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Poichè   pare  abbiate  gradito  la  mia  precedente  creazione  legata  alle  parole  Magnolia,  Coppa,  Essenza,  Dolcezza, Intensità,    continuo,  sempre  su  suggerimento  di  Franca,  con  un  acrostico   :

I neguagliabile  magnolia.  Il  tuo

N obile  aspetto  di  pianta  rigogliosa

T rae  lo  sguardo.  E  la  tua

E ssenza  è  profumo  che  si  spande

N ell’aria.  C’è  tanta  intensità  in  esso  che

S arebbe  una  magia  poterlo  racchiudere  in  una  coppa.

I nspiegabilmente  è  per  me  dolcezza

T rovarmi

A lla   tua  ombra  e  sotto  te,  sostare.

 

ISABELLA  SCOTTI

Spero  vi  piaccia  quanto  la  mia  prima  composizione.  Un  abbraccio  a  tutti  gli  amici  che  passeranno  di  qui.   Buona  domenica.


Ricordi  quell’estate ?

Ci  piaceva  stare  al  riparo

sotto  la  magnolia.

E  quel  giorno,

con  una  coppa  di  champagne

in  mano,

guardandoci  negli  occhi,

ci  mettemmo  a  pensare

con  intensità

a   quell’infinita  dolcezza

che  era  l’essenza

del  nostro  amore.

Isabella  Scotti

Ho  aderito  con  piacere  alla  tua  richiesta  cara  Franca  di  partecipare  a  questo  gioco  di  parole  mescolate  assieme.  Ho  pensato  così  di  farti  dono  di  questa  mia  creazione.  Buona  giornata  . Isabella

foto  da  wikipendia


Dicembre era l’ultimo mese dell’anno nell’antico calendario romano, che si suddivideva in dieci mesi. I Sassoni lo chiamavano ” winter-monat” o ”mese d’inverno” e anche ”heligh-monat” o ”mese santo” per il fatto che vi cade il Natale. Il 22 dicembre è la data del solstizio d’inverno, quando il sole raggiunge il tropico del Capricorno.

Detti:

”Montone pasciuto, cervo vellutato , Natale viene una sola volta all’anno , quando viene porta tanta allegria, ma non c’è più, una volta andato via”.

”In dicembre altro non hai da fare che stare al caldo e riposare”.

”E dopo di lui veniva il gelato dicembre,e tuttavia coi suoi allegri festini e falò accesi,non ricordava il freddo, tanto la nascita del Redentore la sua mente allietava. Una capra dalla barba ispida cavalcava, la stessa, dicono, del dio Giove bambino,e in mano reggeva una coppa larga e fonda dalla quale beveva alla salute di tutti i suoi pari.”            Spenser

”Un vecchio raggrinzito e bisbetico, così ti dipingono Vecchio Inverno, con irsuta barba grigia come il folto muschio che ricopre il melo; labbra bluastre, un ghiacciolo pendente dall’affilato livido naso, imbacuccato mentre arranchi solo, lungo la tua cupa strada tra pioggia e neve turbinante. Ma perchè Vecchio Inverno non dipingerti accanto al focolare, in ampia poltrona assiso, mentre guardi i bambini in festa natalizia,o attorniato da loro mentre dicono qualche motto gioioso o narrano storie paurose di delitti o spiriti inquieti che turbano la notte? Mentre tu ravvivi il fuoco languente o gusti la matura birra d’ottobre, bruna”.            R. Southey


<< Il mondo mediterraneo fino all’affermazione della supremazia romana, era molto eterogeneo. Ciascun popolo si differenziava anche e soprattutto  per le abitudini alimentari e conviviali. E quando Roma si rafforzò in potenza , essa diventò  un crogiolo di razze dove uomini diversi, provenienti da tutti gli angoli del mondo allora conosciuto, s’incontravano mescolando gusti e abitudini a tavola. Inoltre qui vivevano, tutti coloro che portati come schiavi da lontani paesi ,erano divenuti pedagoghi ,coppieri, cuochi riversando nella vita di tutti i giorni,le loro abitudini comprese quelle alimentari. A Roma s’incontravano così tutte le culture, le mode, e le cucine del tempo ed essa assorbì tutti questi influssi, ma ne fece anche una cernita. Perciò, alla fine, fu soltanto lei, con i suoi gusti e le sue scelte, a dire l’ultima parola; e la sua influenza impose il suo modo di vita nel resto dell’impero. Le notizie che si hanno sull’alimentazione e i banchetti romani sono molte e ci vengono soprattutto da scrittori, poeti , e storici latini a partire dagli autori dei Trattati di Agricoltura, il più antico tra i quali , Catone il Censore, scrisse tra il III e II secolo a. C. e ci lasciò ottime ricette di cucina, dove ingredienti e dosi, metodi di cottura possono venire utilizzati anche oggi. Più tardi i poeti iniziarono a raccontare e descrivere momenti conviviali tra amici, fastosi banchetti offerti dagli imperatori. Il raffinato Petronio dedica una parte del suo Satyricon al banchetto di Trimalcione che viene rappresentato mentre scimmiotta l’imperatore e la sua corte. Giovenale ci racconta di un gigantesco rombo regalato a Domiziano da un pescatore, che non trovando una pentola adatta a contenerlo , provocò una sessione straordinaria al Senato che decise di far fare un tegame su misura per cucinarlo. Plinio il Vecchio ci racconta di pane e frutta mentre Varrone e Columella ci descrivono i vari impianti zootecnici, tra i quali , molto interessanti, quelli dei piscinarii, così chiamati i proprietari di allevamenti di pesci. Anche gli storici ci raccontano cose simpatiche in materia. Da Sparziano apprendiamo qual’era il piatto preferito di Adriano: il tetrafarmaco. Una pietanza che consisteva in un involucro di pasta dolce nel quale venivano rinchiuse carni di fagiano, lepre e cinghiale. Plinio il Vecchio ci racconta di come Tiberio adorasse i cetrioli, tanto che i suoi giardinieri avevano inventato delle serre, coperte da vetri e montate su ruote, per sfruttare al meglio il sole e farglieli avere così tutto l’anno. Preferiva a cibi costosi radici e verdure ed era ghiotto anche di pastinache, un tipo di carote che faceva venire appositamente dalla Germania dove crescevano le migliori. Apicio era un famoso e ricchissimo gastronomo che si rovinò per la sua tavola. Egli era capace di armare una nave e solcare le acque del Mediterraneo per cercare di procurarsi gamberi di dimensioni fuori del normale. Così fece quando seppe che quelli libici lo erano davvero. Ma ahimè l’informazione si rivelò infondata e tornò quindi amaramente indietro. Come conseguenza di tali follie il suo patrimonio, che per altri sarebbe stato principesco,si ridusse per lui ad una cifra tale, inadeguata ( sempre secondo lui ) al tenore di vita al quale era abituato. A questo punto preferì offrire una cena memorabile, mise del veleno nell’ultima coppa di vino e terminò la sua vita su di un letto tricliniare, come era a lui più congeniale. Questo, secondo Marziale, fu il suo più notevole atto di golosità. Di Apicio si parlò molto, tanto da entrare nella leggenda. Esiste un libro di ricette, scritto da altri , all’interno del quale ci potrebbero essere alcune sue ricette. Il De re coquinaria ( ”Sulla cucina” ) che scritto in latino tardo, nel IV  secolo d.C contiene molte ricette e sembrerebbero riunite scegliendole da vari testi. Sicuramente alcune ricette sono tratte da testi di cucina greci e latini andati perduti ed ecco quindi l’importanza di tale testo , l’unico pervenutoci ed al quale fare riferimento per la cucina antica.>> Ho riletto questo articolo, che giudico molto interessante, prendendo dalla mia libreria  la rivista ” ARCHEO-attualità del passato” sfogliandola come faccio spesso, anche con altri libri e riviste che ho in notevole quantità, ogni volta che mi diletto nello ”spolvero quotidiano”. Spero abbia interessato anche voi e vi aspetto alla prossima dove parlerò di Pompei ed Ercolano.

fonte: <<Archeo- attualità del passato >>     articolo di Eugenia Salza Prina Ricotti      dicembre 1988