Avrei preferito dedicarti dei versi. Ma so che poi rideresti prendendomi in giro. Come facevi sempre quando leggevi una mia poesia. Bastava un verso per cucirci sopra una battuta, una spiritosaggine. E tutti giù a ridere, compresa io che ero magari ” partita ” tutta seria. Si, mi sarebbe piaciuto caro Ricky per farti ridere ancora. Ma in realtà cosa potrei scrivere oggi se non che farti gli auguri.
Oggi i tuoi anni sarebbero 35. Nessuno di noi potrà più festeggiarti come facevamo sempre, tutti insieme riuniti. Aspettavamo che le ferie di agosto finissero per stare tutti insieme davanti ad una torta, e vederti soffiare sulle candeline. Ora faremo finta che tu ci sia lo stesso. Come davanti a quel dolce nel giorno dei tuoi 34 anni. Mai, nessuno di noi, avrebbe potuto immaginare che la tua vita si sarebbe fermata al numero di quelle candele. Ricorda che comunque, anche se la tua vita qui in terra, è finita, mai finirà nei nostri cuori. Lì vivrai per sempre . Non ti dimenticheranno mai i tuoi genitori, Paolo e Maria, Valeria tua sorella, i tuoi cugini tutti, la tua nonna Loredana, le tue zie pugliesi, tuo zio Luciano ed io caro nipote, cucciolo adorato. Auguri, caro Ricky, ovunque tu sia. Sicuramente vicino a nonno Tonino , a nonno Salvatore, a nonna Lucia e a don Vincenzo .
Bello come il sole
Aspetta, non ho finito. Ho pensato di farti un regalo. Sono sicura che da lassù sorriderai una volta in più vedendo di che si tratta. Ecco…
Guarda che spettacolo Ricky . Quante volte ti sei affacciato dal nostro balcone. Ti piaceva, con Andrea durante le feste , fumare insieme una sigaretta e guardare Roma tutta illuminata. Bello eh ? E tu sai anche cosa nasconde quel camion, cosa c’è dietro di lui…
Eccolo, tutto per te
Il tuo campo di rugby . Buon compleanno caro Ricky !!! Ti voglio bene
Cari siori, per non far torto a nissun, ecco qua una golosità tipica veronese delicata, soffice che mi vede sua estimatrice convinta : sua maestà il PANDORO.
Non potevo perciò non parlarne, viste anche le mie origini venete ( pur essendo nata a Roma) e visto che tanti lo preferiscono al panettone. Quindi per giustizia ecco qua qualche notizia a riguardo.
Questo dolce regale ha una storia legata ad aneddoti e leggende, ma l’attuale versione del pandoro risale in verità all’ottocento come evoluzione del ”nadalin’‘ il duecentesco dolce della città di Verona creato per festeggiare il primo Natale della città sotto la signoria della Famiglia della Scala. Rispetto al pandoro vero e proprio, è meno burroso e fragrante, ma più compatto e dolce. Esso è più basso, ma non ha una forma precisa. Molti veronesi sono a lui legati considerandolo come il dolce più legato alle origini e tradizioni della città. Per quanto riguarda invece il nome di ”Pandoro” e alcune delle sue peculiarità, queste risalirebbero ai tempi della Repubblica Veneziana ( prospera nel Rinascimento fino all’esibizionismo, grazie al commercio con l’Oriente), dove sembra tra l’offerta di cibi ricoperti con sottili foglie d’oro zecchino, ci fosse anche un dolce a forma conica chiamato ”Pan de oro”.
Un’altra storia assegna la maternità del pandoro alla famosa brioche francese, che per secoli ha rappresentato il dessert della Corte dei Dogi.
In ogni caso c’è una data che sancisce ufficialmente la nascita del pandoro,ed è il 14 ottobre del 1884, giorno in cui Domenico Melegatti depositò all’ufficio brevetti, un dolce dall’impasto morbido e dal caratteristico stampo di cottura con forma di stella troncoconica a otto punte, opera dell’artista Dall’Oca Bianca, pittore impressionista.
Ed ora correte tutti a mangiare ciò che è rimasto di questi dolci natalizi, e mi raccomando non dimenticate di aggiungere al presepe i Re Magi. Sono lungo la strada seguendo la stella cometa per arrivare e adorare il ”piccolo” ( ma Grande ) appena nato.
fonte: Sale e Pepe. Wikipendia
Dedicato all’amico Giancarlo ( blog Vivere per Amare)
Avete mai notato come i milanesi, quando si tratta del Buon Mangiare, siano soliti usare gentili vezzeggiativi? Le polpette ad esempio diventano ”pulpetin”, il pane ”panett o michett” le rane ”ranine”, insomma una curiosa, simpatica mania che ha caratterizzato nel dire, anche un pane straordinario, più grosso del normale , ma soprattutto, particolarmente ricco, invitante, ghiotto: il ” Panetùn” meglio conosciuto come ”Panettone”.
Cosa sarebbe il Natale senza questo dolce sulle nostre tavole imbandite nei giorni delle festività ? E’ pur vero che si attornia di altri degni colleghi quale il genovese pan dolce, il veronese pandoro, il senese panforte, l’altoatesino zelten , tutte prelibatezze per il nostro palato, vecchie deliziose glorie intramontabili, nate tutte , più o meno, intorno all’anno Mille, ai tempi delle crociate, delle sete preziose, delle spezie raffinate, dello zucchero, della frutta candita, dell’uva passa, dei pinoli , anche se oggi si tende per lo più ad arricchire di scaglie di cioccolato ed altre creme questi dolci unici. In origine ”el Panatùn” veniva generalmente consumato quasi come un cibo di rito, proprio alla vigilia di Natale ”mentre nel camino ardeva un ceppo ornato di fronzoli e mele.” Secondo le cronache del tempo ”in quell’occasione, il capo famiglia tagliava a fette quel grosso pane e tutti lo mangiavano con devozione, conservando le croste, che servivano come panacea contro il mal di gola.”Secondo una leggenda, fu un certo Antonio, detto ”Toni”, il primo che ebbe l’idea di aggiungere all’acqua e farina dell’impasto di questo pane un pò d’uva passa e forse del miele. Un primo, timido passo, che bastò per battezzarlo col nome di ”pan de Toni” e quindi più tardi : ‘‘Panettone”. Siamo nel vago ma si sa le leggende si accontentano di poco. Per altri sarebbe stato un certo Ughetto Antellano, nobile milanese vissuto ai tempi di Ludovico il Moro, verso la fine del 1400, ad aver avuto la magica idea. Infatti si racconta che innamoratosi di una certa Adalgisa, fornaia, messer Ughetto si sarebbe finto fornaio anch’esso, e per stupire l’amata si dice che riempisse quel povero pane tozzo e grosso di ogni più ricca leccornia, fino a sedurre la sbalordita Adalgisa. Non si sa comunque se tutto finì bene e se vissero felici e contenti, sembra che l’Adalgisa a parte la seduzione del panettone, sia poi scappata con un altro ma poco importa. Quello che conta è ciò, che rimanendo scritto su ”carta” si tramanda a noi , ed ecco allora il grande Cristoforo da Messisburgo, al servizio di Ippolito d’Este, a Ferrara, che verso la metà del 1500 così scrive nel suo ricettario : ”pani di latte e zuccaro con aggiunta di tuorli d’ove , burro e acqua di rose”. Sarà questo il ”Panatùn” ?
E il ” gateau de Milan”, prediletto da Caterina de’ Medici che doveva nel 1533 andare in sposa ad Enrico II di Francia per diventare poi regina dei francesi nel 1547, non era forse già il nostro panettone? Chissà…
La prima testimonianza seria arrivò probabilmente un secolo più tardi nel 1650, quando un medico bolognese, certo Vincenzo Tanara, autore del trattato ”L’economia del cittadino in villa” scrive a pag. 30 ”I nostri cittadini con minor spesa impastano con lievito acqua mielata ( miele diluito) incorporandovi dentro uva, zucca candita in miele e ne fanno un grosso pane, quale chiamano Pan di Natale.” Ecco, questa è la ricetta base da cui partire. Il miele più tardi sarà sostituito dallo zucchero e altri ingredienti compariranno, ma la formula è quella: un dolce dalla forma tozza, schiacciata. Finchè un giorno negli anni Venti, arriverà il colpo d’ala del genio, quasi un’altra leggenda, ma che in realtà è storia : storia vera, rivoluzionaria, della gastronomia o meglio della pasticceria. Arriva Angelo Motta, di Villa Fornaci, figlio di un cocchiere, classe 1890, emigrato a Milano all’età di 10 anni, che una ventina d’anni dopo, nel suo forno di via Chiusa, ”trasforma ” il panettone da basso in alto, intuisce il colpo magico della super- lievitazione, senza trascurare il valido sostegno di quella voluttuosa ” guepiere” o ”busto di carta oleata”. Collega, amico e rivale, apparirà pure sulla scena un altro grande, Gino Alemagna di Melegnano, di famiglia modesta, nato maestro pasticcere. Inizierà così la grande epopea del panetùn che da Milano conquisterà l ‘Italia e sarà spedito in tutto il mondo.
Allora a questo punto, buon appetito a tutti con una buona fetta di panettone. ( A me non piace molto l’uvetta e mi piacciono poco i canditi, per cui preferisco, viste anche le mie origini, il pandoro, ma questa è un’altra storia. )
RAGAZZI DIMENTICAVO : BUON 2015 A TUTTI
fonte: da un articolo di Carlo Tosi
Vorrei essere
per te
mistero e incanto.
Ammaliarti
come la maga Circe.
Vorrei
legarti
a me,
tenerti
prigioniero
di un sogno
che trasformerò
in realtà.
Lascia
ch’io sia
per te
mistero
che si svela,
incanto
da vivere.
Fa
ch’io
possa posare
le mie labbra
sulle tue.
Assaporerai
ciò che
di più dolce
al mondo non esiste,
tanto
che mai più
cercherai altrove.
Isabella Scotti
Dalla mia raccolta ”Il su e giù dell’amore”
Eh già, è così che funziona. Tra alti e bassi , tra un sorriso e un pianto. Capita tutto in questi termini, perchè questa è la vita. E noi viviamo senza renderci conto di come tutto ci sfugga di mano. I giorni, le ore, i minuti. Il voler fare una cosa e subito dopo, dimenticarsene. Ma non per cattiveria, ma perchè presi da mille altre cose. E quello che avrebbe dovuto essere ben ancorato nella nostra testa come qualcosa di giusto da dover fare, ecco che invece si procastina nel tempo, dicendo ”Sì, la debbo chiamare, lo farò…” E poi quel tempo di colpo non c’è più. E allora rimani con quel senso di colpa, con quel rimorso per non esserti sforzata a realizzare la tua iniziale volontà di andarla a trovare, per aver forse sottovalutato una situazione che era ben più grave di quello che si sapeva. Ora sono qui che piango la mia amica Ada, la notizia della cui morte mi ha raggiunta subito dopo aver pubblicato il post sulla ”rosa dell’amicizia”. Bella coincidenza. Oggi alle tre il funerale. Sto male ma debbo andare. Una vita la sua veramente sfortunata, che non meritava, lei che era una persona dolce e buona. Prima un lungo periodo dedicato alla mamma diventata cieca e quindi bisognosa d’aiuto fino alla sua morte. Poi quest’ultima le porta via improvvisamente il primo marito per infarto. E allora va avanti, se ne fa una ragione, tanto ha un fratello, sposato anche lui con un figlio. Si dedica al volontariato , lavora in una farmacia. Ora ha di nuovo un sorriso ed è tornata l’Ada di sempre. E poi conosce un uomo , si risposa è felice, fino al giorno in cui una maledetta sera, mentre prepara la cena, lui le dice che ha dimenticato il cellulare in macchina e che lo va a riprendere…E lei aspetta… Finchè qualcuno le viene a dire che è stato investito. Morirà così Stefano, il secondo marito. E via, comincia nuovamente la risalita, per non affogare. Del resto ha sempre un fratello, un nipote, una cognata, insomma una famiglia, non è sola. Almeno ci crede. E poi anche questa certezza finisce. E si sveglia un giorno con la notizia che il suo amato fratello dovrà morire per un tumore al pancreas. Tutto troppo presto, tutto troppo in fretta. E così la mia amica Ada perde coraggio, si ammala e se ne va senza più la voglia di reagire. Ed io rimango a pensare: tanto la vita è questa, un’altalena tra un sorriso e un pianto. Di una cosa sono però certa: la rivedrò assieme a tanti amici lassù, a mio padre, ai miei nonni, ai miei suoceri, un giorno che non so, ma che sarà. E la rivedrò venirmi incontro con quel sorriso aperto e gioviale che era la cosa più bella di lei. Ti voglio bene cara amica, e sarai sempre con me, non ti preoccupare. Un bacio. PS Avrei voluto dirvelo in un’altro modo ma ora lo vedo come una cosa giusta : accanto ad una notizia triste una meravigliosa, quella che una nuova vita si sta sviluppando per affacciarsi su questa terra a settembre. Mia figlia ci renderà nonni e proprio stasera farà l’ecografia morfologica. Morte e vita che ancora una volta s’intrecciano
Sono rientrata ora : sarà una femmina.
Ricorderò i tuoi sorrisi.
Quando mano nella mano
andavamo incontro al sole.
Quando ci guardavamo negli occhi
e vedevamo solo noi.
Nessuna tenebra offuscò il nostro amore
e liberi ci perdevamo
in un mondo di sogni.
Ricorderò i tuoi occhi.
Luminosi e brillanti.
E ancorà udrò la tua voce,
limpida, dolce
che mi chiamerà
ancora
e per sempre
”Amore” .
Isabella Scotti
Dedicato a chi ha perso un grande amore.