zastavki.com
Ascolta
caro,
quello
che ho
da dire.
Vorrei
che il nostro
amore
lo raccontasse
il vento,
che ogni foglia
da lui
trasportata ,
parlasse
di noi
a chiunque.
Perchè
un amore
così grande
non può
essere taciuto.
Tu,
che mi ami
follemente,
totalmente
tanto
da far sì
ch’ io diventi
immagine
di ciò
che è impossibile
dimenticare.
Simbolo
di amore
eterno,
emblema
di qualcosa
che travalica
il tempo.
Io,
che
con ardore
ti amo,
perchè
il fuoco
della passione
brucia in me,
so che ormai
senza
di te
non potrei
vivere.
Amiamoci
allora
senza smettere
mai.
Copriamoci
di baci,
che i nostri
corpi nudi,
avvinghiati ,
raccontino
di un’ intimità
raggiunta
che lega
le nostre anime.
Lasciamo
che il vento
parli di noi,
ovunque
e per sempre.
Isabella Scotti gennaio 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Incipit in neretto dalla poesia di Rabindranath Tagore ” Amore senza fine ”
Buona giornata cari amici. Oggi vi regalo questa poesia. Poi ne arriveranno delle altre, anche non mie.
Per ora accontentatevi di questa
La vostra Isabella
”Si fa prima la liscia con cenere buona, e si mette un poco di calce viva a giudizio, secondo la quantità di canape che si vuole acconciare. Si leva dal fuoco, lasciandola chiarificare. Si prende poi la canape, e si pesa, e per ogni dieci libre d’essa, vi si pone una libra e mezza di sapone grattato, e si mette a molle, facendola stare per 24 ore nella suddetta liscia ben chiara. Indi si fa bollire per due ore continue, e poi si leva, ponendola ad asciugare all’ombra; ed asciugata ch’è si fa gramolare con ridurla in manellette; e poi si fa conciare ad uso di lino.”
Mostrommi la signora marchesa Fontanelli, dama di costumi antichi, una manella di canape acconciata nella suddetta forma, e talmente spinata che ognuno la prenderà per lino, tanta è la sua sottigliezza, e col colore stesso del lino. Fors’anche merita d’esser stimata più del lino perchè la sua fibra è più forte dell’altra. Hassi in oltre da osservare che i nostri contadini, perchè fuggifatica, tagliando le gambe della canape ve ne lasciano tre o quattro dita sopra la terra. I Bolognesi, siccome più industriosi, la tagliano con ferro apposta sotterra, di modo che guadagnano anche due o tre dita della medesima gamba. Ma in Francia per nulla perdere cavano intera la bacchetta colle radici. Macerata poi che è, e seccata la canape, da noi si usa di romperla con bastoni. Cagione sono queste percosse che si rompano moltissimi filamenti d’essa canape: dal che poi viene una buona perdita, cioè la stoppa, che si ricava in gramolarla. Questa perdita la risparmiano i Francesi, perchè con le dita cominciano dal fondo, frangono le bacchette e sanno tirare intera la falda sino alla cima, con gramolarla poi soavemente. Altre maniere ancora più utili converrebbe apprendere da’ paesi stranieri, dove si fabbrica gran copia di tele o ordinarie o sottili, sì per filar la canape alla rocca o al mulinello, come anche per tessere e imbiancar le tele. Usano per esempio le nostre donne d’avvolgere alla rocca il garzuolo della canape: laddove in Francia si lasciano pendenti dalla rocca le falde, come si fa in filare la lana: e vien meglio il filo. Se il telaio non è ben fermo, sovente si trova non essere uguale in tutti i lati la tela. Per la bozzina le tessitrici nostre usano la crusca. Altro effetto fa il fior di farina, come si pratica in qualche paese d’oltramonti. In somma tutte le arti converrebbe perfezionarle per quanto si può , osservando ne’ vari paesi il meglio delle manifatture. Tali ricerche sono ben più da stimare che le vane speculazioni di certi filosofi, ed anche teologi, imparate le quali nulla s’impara.
da ” Della pubblica felicità oggetto de’ buoni principi”
di Ludovico Antonio Muratori, sacerdote italiano nato a Modena il 21 ottobre 1672. Storico, scrittore, bibliotecario, personaggio molto noto nel panorama intellettuale settecentesco. E’ considerato il padre della storiografia italiana. ( da wikipendia )
Dedicato al caro amico Giovanni Leone : http://giovannileone.wordpress.com//
Foto da Wikipendia