Cosa vedi
in me
uomo,
di così sbagliato,
tanto
da usarmi
violenza?
Cosa c’è in me
che non sopporti,
tanto da colpirmi
ripetutamente,
perché tutto
questo odio
nei miei confronti?
Non riesco a comprendere.
Perché io credo
nel nostro stare
insieme.
Credo sia
la cosa più bella
amarsi,
volersi bene.
Vorrei che
le tue mani
non mi strappassero
i vestiti di dosso,
non mi schiaffeggiassero,
non mi riempissero
la faccia
di pugni, non mi buttassero l’ acido sul volto,
non si armassero
di coltello,
non mi si stringessero
attorno al collo.
Vorrei…
o sì
come vorrei
essere trattata da te
con dignità, con rispetto.
Io donna, tu uomo,
nessun padrone,
ciascuno
con la propria individualità,
col sapere sopportare,
perdonare e amare.
Questa è l’unica
cosa che vorrei, nessuna violenza.
Io donna, tu uomo,
insieme con amore
Isabella Scotti novembre 2022
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Amici carissimi abbiamo tutti il covid. Ancora positivi ma martedi spero che saremo negativi. Sono ormai quasi 15 giorni . Fino a giovedi eravamo ancora positivi. Speriamo bene dai. Un abbraccio a tutti.
La vostra Isabella
Ho pensato di raccontarvi un pò di Leonardo, quando ho saputo della fiction che sarebbe andata in onda sulla Rai. Non ho avuto modo di finire il post prima del suo inizio, come mi sarebbe piaciuto, per colpa di wordpress e dei suoi complicati nuovi sistemi che mi hanno mandato in tilt. Se non avessi avuto l’ aiuto di Jane del blog lanostracommediajalesh2.wordpress , che non smetterò mai di ringraziare per la sua disponibilità, non sarei certo qui. Comunque spero che il post possa interessarvi . Eccolo. Buona lettura.
L ‘ ANATOMIA
Il corpus dei disegni anatomici di Leonardo, composto di circa duecento fogli, è conservato nella Royal Library di Windsor. Sono disegni di grande interesse e fascino realizzati in un mirabile equilibrio tra arte e scienza All’ osservazione del corpo umano Leonardo si votò con una dedizione tanto straordinaria da suscitare l’ ammirazione dei contemporanei come si ricava dalle parole di Antonio De Beatis che nel 1517 visitò insieme al cardinale d’ Aragona lo studio dell’ ormai anziano Leonardo in Francia :
” Questo gentilhomo ha composto di anatomia tanto particularmente con la dimostrazione della pittura ( … ) di modo non è stato mai fatto ancora da altra persona. Il che abbiamo visto oculatamente et già lui ne disse aver fatta notomia di più di trenta corpi tra maschi e femmine di ogni età. ”
Fino all’inverno del 1507-1508, Leonardo non pratica la dissezione in modo sistematico. A questa data gli si offre la possibilità di approfondire le conoscenze anatomiche direttamente sul cadavere di un vecchio all’ ospedale di Santa Maria Nuova in Firenze, come egli stesso ricorda in una famosa nota :
” Questo vecchio, poche ore prima della sua morte, mi disse di passare i cento anni, e che non si sentiva alcun mancamento nella persona altro che la debolezza, e così standosi a sedere su un letto nell’ Ospedale di Santa Maria Nova di Firenze senz’ altro movimento o segno d’ alcuno accidente passò di questa vita ; ed io ne fece l’ anatomia per vedere la causa di sì dolce morte ( … ) la quale anatomia descrissi assai diligentemente e con gran facilità per essere il vecchio privo di grasso e di umore, il che assai impedisce la cognizione delle parti ” .
A questa esperienza, così centrale nella rinnovata indagine anatomica di Leonardo, perchè fondata sull’ osservazione diretta del cadavere invece che su conoscenze mediche acquisite , segue la pratica dei successivi anni lombardi ( 1510 – 1511 ) quando la frequentazione di Marcantonio della Torre, giovane ma già affermato medico – anatomista in Pavia , dovette stabilire un interessante rapporto di scambio tra i due. Infine si ha notizia di studi anatomici condotti a Roma tre il 1514 e il 1515, nell’ Ospedale di Santo Spirito, interrotti per le accuse di negromanzia dovute alla delazione di un suo assistente tedesco. I risultati di questa indagine decennale, se non decisivi ai fini del progresso della scienza medica, furono sicuramente straordinari nel campo dell’ illustrazione anatomica, fino a quel momento ancora rozza e approssimativa. Leonardo si propose di redigere , a similitudine della Cosmografia di TOLOMEO, , un ” atlante anatomico ” composto da diverse tavole che raccogliessero la sua esperienza su vari cadaveri, in modo da fornire uno strumento utile e chiaro, ancor più della pratica anatomica diretta. Come si può ben intendere dalla seguente orgogliosa rivendicazione, straordinario esempio di prosa scientifica ad alto livello, oltre che testimonianza delle difficoltà, spesso repellenti, alle quali Leonardo si sottopose per amore della conoscenza :
” E tu che dici esser meglio veder fare l ‘ anatomia che vedere tali disegni, diresti bene se fosse possibile vedere in una sola figura tutte le cose che nei disegni si mostrano ; ma con tutto il tuo ingegno in questa non vedrai e non avrai notizia se non d’ alquante poche vene ( … ). E un sol corpo non bastava a tanto tempo che bisognava procedere di mano in mano con tanti corpi per avere completa cognizione, la qual cosa feci due volte per vedere le differenze ( … ) E se tu avrai l’ amore a tal cosa, tu sarai forse impedito dallo stomaco , e se questo non ti impedisce tu sarai forse impedito dalla paura di abitare in tempi notturni in compagnia di tali morti squartati e scorticati e spaventevoli a vedersi ; e se questo non t’impedisce forse ti mancherà il buon disegno, che si addice a tale figurazione ; o, se avrai il disegno , non sarà accompagnato dalla prospettiva ; e, se lo sarà, ti mancherà l’ ordine della dimostrazione geometrica, o il calcolo delle forze e della potenza dei muscoli ; o forse ti mancherà la pazienza ; così che tu non sarai diligente. Se tutte queste cose sono state in me o no, i centoventi libri ( capitoli ) da me composti ne daranno sentenza, nei quali non sono stato impedito nè da avarizia o negligenza ma solo dal tempo. Vale .”
Spaccato di una testa umana ( 1493 – 1494 circa ) Windsor, Royal Library ( RL12603r ; K/P32r )
I primi veri studi anatomici di Leonardo risalgono agli anni 1487 – 1493, quando si trovava a Milano. Si tratta di esplorazioni del cranio ( reso nei disegni con straordinaria accuratezza, anche prospettica ) attraverso le quali Leonardo si proponeva di scoprire il luogo d’ incontro di tutti i sensi, o ” senso comune ” ritenuto tra l’ altro sede dell’ anima.
Egli considera la testa, soprattutto il suo contenuto come ” la scatola delle magnificenze ” che definisce “il conservamento nascosto delli sensi umani che s’incontrano collo spirito in questa scatola del mistero”, ed è proprio da qui che tutto ha origine.
Secondo Leonardo il cranio è la casa degli occhi per osservare, delle orecchie per l’ascolto, del naso per assorbire i profumi, della bocca per godere del cibo e per “dir di parola”.
Vedute laterali del cranio ( 1489 circa ) Windsor – Royal Library ( RL19057r ; K/P 43r )
L’ attività di pittore e l’ indagine della natura, fondate sull ‘ osservazione dei fenomeni, dovettero far scattare in lui l’ interesse per il funzionamento dell ‘ occhio quale strumento della vista. Già agli inizi degli anni novanta, Leonardo disegna, seguendo le indicazioni degli autori antichi, i bulbi oculari dai quali i nervi ottici si dipartono per arrivare al cervello. E ancora si dedica, ma con maggiore indipendenza, allo studio della connessione occhio – cervello agli inizi del XVI secolo , disegnando per primo il chiasma, o punto d’ incontro dei nervi ottici.
L’ indagine sui ventricoli del cervello ( non umano ma bovino ), venne in seguito ulteriormente perfezionata da Leonardo attraverso la messa a punto di un’ ingegnosa tecnica scultorea consistente nell’ iniezione di cera fusa che una volta rappresa e liberata dal suo contenitore sarebbe stata in grado di rivelare la forma di quella parte anatomica.
FONTE : LEONARDO Arte e scienza – Giunti
Per non dimenticare comunque quanto la sua pittura sia stata straordinaria anche al di là de
” La Gioconda ” che rimane il suo indiscusso capolavoro, vi lascio qui due suoi dipinti che adoro,
accompagnati da due mie poesie . Spero nel vostro gradimento. Scusate la mia poca presenza ma
è un periodo pieno di impegni purtroppo che mi limita nel tempo a mia disposizione per fare
quello che ahimè mi piacerebbe fare. Vi abbraccio con un abbraccio circolare per non dimenticare
nessuno. Vi penso sempre.
La vostra Isabella

Madonna Benois
Com’ è dolce
e tenero
qui ,
il rapporto
tra
Madre e Figlio.
Come intenso
è lo sguardo
della giovane
Vergine.
C’ è
nell’ insieme
una certa dinamicità,
in quella mano
della Madre
che porge
un piccolo fiore
per trastullo
al Figlio.
Una gioia
traspare
da quel volto
sorridente,
nel vedere
quelle manine
pronte
a far proprie
quelle timide
corolle.
Un dipinto
di sentimento,
d’ infinita dolcezza
interiore.
Isabella Scotti aprile 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633

Leonardo – Ritratto di Ginevra de’ Benci
Ginevra
ti chiamavi,
donna colta
eri.
Qui ,
malinconicamente ,
il tuo sguardo
rivela
come ,
sposata ,
tu non fossi
felice.
Senza gioielli
che ornino
il tuo collo.
Bianco
come porcellana
finissima
il tuo volto.
E i capelli,
quei riccioli
d’ oro
che lo incorniciano,
bastano
a renderti
splendida.
Così lontana,
persa
nei tuoi pensieri,
ti lasci
accogliere
dalle fronde
del ginepro,
quasi
immaginando
una carezza
di vero amore ,
quello
che ti fu
negato ,
quando
fosti data
in sposa
a chi
non amavi.
Isabella Scotti aprile 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Sono figlia,
sono moglie,
sono madre,
sono nonna :
sono donna.
Che dire di più?
Che amo la vita
che mi ha dato tanto.
Auguri a tutte le donne,
che sappiano apprezzare
ogni sfumatura di ciò che si è
senza strumentalizzazioni,
così, semplicemente.
Isabella Scotti
In una bellissima poesia di Angelo Barile, un grande poeta cristiano dimenticato, il mistero dell’amore e della nascita è sfiorato con un pudore che ha il tocco della grazia.
Eccoli, gli sposi, nel loro ”acceso eremo”.
Il rumore delle onde, che il mare guida sino alla loro casa come a una carena, si insinua fin dentro i loro sogni e fa più dolce il loro amore. Non il corpo soltanto ne ha gioia ma anche l’anima, che mareggia senza più rive.
Ora, sul far dell’alba, la donna spia il suo grembo, il peso che cresce e che l’ala dell’angelo rende più lieve.
L’uomo è già in cammino, va per la sua strada che balugina, strappa qualche filo d’erba, zufola un’aria allegra. Guarda il giorno che nasce alla marina.
L’amore. La nascita.
La più notturna delle vostre ore
ritremerà nel giglio del mattino.
Giovanni Cristini
( poeta e giornalista italiano Brescia 22 gennaio 1925 – 1995. La sua poesia cresciuta nel tempo e maturata in ambito religioso, è stata, come ha scritto Luigi Santucci, poeta a sua volta, scrittore e romanziere milanese, ritenuto dalla critica il principale narratore della seconda metà del Novecento, ”una personale avventura di ricerca, d’inquietudine e di conferme”. da Wikipendia )
L’amore vero, tu lo sai,
è volere la gioia
di chi non ci appartiene,
è questo uscire, traboccare da se stessi
come il sangue dalle vene
per un taglio,
è l’irrinunciabile,
amore energia mutabile eterno bene.
Giuseppe Conte ( Poeta e scrittore contemporaneo – Porto Maurizio – 15 novembre 1945)
L’augurio più sincero a tutti gli amici e non che passeranno di qui per un Buon Natale , che possa essere un periodo, questo delle feste, sereno per tutti, con tutto il cuore. Isabella
PS Arianna si associa agli auguri.
Peccato che in questa foto Arianna non rida, la nonna in compenso non si smentisce mai!!
Dato che questo è un vecchio post è bene aggiornarlo , non vi pare amici ? Ecco allora in aggiunta anche qualche mia poesia
sanfrancescopatronoditalia.it
Ogni anno
si rinnova
il mistero.
Ogni anno
il 25 dicembre
festeggiamo
la tua nascita.
Quest’ anno,
caro bambino Gesù ,
le lacrime
rigano il volto
di tante persone,
ancor più degli anni passati.
Son quelle persone
senza più un lavoro,
quelle
che hanno visto
i propri figli morire
in incidenti,
le proprie figlie
uccise,
dalla mano violenta
di chi diceva
di amarle.
Quelle
di chi vede
in un letto d’ ospedale
soffrire chi ama
senza poter far nulla.
Le lacrime
rigano il volto
di chi rimane solo,
di chi più non spera.
Gesù bambino,
tenero, dolce fagottino,
in ginocchio,
davanti a te
prostrata,
io ti prego :
asciuga ogni lacrima
che scende.
Porta amore
là dove pare scomparso,
ridai fiducia
a chi più non crede,
a chi più non prega,
a chi ha perso tutto.
E’ difficile vivere
quando tutto si sbriciola.
Per pietà
asciuga queste lacrime
che ormai
scendono copiose.
T’ imploro Gesù Bambino,
vieni in nostro aiuto,
salvaci.
Senza te,
tutto è troppo complicato.
Isabella Scotti dicembre 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
” Bambino Gesù asciuga ogni lacrima ” ( Santo Giovanni Paolo II )
regardsdefemmes.info
Dicembre
sei mese
di magica atmosfera,
perché viviamo con te
un periodo unico,
quello dell’ avvento.
Siamo tutti in attesa.
Aspettiamo
che nasca Gesù.
Abbiamo nei cuori
una gioia
incontenibile.
Tutto è addobbato
a festa.
Luci, vetrine ,
alberi sfavillanti,
e presepi
a ricordare ,
come la vita
semplice
dei pastori,
sia in fondo
un ottimo esempio
anche oggi.
L’ uomo
è sempre alla ricerca
di qualcosa.
Se capisse
che la risposta
ai suoi perché,
ai suoi dubbi,
è là nella mangiatoia
di quella capanna,
allora il Natale
avrebbe davvero senso.
E sarebbe festa
ogni giorno a venire.
Isabella Scotti dicembre 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
RASSICURAMI
italiaora.net
Inquieto
è il nostro vivere.
Cupi
si son fatti
i giorni .
Scesa è la nebbia.
Una spessa coltre che
c’impedisce
di vedere oltre.
Mi sento smarrita.
Se non dirada,
lasciando filtrare
un pò
di chiarore,
turbato
resta il mio cuore.
Ho bisogno che Tu
mi rassicuri.
Che Tu, Signore
venga in mio aiuto.
Non mi piace
sentirmi così,
andare avanti
alla cieca.
Rassicurami,
ti prego.
E che la Tua luce
rassicuri anche
il mondo intero
per sempre,
tutta la vita.
Isabella Scotti dicembre 2019
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Incipit in neretto dalla poesia di Paul Géraldy ” Sempre tutta la vita ”
E altre due poesie
NADALE
A tie pitzinnu impotente e poveritu
naschiu intro de iverru fritu
chin coro lacrimosu afritu
custu ti pedo semper sias benitu.
Prena solu ‘ e amore
cada ischìliu
tue coro ‘ e mama
in morte e bida
nostru solu aficu.
A te bambino impotente e poveretto/ nato dentro inverno freddo/con cuore lacrimoso e afflitto/questo ti chiedo sempre tu sia benedetto. // Riempi solo d? Amore / ogni vagito/ tu, cuore di mamma/ in morte e in vita/ nostra sola speranza.
Presépiu
In sa gruta de su coro
mi lacheddas a sa muda
incantada canto a Tie.
Chin sos res e sos pastores
pro custoire segretu
de mistèriu no iscopiau.
In sa gruta de su coro
mi lacheddas a sa muda
Incantadu canto a Tie.
Canto s’ Amore
eternu tuo
in eternu donau
in eternu donau
Nella grotta del mio cuore/ mi culli in silenzio / incantata canto a Te // Con i re magi e i pastori/ per custodire il segreto/ di mistero non svelato// Nella grotta del cuore/ mi culli in silenzio/ incantato canto a te// Canto l’ Amore/ tuo eterno / In eterno donato / in eterno donato
Queste poesie in dialetto sardo è tratta dal libro di poesie di Pipina Frantzisca Nieddu intitolato ”Fiza de pastore” alla cui presentazione ho assistito godendo di un pomeriggio indimenticabile, fatto di ricordi e testimonianze di un tempo che fu. Tradizioni, canti portati e presentati dalla stessa Giuseppina accompagnata dal marito. Entrambi bravissimi nel cantare in sardo nenie dolcissime che seppure lì per lì incomprensibili, e poi tradotte sono state un piacere ascoltare. Con Giuseppina, insegnante di lettere in Sardegna, Toscana e Lazio, ho iniziato il mio percorso di scrittura anni fa.
E ora con qualche foto… l’ albero di casa
E il presepe fatto con Arianna ( notare le pecorelle tutte rigorosamente in fila e il bambinello , già messo ma coperto perché non ancora nato, e oltre il bue e l’ asinello anche qualche capretta per riscaldare ancor di più Gesù che poverino nella capanna avrà di certo molto freddo.
E per finire…
Buon Natale cari amici, e buon Natale a chi passerà qui per la prima volta.
La vostra Isabella
CANTO AL VANGELO
Cf, ML 11, 25
Ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perchè ai piccoli
hai rivelato
i misteri del Regno.
Una nuova vita è speranza e amore.
Cari amici oggi 19 settembre, vi annuncio con gioia la nascita di nostra nipote Arianna.
Peso : 3,410 Kg
Lunghezza : cm 53
Capelli : non rossi ahimè ma sembrerebbero color castano chiaro.
Occhi : di colore blu che muterà col passare del tempo sicuramente
Pelle di un colorito delicatamente roseo.
Mamma e bimba stanno bene anche opera di un travaglio, dopo la perdita delle acque, durato circa sei ore e mezza , che per essere il primo figlio, ci è sembrato davvero poco.
In casa è gioia immensa.
Altro che dolore : partorirai con la bellezza
La gravidanza, il parto, i primi mesi di vita del bambino sono momenti straordinari per una donna. Tempi di attesa, di dubbi e speranze, ma anche di straordinaria ricettività e creatività. Oggi, spesso, l’accento è posto su una medicalizzazione dell’esperienza della maternità che tralascia questi aspetti. Ecco, per riportare lo sguardo sulle madri e la loro percezione di se stesse si svolge a Roma al Museo MAXXI fino al 9 ottobre il ciclo di incontri Partorire con l’arte. Una serie di appuntamenti gratuiti, un format inedito che mette insieme un discorso sull’arte, la medicina, la psicologia. Gli spazi museali accolgono le donne in attesa, i loro mariti o chi è semplicemente curioso: sul palco si alternano artisti, critici, psicologi, medici per indagare il rapporto profondo tra l’arte ( dalla celeberrima Madonna del parto di Piero della Francesca ai contemporanei ) e il mistero della vita e della nascita. Ideato da un ginecologo anche collezionista d’arte, Antonino Martino e Miriam Mirolla, che insegna psicologia dell’arte all’Accamedia di Belle Arti di Roma, il percorso degli incontri tocca diversi tema : dall’Annunciazione, a I sogni in gravidanza, da Fenomenologia e fisiologia del lieto evento a L’iconografia della nascita.
Lo scopo , per i curatori degli incontri, é in primo luogo quello di ” sottrarre la donna incinta all’isolamento della sua condizione e alla severità dell’ambiente medico”. E per questo, senza negare ”le tensioni e le ansie” che accompagnano la maternità , mettere al centro l’esperienza della bellezza: ”La scoperta artistica fa da trait d’union tra l’ospedale e il museo, che sono poi i luoghi germinali della vita e della creatività”.
Come sa ogni madre che stringendo per la prima volta il suo bambino tra le braccia ha esclamato : ”E’ bellissimo”.
Date degli incontri: 26 settembre , 3 e 9 ottobre.
fonte : articolo di Lara Crinò da ”Il venerdì” di Repubblica 19 settembre 2014
La società italiana era molto variegata come in realtà tutte le società del mondo. Al vertice della piramide troviamo i Savoia, dove probabilmente contano più degli uomini le donne. L’energica regina Margherita, Elena la bellissima slava . I grandi capitani d’industria ( Volpi di Misurata, Treccani, Pirelli, Agnelli ) fautori della guerra, prendono il posto degli aristocratici nei loro palazzi, nei loro castelli, nelle loro belle ville sui laghi, da dove dirigono l’economia del nostro bel Paese, che la guerra anche se vinta ha gettato nel caos. Ci sono i pescecani, volgari profittatori delle difficoltà quotidiane, arricchiti e insolenti, che oscillano tra il vivere e l’essere e c’è la borghesia, monarchica, conservatrice, colta, tradizionale vivaio dell’alta burocrazia, della magistratura, e dell’apparato universitario che sta alla finestra e aspetta. I reduci, senza lavoro, umiliati, emarginati, scalpitano. I fascisti, con nomi e divise pittoresche, sembrano tanti grazie alla loro violenza verbale e alla loro natura manesca. I quaranta milioni d’italiani sono campanilisti, hanno il senso della famiglia dove domina la figura della madre, e della religione ( vista attraverso il parroco). In questa società posto per le femministe c’è n’è poco. Le donne, o sono di casa o sono di quelle. Non esiste alternativa a scelta. La poetessa Rossana Zezzos ,calata a Milano in abiti maschili, viene condotta a San Vittore, trattenuta un’intera notte, e rilasciata soltanto in presenza del fratello. Ada Negri rifiuta persino di vederla. E’ sintomatico che Guido da Verona parli di Landru appena ghigliottinato, come di un sedotto. Le donne devono tornare tra le pareti domestiche. Siccome non obbediscono prontamente si ricorre all’intimidazione. A Firenze e a Torino, per allontanare dai pubblici uffici le impiegate, i reduci li occupano con forza. Si salvano a stento le vedove con figli a carico. Nelle fabbriche si proibisce alle donne il turno di notte, si accorcia l’orario di lavoro, si riduce lo stipendio. Poche le carriere concesse: maestre, ostetriche, sarte, telefoniste, segretarie. Oltre, quelle di balie, attrici, bidelle, prostitute. Sul lavoro devono portare austeri grembiuli neri, non truccarsi ( hai capito MarisaMole’s ? ) non fumare, non soffrire di dolori mestruali. Le ragazze madri perdono il posto. Nel regime maschilista timidamente la stampa femminile continua le sue pubblicazioni. Resiste la pubblicità dei prodotti di bellezza, anche se è un genere di lusso non alla portata di tutte le donne. La Germania sospende l’invio di carbone stabilito dal trattato di pace, e subito si fermano i treni, ma non le industrie. Negli uffici dei dirigenti si assumono le segretarie, fanno la loro comparsa le prime macchine calcolatrici, si cominciano a spedire lettere di licenziamento per scarso rendimento. Si aggravano le leggi contro le frodi alimentari: il latte arriva al cliente annacquato fino al 22 per cento. I francobolli salgono a cinquanta centesimi, ma le regie poste non funzionano nè basta a migliorarle il francobollo commemorativo della marcia su Roma. La pubblicità invita a dimagrire, finanzia concorsi tipo ”Bimbi belli d’Italia”. Fra i giocattoli, la novità più sensazionale sono i modelli Fiat, a lire dieci e novanta. Il maggior disastro nazionale è la rottura della diga del Gleno, nell’alto bergamasco che contiene un bacino artificiale. La massa d’acqua distrugge tutti i villaggi della vallata, poco prima di Natale, e i morti non si contano. Nei tabarin arriva il charleston e Isa Bluette lo lancia con la canzone Lola.
Fonte ”Parlami d’amore Mariù”
Vita , costume e storia d’Italia tra gli anni venti e quaranta
A cura di Roberto Gervaso
Pianto arrabbiato
di un bimbo
che si aggrappa
alla vita
con tutte le sue forze,
gettato via
come straccio,
come rifiuto.
Figlio di madre
non madre nel cuore
inutile donna.
Piange,
urla,
ma il suo pianto
non è dolore,
è riscatto,
è ribellione
è voler sopravvivere
e rimanere qui
su questa terra
a tutti i costi,
lottando
contro un destino
amaro
che lo vorrebbe
perdente
e che lo trova
invece
Vincitore !
Isabella Scotti
Poesia scritta un anno fa in seguito al solito infanticidio di un piccolo innocente
Fin dal Medio Evo il Carnevale di Venezia fu sontuosissimo e celebre per la magnificenza delle sue mascherate, che qui si svolgevano per la singolare natura di città sull’acqua, con cortei di gondole e di bissone ( barche da parata decorate). Al molo giungevano allegre brigate da ogni parte della laguna, da Chioggia, Pellestrina, Burano, Caorle, a bordo di bragozzi festosamente addobbati. Giovani artigiani napoletani, calabresi, siciliani, risalivano dalla Riva degli Schiavoni con barche luccicanti di ornati, e nei loro costumi regionali ricevevano gli applausi della folla entusiasta. Festose compagnie improvvisavano dialoghi buffi, farse d’occasione e brevi recite a soggetto, alternandole ai cori, ai trilli di mandolino e agli accordi di chitarra. La città si trasformava in un grandioso teatro, e tutti potevano trovare uno spazio in cui recitare liberamente la propria parte. La festa culminava nel giorno di giovedì grasso, che ricordava la vittoria ottenuta nel 1162 dal doge Vitale Michiel II su Ulrico, patriarca di Aquileia. Questi era stato fatto prigioniero e per riottenere la libertà, era stato costretto a promettere ai veneziani un tributo annuo di un toro, dodici maiali e dodici pani. Il giovedì grasso, dopo una serie di cerimonie e una parodia di processo,il toro e i porci, che simboleggiavano rispettivamente il primate di Aquileia e i dodici canonici del suo capitolo, venivano condannati a morte dal Magistrato del Popolo. il capo della corporazione dei macellai, aveva il privilegio di abbattere il toro, con uno spadone a due manici, che ancor oggi si conserva nel Civico Museo Correr. Il sacrificio aveva luogo nel cortile del Palazzo Ducale, alla presenza del Doge e delle autorità dello Stato. Un pezzo di carne veniva poi mandato in dono a ciascun senatore, mentre i pani venivano distribuiti a dodici carcerati. La Piazzetta San Marco veniva circondata di tribune per gli spettatori, tra cui prendevano posto il Doge e i più alti magistrati. In mezzo alla piazza veniva innalzata una torre di legno per i fuochi, detta ”Macchina”, fiancheggiata da due grandi palchi. I membri delle corporazioni dei fabbri e dei macellai, nelle loro pittoresche uniformi, davano inizio allo spettacolo con un corteo. Si trascinavano dietro tre buoi inghirlandati e giunti davanti al Doge si fermavano. Tre giovani forzuti si facevano avanti, e con un colpo netto di spadone, troncavano di netto la testa ai buoi tra la felicità degli spettatori. Allora dalla cella campanaria del campanile di San Marco, un funambolo, in costume di angelo o di guerriero o di turco o mascherato a suo piacere, scendeva lungo un cavo teso fino alla riva della piazzetta o ad una zattera ancorata nel bacino, gettando fiori sul Doge e sugli spettatori sottostanti e, dopo aver compiuto una serie di pericolose acrobazie, risaliva alla sommità del campanile. Dopo questa esibizione, detta ”Volo dell’Angelo”, su uno dei palchi che fiancheggiavano la ”Macchina”, si svolgeva, la ”Moresca”, una danza militare figurata, che dalla Spagna gli Arabi avevano diffuso in tutta Europa. Si trattava di un combattimento, eseguito da un gruppo di ”arsenalotti” con pose e colpi di spade corte e piatte. Sull’altro palco, giovani robusti delle rive opposte del Canal Grande, ”Nicolotti e Castellani”, eseguivano degli esercizi di forza, detti ”Le fatiche di Ercole” e salendo l’uno sull’altro, formavano un vero e proprio edificio vivente. Nel centro di Piazza San Marco veniva disposta la piattaforma per il ballo e ogni notte la folla vi accorreva numerosa, per danzare fino alle prime luci dell’alba. Alla mezzanotte del martedì grasso, dal campanile giungevano i rintocchi ammonitori della ”Marangona”, che annunciavano la fine del Carnevale. L’orchestra si arrestava, le coppie cessavano di ballare e tutti si toglievano la maschera. Era l’inizio della Quaresima. Durante il carnevale, la piazza e le zone circostanti erano tutto un pullulare di giochi e spettacoli di ogni genere. Da ogni parte, in quei giorni, venivano a Venezia compagnie di acrobati, saltimbanchi, venditori ambulanti, astrologi, cavadenti, musicanti. Ogni campanile sfoggiava la bandiera con il leone alato di San Marco, finestre e balconi esponevano drappi e lampioncini. I giovani si misuravano in gare di abilità, tra cui figurava il tiro al collo dell’oca, che finiva inevitabilmente con un bagno dei partecipanti nell’acqua gelida della laguna, come attesta un’interessante incisione, conservata al Civico Museo Correr, in cui si vedono giovani nudi e seminudi spiccare dei salti da un ponte, nel tentativo di afferrare il collo di un’oca appesa per i piedi a un filo teso fra due palazzi di rive opposte. Nella stessa incisione si notano in secondo piano altri giochi popolari molto in voga a quei tempi, come il palo della cuccagna, i combattimenti di cani e orsi. Ai divertimenti e all’allegria collettiva prendevano parte tutti, ricchi e poveri, cittadini e forestieri, mescolati e resi uguali dalla maschera. La città brulicava di una folla variopinta e chiassosa, assordante per le strida acute che lanciavano ”le gnaghe” ,uomini travestiti da donna, che ne imitavano voce e atteggiamenti. Siccome sotto la maschera potevano nascondersi personaggi molto importanti, a Venezia la maschera era inviolabile ed era tutelata da apposite leggi. Un travestimento caro ai veneziani era la ”bautta” che consisteva in una mantellina nera con cappuccio, che lasciava libero il volto, coperto a sua volta da una maschera bianca e nera mentre sul cappuccio si portava il tricorno. La ”bautta” era indossata da uomini e donne, aristocratici e plebei, ma fuori dal carnevale solo i nobili avevano il diritto di usarla. Comunque era la maschera più diffusa, come testimoniato da stampe innumerevoli sull’argomento giunte fino a noi. In un disegno acquerellato di Grevenbroch, conservato nel Museo Civico di Correr, si vede un mendicante, nell’atto di chiedere l’elemosina, vestito con l’elegante costume veneziano. Altra tipica maschera ” il dottore della peste”,caratterizzata da un naso smisurato e da abiti studiati apposta per evitare il contagio. Con questo abbigliamento, che lasciava scoperti gli occhi, i medici, servendosi di una lunga bacchetta, visitavano i clienti tenendosi a distanza; il lungo naso della maschera veniva riempito di garza e ovatta che fungevano così da filtro impedendo di contrarre il morbo attraverso le vie respiratorie. ” I mattacini”, in stravaganti buffi costumi, con berretti piumati o forniti di grandi orecchie da coniglio, si aggiravano tra la folla lanciando uova riempite di acqua aromatica. Anche molto diffuso ”il domino” abito di origine spagnola,costituito da una lunga cappa che arrivava fino ai piedi, e da un largo cappuccio, che occultava completamente l’identità di chi lo indossava. Non si contavano poi i Pulcinella, gli Arlecchino, i Brighella e tutti gli eroi resi popolari dalla Commedia dell’arte e dal teatro dei burattini. Il corteo delle maschere era capitanato da Pantalone, conosciuto all’inizio come ” Pantalon dei bisognosi”, tipica maschera locale, che pare derivi il proprio nome da ”Pianta Leone” per la ben nota cupidigia dei veneziani di andare per il Mediterraneo a piantare l’insegna con il Leone di San Marco, cioè a conquistare sempre nuove terre. Altri preferivano farlo derivare dal primo patrono di Venezia, San Pantaleone. Pantalone è il tipo del vecchio borghese, burbero e bonario, non avaro ma economo, sempliciotto e sempre preso in giro. E’ un uomo alto, dalla corporatura slanciata, naso adunco e barbetta aguzza che accresce l’espressione puntigliosa del volto. Nella storia del teatro, molti furono i grandi interpreti di questa maschera tra i quali ricordiamo il ferrarese Giacomo Braga, vissuto nel XVI secolo e il grande veneziano Cesare Darbes per il quale Carlo Goldoni scrisse il ” Tonin bona grazia”. Per il grande commediografo egli rappresenta la tradizione, la vecchia Venezia che piange sui tempi nuovi e corrotti, ricordando con nostalgia ai giovani , la passata grandezza e gli antichi sani costumi. Nel settecento furono molto di moda le cosiddette ”maschere ritratto”, importate da Parigi. Abili modellatori fabbricavano maschere che riproducevano le sembianze di una determinata persona e su questo volto veniva sovrapposta una seconda maschera. Con la complicità della penombra, c’era chi, per ingannare qualche donna e abusarne,si toglieva un attimo la maschera comune e destramente se la rimetteva, lasciando intravedere i falsi sembianti dell’amante o del marito di lei. La donna si lasciava abbindolare o fingeva di lasciarsi abbindolare. Le ”maschere ritratto” finirono comunque per produrre tali scandali che se ne proibì l’uso. Oggi il carnevale veneziano ha trovato di nuovo lo scenario più idoneo; le maschere sono tornate a riconoscersi nel tessuto e nell’aria più vera della città, la festa esplode incontenibile. Nel 1979 il carnevale è ufficialmente rinato grazie all’opera di un’associazione volontaria di cittadini, ”La Scuola Granda Di San Marco” costituitasi nel 1978 ed ora chi va a Venezia troverà anche alcune attività artigianali che sembravano estinte. Il piacere di muoversi in un’atmosfera ambigua e mimetica, in una città in cui il sogno può confondersi con la realtà è senz’altro un’esperienza indimenticabile, tutta da vivere.
fonte: ” Carnevale Veneziano” curato nei testi da Antonio Giubelli
http://www.vastospa.it/html/tradizione/trad_carn_it_commedia.htm
Se date un’occhiata a questo link troverete le foto delle maschere della commedia dell’arte, una più bella dell’altra.
Schiaffo duro, potente
si abbatte come sferzata
sul volto della donna,
offesa,
umiliata.
Lacrime silenziose
scendono
come rivoli d’acqua
a rinfrescare quel bruciore
che una mano possente
ha provocato.
Mano di uomo ubriaco,
violento,
cieco
ad ogni gesto d’amore
verso quella donna,
un tempo amata
e trasformata ora
in vittima sofferente,
indifesa
e atrocemente sola !
Isabella Scotti
Questa poesia fa parte della mia raccolta ”Vuoto dell’anima” ed è stata da me scritta dopo una notizia di violenza nuovamente a danno di una donna molto tempo fa. Ci sono violenze di ogni genere che mi indispettiscono, mi indignano talvolta fino a farmi piangere, colpevole anche la mia forte emotività. Ma il maltrattamento di donne , soprattutto in ambito domestico mi fa stare male. Ho ascoltato il consiglio dell’amica fulvialuna che mi diceva di pubblicarla ed eccola qui per voi.
Vedo il demonio
agire indisturbato.
E’ ovunque.
Nelle violenze
di tutti i giorni
verbali e fisiche.
Nelle nostre azioni
sconsiderate,
nei giovani
tristi e soli
che buttano via,
ridendo,
ogni attimo
della loro vita,
senza riflettere
sul fatto che
indietro non si torna.
Lo vedo
nella solitudine
di migliaia
di persone,
nello sconforto
che aiuta
la depressione.
Nel cambiamento
di una società
dove sembra
voglia passare
il messaggio
che ”amori” tra simili
siano così naturali
da far dimenticare,
e passare sotto tono,
come in via d’estinzione
l’amore
unico,
di sempre,
meraviglioso
tra uomo e donna.
Lo vedo
tranquillo osservare
guerre
e gioire
dei morti
dei corpi straziati
e lacerati
dalle bombe.
L’uomo ha bisogno
di Voi, Signore.
Aiutateci a sconfiggere
questo mostro
che da troppo tempo
vince
ovunque si annidi
prepotente, ridanciano.
Non c’è speranza
per noi,
Padre,
senza il vostro aiuto !
Isabella Scotti