Archivi tag: campagna

Ludwig  van  Beethoven  amava  molto  passeggiare  e  quindi  usciva  ogni  giorno  di  casa,  con  qualsiasi  tempo.  Se  il  cielo  era  clemente  si  avviava  in  campagna,  se  pioveva  restava  in  città.  Camminava  lentamente  per  le  vie  di  Vienna,  si  soffermava  davanti  ai  negozi,  talvolta  ne  varcava  la  soglia  per  un  acquisto.  Entrava  sovente  anche  in  qualche  caffè  o  addirittura  nelle  osterie.  In  mezzo  alla  gente  comune  era  allegro  e  disteso,  assai  più  di  quanto  non  lo  fosse  nei  salotti  dell’aristocrazia,  dove  spesso  si  sentiva  a  disagio.  Talvolta  non  disdegnava  pranzare  in  trattoria  con  gli  amici.  Anzi  ne  era  molto  contento.  Erano  le  ore  in  cui  si  distendeva,  si  abbandonava  all’estro  del  momento,  meravigliava  i  presenti  con  battute  di  spirito,  con  commenti  caustici  e  pieni  di  umorismo.  A  volte  diventava  talmente  allegro  tanto  da  stupire  gli  amici  abituati  a  vederlo  accigliato.  Come  tutti  i  viennesi,  amava  passeggiare  al  Prater,  il  vastissimo  parco  alle  porte  di  Vienna  che,  un  tempo  proprietà  della  famiglia  imperiale,  era  stato  aperto  al  pubblico  dall’imperatore  Giuseppe  II.  Il  Prater  aveva  magnifici  viali  dove,  al  trotto,  andavano  e  venivano  carrozze,  nelle  quali  intere  famiglie  si  godevano  il  piacere  di  una  corsa  ad  andatura  dignitosamente  moderata.  Qua  e  là,  dove  gli  alberi  formavano  una  specie  di  anfiteatro,  suonavano  orchestre  che  alternavano  pezzi  d’opera  a  musica  sinfonica,  e  a  marce  militari.  Sotto  agli  alti  castagni  erano  sistemati  piccoli  accoglienti  caffè  frequentati  da  un  pubblico  vivacissimo  che  dava  l’impressione  che  fosse  sempre  domenica.  Con  il  suo  taccuino  in  mano,  il  grande  Ludwig  passeggiava  senza  una  meta  precisa,  sognando  ad  occhi  aperti  (  cosa  che  gli  capitava  spesso),  mescolato  tra  la  folla,  tra  bambini  che  gli  correvano  incontro  per  offrirgli  fiori.  Abbastanza  spesso  Beethoven  lasciava  il  Prater  per  ritrovare  i  suoi  amici  all’Albergo  del  Cigno  Bianco,  al  ”Cammello  nero”,  alla  ”Città  di  Trieste”,  caratteristici  locali  alla  moda  dove,  tra  il  fumo  del  tabacco  e  l’acre  odore  dell’alcool,  fervevano  discussioni  che  toccavano  i  più  disparati  temi  connessi  all’arte  e  alla  vita  del  pensiero.  Beethoven  entrava;  si  sedeva  ad   un  tavolo,  ordinava  un  bicchiere  di  birra  e  ad  occhi  chiusi  fumava  una  grossa  pipa.  Se  qualche  amico  lo  toccava  su  di  una  spalla,  si  risvegliava  come  da  un  sogno  aprendo  gli  occhi  ,  estraeva  il  suo  ”quaderno  di  conversazione’  e  ordinava  a  gran  voce  all’interlocutore  di  scrivergli  ciò  che  voleva   chiedergli.   In  alcune  locande  i  musicisti  si  riunivano  per  presentare  anche  le  loro  composizioni .  Capitò  così  che  alla  ”Zum  wilden  Mann”  Beethoven  facesse  eseguire  i  suoi  stupendi  quartetti  dal  famoso  complesso  Shuppanzigh.  Frequentando  le  allegre  compagnie,  Ludwig  imparò  a  gustare  lo  champagne,  anche  se  ricordando  il  padre  semi-alcolizzato cercava  di  astenersene  il  più  possibile,  scrivendo  all’amico  Kuhlau  che”  queste  cose  soffocano,  anzichè  eccitare  il  mio  fervore  creativo”. Gli  piaceva  conversare  di  politica ( dopo  la  Rivoluzione  francese  era  convinto  che  ben  presto  in  Europa  ci  sarebbero  state  tutte  Repubbliche),  era  colto,  leggeva  molto.  Naturalmente  frequentava  anche  i  negozi  di  musica,  famosi  a  Vienna,  dove  ogni  settimana  poteva  incontrare  gente  del  suo  mondo,  maestri,  editori  e  dilettanti  di  musica.  Bel  mondo  no,  che  ve  ne  pare?  Nel  prossimo  post  dedicato  a  questo  grande  musicista,  racconterò  qualcosa  della  sua  sordità.

 

DSC_0038

 Il   Caffè   D’Argento   in  Spiegelgasse,  litografia  di  Katzler

 

DSC_0040

La  Locanda   del   Cigno   Bianco   al   mercato   nuovo

Antonio   capisci  ora  perchè  mi  sarebbe  piaciuto  vivere  al  tempo  di  Beethoven a  Vienna?  Mi  pare  si  respirasse  aria  di  cultura e  fosse  una  città  altamente  vivibile… meglio  senz’altro  delle  città  di  oggi  convulse  e  piene  di  traffico.

fonte:  I    Grandi  di  tutti  i  tempi  —   Beethoven

Periodici   Mondadori

 


Il ricordo è come un’onda del mare, che arriva improvvisa e ti sommerge. Non puoi far altro che abbandonarti a lei, facendoti trasportare come quando si fa il”morto a galla”. E il tempo presente si frantuma in tanti piccoli o grandi momenti della nostra vita passata. Ritornano così immagini o rivivono episodi ,che sono stati il nostro vissuto nel bello e nel brutto. Si risvegliano  allora emozioni che credevamo sopite per sempre e  relegate in un angolo del nostro essere. Così succede a me, ogni volta che ritorno a Bassano del Grappa, a Nove dove sono nati i miei genitori e dov’è sepolto mio padre, a Marostica , dove si rappresenta la famosa partita a scacchi in costume.  Rivedere la bella campagna veneta da cui partono le mie origini. Luoghi da me molto amati ,ai quali faccio ritorno sempre con una gioia infinita. Forse perchè  il tornare è quel ricordo che affiora, e rivedere paesi che per me hanno una forte valenza sentimentale, è un ripercorrere un pò la strada della mia vita. Qui vivevano soprattutto i parenti di mia madre, più numerosi , oltre due cugini di mio padre che ancora adesso con piacere andiamo sempre a trovare.  Ricordo la casa della mia bisnonna ,chiamata affettuosamente ”nonna Nana”, nel quartiere di San Vito, sulla strada che va da Bassano verso la Valsugana. Era una grande casa su quattro piani, con un’ enorme cucina al piano inferiore dove si trovava il focolare con il suo bel ”caliero” così chiamato , in veneto, il paiolo per la polenta, e un lavabo in travertino, al di sotto del quale delle tendine nascondevano delle pentole in rame.  C’era una stanza, dove la zia Aida teneva una bella macchina da cucire  che le serviva per il suo lavoro di sarta e dove, in un salottino vicino, riceveva le sue clienti. Le camere da letto ai piani superiori erano spaziose e con la mia bisnonna, vedova, vivevano le sue tre figlie,  tutte sposate e  sua sorella ”la zia Marina”.  All’ultimo piano c’era il granaio dove si radunavano le provviste di cibo e dove ”nonna Nana”aveva ricavato degli spazi dove far dormire tutti i nipoti, anche quelli come me che arrivavano d’estate. Il bagno era all’esterno della cucina in un grande cortile, dove in un recinto la nonna teneva dei conigli. Mi piaceva molto quella casa. Mi divertiva la compagnia di quei cugini, ben più grandi di me, di quegli zii spiritosi, e dei miei nonni con i quali mi accompagnavo, aspettando più tardi l’arrivo di mia madre con mio fratello, più piccolo di me di due anni. Ricordo le passeggiate serali verso la stazione, sotto le stelle, le risate: sembravamo una carovana. E poi c’era Bassano. Il suo famoso” ponte degli alpini”,  il fiume Brenta nel quale mio padre adorava bagnarsi, e la campagna veneta da girare in bicicletta in un traffico quasi inesistente.  Il tempo passa, le persone assumono atteggiamenti diversi , le mode cambiano, tutto si trasforma, ma anche  tutto rimane. Ed ecco allora” Piazza della Libertà”, un tempo” Piazza dei Signori” ,  con la grande chiesa oggi in restauro, il Museo civico,  sorto nel 1828, il più antico del Veneto e le librerie famose come quella ”Roberti” ad esempio, fulcro se vogliamo della vita culturale di Bassano fatta anche di rappresentazioni teatrali, danza, opere liriche. Senza dimenticare la ceramica: vasi, piatti, centrotavola tutti disegnati e colorati d’azzurro e di giallo. La famosa grappa Nardini, da prendere rigorosamente prima di attraversare il ponte d’inverno, per affrontare meglio il freddo che scende  dalla Valsugana. Possibile che mi prenda questo nodo alla gola nel riscoprire angoli fioriti e  nel risentire nell’aria i profumi di un tempo? E’ questa terra che sento mia, pur essendo nata a  Roma. Terra che mi parla con la sua storia, con i suoi panorami, con il Monte Grappa ricco di passato. Questa campagna veneta sa sempre accogliermi, sa rilassarmi e coccolarmi, ed  è in fondo proprio qui, che io mi sento veramente bene.