Dolomiti – foto Andrea Romani
Incerta,
a fatica ,
proseguo
il cammino ,
altro non
posso fare.
Lascio
che il vento
asciughi
le mie lacrime
una ad una,
ma subito
riscendono
copiose ,
senza freno ,
mentre
affondano
nel mare
dell’ assurdo
tutti i miei perché.
M‘ interrogo,
non ho risposte,
vorrei capire
ma non c’ è modo
di trovare spiegazione.
E allora
ogni giorno
diventa uguale
all’ altro.
Fintanto
che la spada
che trafigge
il mio cuore,
non cadrà,
circolerò
ombra
di me stessa,
facile preda,
ancora una volta,
di un dolore
che spezza
le gambe.
Isabella Scotti 11 settembre 2020
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Caro Ricky è già passato un mese senza te. Ci hai lasciato così in fretta che ancora ci guardiamo attorno senza capire. Ma in fondo nulla c’è da comprendere, solo accettare. Sei in noi sempre e per sempre, sei assenza diventata presenza continua. Oggi ricordare quel giorno d’ agosto fa male, troppo male. Aspetto che il tempo ci dia una mano, che ci aiuti a sopportare il fatto di non vederti più, di non poter più ridere con te . Dicono che il tempo sia galantuomo, che medica ogni cosa , che in fondo bisogna solo attendere. Voglio crederlo, anche se sono sicura che lunga sarà l’ attesa.
Questa canzone ti ha accompagnato mentre i tuoi amici ti portavano sulle spalle per farti fare ” meta ” un’ ultima volta . Te la dedico di nuovo. Con tanto amore
tua zia Isabella
Quando Ricky se n’è andato ho già detto di quanta gente sia venuta al suo funerale. Tanti , di quella gente, erano suoi amici rugbisti, colleghi sportivi , e amici di sempre. Mio fratello li ha voluti ringraziare con queste parole che voglio farvi conoscere. Lo faccio ora , a distanza di un mese, perché la troppa emozione, il troppo dolore non mi hanno permesso di farlo prima. Ecco le sue parole
Padre mio, mi sono affezionato alla terra quanto non avrei creduto. E’ bella e terribile la terra. Io ci sono nato quasi di nascosto, ci sono cresciuto e fatto adulto in un suo angolo quieto, tra gente povera, amabile ed esecrabile. Mi sono affezionato alle sue strade, mi sono divenuti cari i poggi e i suoi uliveti, le vigne, perfino i deserti. E’ solo una stazione per il Figlio tuo la terra, ma ora mi addolora lasciarla e perfino questi uomini e le loro occupazioni, le loro case, i loro ricoveri. Mi dà pena doverli abbandonare. Il cuore umano è pieno di contraddizioni ma neppure un istante mi sono allontanato da te. Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi, o avessi dimenticato di essere stato. La vita sulla terra è dolorosa ma è anche gioiosa. Mi sovvengono i piccoli dell’uomo, gli alberi, gli animali. Mancano oggi qui, su questo poggio che chiamano ”Calvario”. Congedarmi mi dà angoscia più del giusto. Sono stato troppo uomo tra gli uomini, o troppo poco ? Il terrestre l’ho fatto troppo mio o l’ho rifuggito ? La nostalgia di Te è stata continua e forte. Tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna. Padre non giudicarlo questo mio parlarTi umano quasi delirante, accoglilo come un desiderio d’amore, non guardare alla sua insensatezza. Sono venuto sulla terra per fare la tua volontà, a volte l’ho anche discussa, sii indulgente con la mia debolezza. Te ne prego. Quando saremo in cielo ricongiunti, sarà stata una prova grande ed essa non si perde nella memoria dell’eternità. Ma da questo stato umano di abiezione vengo ora a te, comprendimi, nella mia debolezza.
Mi afferrano, mi alzano alla Croce, piantata sulla collina. Ahi Padre m’inchiodano le mani e i piedi…
Qui termina veramente il cammino.
Il debito dell’iniquità è pagato all’iniquità.
Ma Tu sai questo mistero.
Tu solo.
Penso che leggere queste parole scritte da Mario Luzi per la Via Crucis del 1999, non possano che non entrare direttamente in ciascuno di noi.. Colpisce ( almeno è ciò che è capitato a me) come Luzi abbia trattato l’umanità di Gesù. La sua paura, la sua angoscia nel dover affrontare la morte, è la stessa penso, di tutti noi, è ciò che ce lo fa sentire vicino, possiamo comprenderne la tristezza per essere costretto ad abbandonare questo mondo, e Luzi rende bene il concetto quando fa dire a Gesù : ” Mi sono diventati cari i poggi e i suoi uliveti…” ed il timore di affrontare qualcosa di cui ancora ignora come sarà. Auguro che ciascuno possa un attimo riflettere su ciò che siamo e su ciò che ci aspettiamo da questa vita. La preghiera aiuta molto, sempre, anche nei momenti peggiori, anzi proprio con la preghiera si possono superare momenti di sconforto e dolore. L’ho sperimentato varie volte, ve lo assicuro. La morte, il dolore ci appartengono, sono la vita. Affidiamoci come Gesù al Padre, pur nel timore e angoscia. Auguro a tutti voi una serena Pasqua. Vi voglio bene. Isabella