Sandrone era un personaggio. Uno di quei tipi un pò strani ma in definitiva innocui , che popolano spesso i paesi, e che proprio per questo sono conosciuti da tutti. Alto sul metro e ottanta o qualcosina in più ( non sono molto brava con le altezze ), prestante, col fisico di un atleta, Sandrone amava fare il vigile. Ma non lo era realmente, e neanche lo interpretava vestendosi in maniera adeguata usando una divisa, come tutti possono immaginare vestito un vigile, come Alberto Sordi nell’omonimo film. No, la sua particolarità risiedeva nel fatto di utilizzare gli abbigliamenti più stravaganti assieme alle pose che lo rendevano unico. Lo si poteva incontrare, all’improvviso, in mezzo alla strada con indosso un lungo pastrano dai bottoni dorati, lungo fino ai piedi. A gambe larghe, usando le mani a mò di paletta, fermava le macchine per farne passare altre. e chi non lo conosceva poteva anche pensare che fosse lì appositamente. A volte, si vestiva tutto elegante, camicia bianca e vestito scuro. Oppure solo con i pantaloni e a torso nudo quando era caldo o a volte, anche sotto la pioggia. Non si metteva mai allo stesso posto, anzi amava spostarsi continuamente tanto che lo si poteva incontrare nei luoghi più disparati quando meno te lo aspettavi. Aveva occhi grandi e magnetici. Non l’ho mai visto ridere, sempre serio camminava con un’andatura pesante, forse per la sua stazza chissà, ma sicuramente per quello era chiamato Sandrone e non con il suo vero nome Alessandro.
Bè, se n’è andato all’improvviso, pare per un’infezione, a soli 46 anni. Mancherà a tutti, ne sono sicura. Quei suoi occhi, i capelli lunghi, un pò riccioluti, la sua serietà. Un gigante buono.
Ciao Sandrone, ci rivedremo.
Vorrei parlarti ancora, ora che non ci sei più. Ora che te ne sei andato in punta di piedi, passando dal tuo solito sonno a quello ultimo, per sempre. Ora ti vedo là, immobile, e mi fa impressione quel tuo corpicino, ormai smagrito . Non ce la facevi più, avevi perso le tue forze e ti fermavi sfinito anche solo per entrare nella lettiera. Con tutto ciò i tuoi occhi parlavano ancora, e parlavano d’amore per noi che ti abbiamo amato tanto per quasi diciassette anni. Quegli occhi che parlavano ancor prima dei tuoi miagolii. Sei stato per tutti questi anni la nostra compagnia e ci divertivi da morire quando correvi come un matto, nei tuoi momenti di euforia, scappando da ogni parte rifugiandoti nei posti più impensati. O quando entravi, tu gigante, in mezzo ai pastori del nostro presepe senza nemmeno farne cadere uno. Come potremo mai dimenticare il tuo musino che si sporgeva sulle scale, quando tornando a casa ci venivi incontro baldanzoso e felice . E quando tutte le volte che tornavamo dalle vacanze annusavi le valigie con fare sospetto per poi abbandonarti a tutte le effusioni possibili per dormire con Andrea, tuo fratello maggiore. E si perchè i lunghi viaggi in macchina non ti piacevano e dovevamo darci il cambio per non farti rimanere solo. Eri un coccolone anche con Chiara che da quando si è sposata vedevi un pò meno. Non sei stato un gatto petulante, mai un fastidio , mai dal veterinario anche se al volo ti guardava a volte mio fratello, ricordi, un veterinario sempre poco accettato da te. Solo nel tuo ultimo periodo di vita un pò tribolato ne hai avuto più bisogno. Ti abbiamo voluto tanto bene caro Tachi, eri il nostro amico del cuore, non ti scorderemo mai.