e dolori non miei, e di trasformarmi in un grande camaleonte che non si impegna mai veramente con la propria vita, ma solo con quella altrui.” Invece in questa performance il caro Marcello si trova a dover fare i conti non solo con la vita altrui, ma anche con la propria, affrontando un tema, sempre rimosso, quello della morte, forse in un qualche modo per esorcizzarla, sentendosela ormai sempre più vicina. Una grandissima interpretazione, entrata di diritto nella storia del teatro italiano per la sua autobiografica tragicità. E il vecchio professore va a collocarsi accanto ad un altro personaggio, totalmente diverso per carattere, intensità e genere, ma altrettanto indispensabile per tracciare un profilo del nostro, uomo e attore teatrale: il protagonista di ”Ciao Rudy”, l’unica commedia musicale affrontata da Mastroianni, diretto dal duo Garinei e Giovannini, che gli aveva permesso di sfatare il mito di vacuo latin lover. Anche allora, la realtà e finzione si erano mescolate sul palcoscenico del Sistina a Roma e lui aveva provato il gusto di recitare e di giocare col suo personaggio, costringendo il pubblico a chiedersi dove finiva Rudy e dove cominciava Marcello. Quesito al quale rispondeva con il perenne, disincantato sorriso che lo rende oggi immortale. Adesso dopo questa chiacchierata, posso dire che sono veramente contenta nell’aver saputo che il festival di Cannes dedicherà quest’anno il suo manifesto ufficiale proprio al nostro caro Marcello Mastroianni.
‘‘Lavorando con lui, ebbi la sensazione di recitare con un grande attore e ricordo che pensai: ” Marcello sarà un divo fino a 70 anni”
Eleonora Rossi Drago
”Vedere mio padre nei panni di quel vecchio vicino alla fine, mi ha dato una sensazione che non potrò mai più scordare. Per la prima volta in vita mia, ho pensato alla morte”.
Chiara Mastroianni
fonte : da un articolo di Maria Grazia Gregori su Carnet – Omaggio a Marcello Mastroianni
Ecco qualche foto :
ne ”Le ultime lune”
Nella foto grande in ” Ciao Rudy” e nella foto sotto mentre si fa accompagnare da una comparsa sul set del film ”Leone l’ultimo” a Londra
C’è una città italiana, dal fascino particolare, che ogni volta che la rivedo, m’incanta: Venezia. La conosco da sempre, fin da quando con i miei nonni ci andavo da piccolina, prendendo il treno che arrivava alla stazione di Santa Lucia. Mi è sempre piaciuto arrivare in treno, perchè dal finestrino puoi vedere la laguna , acqua che pur muovendosi appare allo sguardo quasi immobile, piatta, rilassante . Poi scendere dal treno, uscire dalla stazione e trovarsi davanti la grande scalinata, che ti conduce direttamente in un altro mondo. Perchè Venezia è fiaba, è mistero. E per una bimba di pochi anni, tanto tempo fa, arrivarvi con una piccola borsetta di paglia al braccio, ( che dimenticavo ovunque, fortuna che c’era sempre mio nonno a ritrovarla ), era una gioia andare e fare tappa in Piazza San Marco, per dare il granturco ai piccioni che accorrevano festosi. Poi nel corso degli anni ci sono sempre tornata, perchè una volta conosciuta, ti resta nel cuore, non la puoi dimenticare. Anzi ti vengono dinanzi agli occhi le immagini impresse nella memoria. La vita veneziana di tutti i giorni: le barche e i vaporetti che attraversano i canali, il lavoro antico degli antiquari ed artigiani, il conversare nei campielli, le friggitorie dove si cucinava la polenta bianca con il pesce ( non so a dire il vero se ancora adesso resiste tale usanza ). E poi i grandi spazi dove bambini si rincorrono, le rive degli Schiavoni, della Giudecca e delle Zattere, aperte verso il mare. E ancora, il Canal Grande, dove si affacciano palazzi ricchi di storia e dove lentamente scivolano gondole silenziose. Lo storico Caffè Florian, divenuto nel 1848 durante l’insurrezione capitanata da Daniele Manin, ospedale per feriti, oggi frequentato da migliaia di turisti. Le sale immense di Palazzo Ducale, con esposte le opere dei grandi maestri veneziani: Tintoretto, Tiziano, Giorgione. E la galleria dell’Accademia. Arte e vita si mescolano in un connubio inebriante che lascia perplessi e rapiti allo stesso tempo. Sarà che questo fascino veneziano mi accompagna fin dai tempi del liceo, quando studiando il Goldoni ne apprezzai il teatro vedendolo rappresentato e interpretato da Cesco Baseggio. Penso di aver visto tutte le sue commedie in televisione. E proprio in terza liceo la mia insegnante di matematica ( stranamente non quella di italiano ), mise in scena, come saluto finale alla scuola, proprio ” La locandiera” del Goldoni, dove guarda caso la sottoscritta interpretava una delle due commedianti che arrivavano alla locanda di Mirandolina. Tutto di Venezia mi affascina. I colori forti in estate, dove i tramonti si accendono come un falò per abbagliare gli sguardi incuriositi di tanti, a volte anche troppi, turisti vaganti. La nebbia d’inverno, che le dà un’aspetto misterioso, e tu cammini in fretta quasi per sfuggirle, tirando su la sciarpa, coprendoti la testa con il cappello, perchè l’umidità entra nelle ossa e dà fastidio. Il silenzio notturno, con la luna che riflessa nell’acqua appena increspata, gioca ad illuminare gondole ancor più silenziose. E non per ultimo, il suo carnevale, gioiello strordinario di questa città. Ho vissuto fortunatamente anche l’atmosfera di sogno che vi si respira, quando maschere improvvise si materializzano uscendo dalla nebbia ed arrivando davanti a te, immobili ti guardano, e sono così fuggevoli che subito, dopo averti osservato per un pò, spariscono inghiottite di nuovo dalla nebbia e tu rimani lì, imbambolato, a ricordare quell’incontro che ti trasporta in un mondo lontano che non ci appartiene, ma che è anch’esso la nostra storia. Venezia è tutta qui, fascino e mistero insieme, bellissima. Ora aggiungo solo qualche foto scattata da mio figlio, senza ulteriori commenti , perchè le foto penso parlino da sole. Dirò solamente che in una ci sono io , ed in una c’è mio figlio Andrea all’isola di Torcello.