… l’Italia entra in guerra. Comincia il periodo più brutto per tanti giovani che ignari dovranno partire per affrontare un nemico di cui non conoscono nulla. Il poeta Giuseppe Ungaretti fervente interventista, parte all’inizio della guerra come volontario. Al fronte cambierà parere, rimanendo invece sconvolto dalle brutture della guerra, dal vivere in solitudine, soffrendo il freddo e la fame, osservando da vicino la morte, e prenderà allora coscienza dell’utilità dello scrittore quale testimone di un conflitto spietato dove l’uomo, persa ogni dignità affida la propria vita al caso sperando comunque di poterne uscire indenne. Nascono così, quasi come un intimo diario , alcune delle sue più belle liriche.
S. Martino del Carso
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro.
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto.
Ma nel cuore
nessuna croce manca.
E’ il mio cuore
il paese più straziato.
Cima Quattro, 23 dicembre 1915 ( Primo Natale al fronte del poeta )
Veglia
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrate
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.
Soldati
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.
Ed ora dopo l’angolo della poesia ecco la canzone
e dopo la canzone un’interpretazione originale della stessa in un film moolto particolare…
Di nuovo stupita, debbo ringraziare per tre nomination.
Franca (http://lemieemozioniinimmagini.wordpress.com// ), Maria ( http://nonsoloparole.wordpress.com//) e Federica ( http://ninjalaspia.wordpress.com// mi hanno nominata per il BOOK NOMINATION, premio che a dire il vero accetto volentieri perchè mi fa sentire importante anche se poi effettivamente non lo sono mica, ricordatevelo. Comunque tornando a noi è un premio che non ha domande a cui rispondere( meno male dico io). L’unica cosa nominare altri cinque blogger e riportare la pagina di un libro letto. Voglio dire una cosa a riguardo. Il libro da me scelto è un libro letto molto tempo fa, verso la fine degli anni 80 ed è un libro di Mario Tobino ( 1910 – 1991) che oltre che essere stato scrittore, poeta, era anche un famoso psichiatra. Scrisse questo libro quando ormai era prossimo alla pensione. Il titolo è ”Gli ultimi giorni di Magliano”. Un libro dove racconta la sua esperienza di medico vicino ai malati di mente nel manicomio di Lucca e dove parla anche molto della legge 180 sulla chiusura dei manicomi. E’ proprio a testimonianza di ciò che riporto un brano che ritengo, almeno dal mio punto di vista, importante e indicativo se rapportato alle tante situazioni che quotidianamente ci vengono offerte dai media. Con ciò, anche se a malincuore, consapevole di fare torto a qualcuno, nomino oggi cinque blogger ai quali dedico questo premio.
http://Signorasinasce.wordpress.com//
http://Tra Sottosuolo E Sole. wordpress.com//
http://Vivere per Amare.wordpress.com//
http://Tuttolandia.wordpress.com//
http://viaggioperviandantipazienti.wordpress.com//
Ecco ora il brano da cui prendo gli stralci più, a mio giudizio, importanti :
”…La legge ha già un numero : 180, una data: 13 – 5 -1978.
In sostanza stabilisce, impone che i manicomi siano aboliti, come il dionisiaco e il diavolesco della follia non esistesse. La follia è una malattia qualsiasi, come il morbillo, la difterite.
Se qualcuno, occasionalmente, ha manifestazioni ”diverse” prima deve essere curato fuori, lontano dall’ospedale psichiatrico, che è infetto, curato in ambulatori di Igiene Mentale che saranno situati sparsi nei diversi punti del territorio. Se poi capita che un diverso, un matto, diventa acuto,è pericoloso, necessita che sia ricoverato,allora sorgono due casi. Il diverso rifiuta il ricovero, grida che non è matto, non vuole entrare in nessun reparto. Invece il medico certifica che è un acuto e necessita che sia ricoverato. A questo punto il sindaco, dopo aver preso conoscenza del o dei certificati , dispone il ricovero ”obbligatorio”, che non dovrà durare più di sette giorni, salvo proroga. E dove sarà curato questo diverso che rifiuta le cure? Mai più in un manicomio, ma in un servizio psichiatrico, in un piccolo reparto che sarà istituito,- e sembra che la legge sia decisa su questo punto- lontanissimo dal manicomio, e distante anche da quel reparto neurologico che può esserci in un ospedale civile. Ed ora viene il bello.
Questo nuovo reparto, chiamato Servizio Psichiatrico, non può avere più di 15 letti. E se arriva un sedicesimo matto? Impossibile, la legge lo vieta, solo 15.
Ed ecco il secondo caso.
Un diverso è divenuto acuto e necessita di ricovero ma questo, all’opposto dell’altro che lo rifiutava, accetta il ricovero, è volontario, è lui stesso a domandare di essere curato. Allora, in questo secondo caso, il diverso sarà accolto – anche questa è buona! – nelle normali corsie di un ospedale civile, in uno dei tanti reparti di medicina interna, ortopedia, chirurgia, otorinolaringoiatria, eccetera.
Infatti la follia non c’è , non esiste l’aggressività il furore e tutto l’altro corteo di sintomi. Quella diversità è come un mal di gola, meno di un’appendicite, una cura di sette giorni o poco più. Il diverso ritorni in società, si riinserisca, insomma ritorni a casa sua, in famiglia, tra i fratellini, il nonno, la nonna. Incredibile! Oggi non esistono più le famiglie patriarcali, le grandi case, i domestici, i vicini che volentieri danno una mano. Lo stragrande numero di persone vive negli alveari delle grandi città; l’inquilino di sotto è svegliato di notte dallo sciacquone dell’inquilino soprastante; l’inquilino di destra deve sorbirsi tutta la lite che tra marito e moglie spesso si sdipana nell’appartamento contiguo. Ed è qui che si immette, si inserisce uno schizofrenico,il quale può agitarsi, spaccare tutto, urlare oppure serrarsi in un mutismo minaccioso di qualsiasi imprevedibile azione. Come possibile uno schizofrenico, di quelli schietti,, in una cella di alveare dalla quale inoltre gli è facile fuggire? E se, con un gelido sorriso, si esibirà in splendide oscenità, in estreme impudicizie? E i malinconici, che adorano la morte? che d’improvviso si precipitano nel suo pozzo? mentre nelle stanze accanto respirano gli ignari genitori e la giovane sorella sogna? Ma la legge sottointende: in questi casi interviene il servizio psichiatrico esterno, gli infermieri sparsi nel territorio. Dunque nelle case entrano degli estranei, degli sconosciuti; e già le case sono strette. E questi sconosciuti che fanno, come operano? Se usano in dosi massicce gli psicofarmaci, non è un’altra violenza? oppure, se si asserragliano intorno al letto del malato, lo contengono, non riproducono in piccolo un altro manicomio? In una metropoli, quanti di questi microscopici manicomi dovranno nascere? Quanto costeranno? Che cifre spropositate i cittadini dovranno versare per questa nuova cura della follia?…”
Sicuramente a distanza di anni qualcosa sarà cambiato, ci saranno state delle migliorie, ma secondo me il problema di fondo rimane e la cronaca spesso ce lo testimonia.
Ed ora una menzione speciale.
Questo premio è una rivalsa di alcuni ragazzi che hanno sfidato le nomination alcoliche con quelle letterarie, dimostrando di non essere prede della debolezza, ma protagonisti dell’altra faccia della medaglia, quella che non si lascia bruciare a nessun costo.
Il titolo che ho voluto dare a questo post è ciò che provo constatando con tristezza da quanto tempo ormai assistiamo a tragedie immani, allagamenti, frane, in questa nostra terra italiana. Tragedie annunciate ma sistematicamente ignorate. E una cosa che mi chiedo è questa : perchè i telegiornali non fanno altro che servizi chilometrici, intervistando quotidianamente chi ha perso tutto , case, affetti, dopo che succede un disastro e non prima, per documentare situazioni drammatiche già in atto che appunto perchè documentate potrebbero essere evitate? Perchè non si va prima nelle zone a rischio, di cui senz’altro i giornalisti sono bene informati invece di fare dopo sensazionalismo sfruttando e usando per il proprio tornaconto il dolore di famiglie sfortunate? Una volta esisteva il ”giornalismo d’inchiesta” al quale poter attingere e studiare situazioni complicate. Non voglio qui occuparmi di chi debba farsi carico affinchè tali tragedie ( vedi in Sardegna, nelle Marche in Abruzzo, senza dimenticare la tragedia poi di Prato, città di cui si sapeva da quel dì che fosse piena di cinesi lavoranti in nero) non succedano più, voglio solo dire che detesto questa ipocrisia italiana dove tutti si scandalizzano sempre dopo che succede il danno. A tale proposito voglio postare una lettura trovata in un testo ”scolastico” per la scuola elementare del 1968, testo in cui si parlava di educazione civica dal titolo ”Lavoriamo insieme”. Mi è molto piaciuta e dimostra che forse allora nella scuola si tentava di dare indicazioni per una vita responsabile e cosciente. Se poi l’uomo non ha saputo fare proprie certe istanze è solo colpa sua.
”Gli alberi, poesia della terra”
Essi sono più buoni degli animali e degli uomini. Essi non sanno che donare : il fiore e il frutto; l’ombra e il riparo, e il colore e il profumo. Essi non domandano che un poco di rispetto e di amore. Uniti in macchie e foreste, assumono la bellezza di un miracolo, la forza di un esercito, la saldezza di un baluardo. Con le radici trattengono i terreni in pendio e ne impediscono le frane; coi fusti oppongono schermo alle furie dei venti e barriere al crollare delle valanghe; coi balsami che sprigionano da foglie e da resine, essi risanano l’aria e sventano l’insidia del male. Così la voce della poesia li benedice, e ne esalta le docili trasformazioni nelle cose buone e utili dell’uomo : ” Siate voi benedette, o foreste, che date i legni odorosi alle cose più sante della vita : le arche delle massaie, i banchi della scuola, i balocchi per i nostri fanciulli, i cavi strumenti per il suono, le navi che solcano il mare, le culle, le bare, la croce a piè della quale, ogni alba e ogni sera, diamo un’ala e una voce all’anima, nella preghiera. ”
L. Orsini