” Sono tre volte senza patria : un boemo tra gli austriaci, un austriaco tra i tedeschi e un ebreo tra i popoli di tutto il mondo ”
Gustav Mahler
Verso la fine dell’ Ottocento il romanticismo era ormai stato esplorato in ogni sua forma e si stava evolvendo in qualcosa di più variegato e moderno, sebbene qualcuno avesse ancora molto da dare a questo movimento che aveva influenzato arte, letteratura e musica. Il tardoromantico, come venne definito, fu rianimato dalla figura di un compositore e direttore d’ orchestra austriaco di grandissimo spessore, Gustav Mahler, che rivisitò la sinfonia e l’opera senza dimenticare la lezione dei grandi del passato come Beethoven e in seguito Brahms e Wagner.
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Gustav Mahler proveniva da una famiglia di origine ebrea, che aveva messo radici in Boemia, dove ebbe i natali nel 1860. La sua infanzia non fu particolarmente felice poiché molti dei suoi familiari morirono in età prematura. Questi eventi nefasti resero il suo carattere particolarmente difficile, ma una passione lo aiutò a superare le avversità : la musica , che il padre gli aveva fatto conoscere fin da quando era piccolo, essendo stato egli stesso un violinista dilettante. Le nozioni che aveva così assimilato gli permisero di accedere al conservatorio all’età di quindici anni. Si trasferì per questo a Vienna, una delle capitali della musica classica internazionale, dove prese lezioni per qualche anno.
Appartiene a quel periodo un saggio scolastico di cui è rimasta parte dello spartito. Si evincono le sue qualità artistiche che lo avevano fatto emergere tra gli altri studenti, suscitando anche qualche invidia tra i giovani colleghi musicisti. La sua carriera iniziò a decollare quando aveva appena vent’anni, prima come maestro di musica al teatro di Bad Hall , dove aveva trovato posto come sostituto, poi in veste di direttore d’orchestra, ruolo che lo condusse a dirigere nei più grandi teatri d’ opera dell’ epoca. Furono il suo vasto repertorio, e le sue straordinarie capacità interpretative a renderlo famoso. Nel 1897 accettò la prestigiosissima mansione di direttore artistico dell’ Opera Imperiale di Vienna. Tuttavia, per assumere questo ruolo fu costretto a convertirsi al cattolicesimo poiché l’impero asburgico vietava ad ebrei o agnostici, incarichi imperiali.
Nella decade successiva, l’ impegno di Mahler trasformò Vienna da centro propulsore dell’ Europa a capitale mondiale della musica di qualità. In quel periodo conobbe e frequentò gli intellettuali più rinomati che gravitavano in città, come Klimt e Schiele.
Gustav Klimt biografieonline.it
Su Klimt troverete qualcosa che lo riguarda, ( al di là della biografia che potrete trovare su Wikipedia ), aprendo questo link
https://isabellascotti.wordpress.com/2015/08/25/vienna-il-palazzo-della-secessione//
Egon Schiele – Picture of Leopold Museum , Vienna tripadvisor.com
Lascio qui questo link https://www.settemuse.it/pittori_scultori_europei/egon_schiele.htm
dove potrete scoprire qualcosa di più di questo artista.
Nel 1907 Mahler si trasferì a New York dove venne chiamato a dirigere la Metropolitan Opera House,
per poi passare alla New York Philharmonic. Nel poco tempo libero che gli restava, quando i suoi impegni lavorativi si allentavano, poteva dedicarsi a un’ altra delle sue grandi passioni : la composizione.
Scrisse nove sinfonie e proprio dalle loro caratteristiche si evincono tutti gli influssi delle correnti sviluppate nel XIX secolo, basate sempre su una trama di tipo contrappuntistico, * in cui però l’orchestra non mescola i suoni, ma produce melodie chiare e ben distinguibili, dove ogni strumento spicca e si fonde col suo particolare timbro, precorrendo alcuni sviluppi che caratterizzeranno la musica del XX secolo.
* CONTRAPPUNTO : http://www.treccani.it/vocabolario/contrappunto
Sebbene gli spunti innovativi non mancassero, alcune di queste sinfonie si distinguevano per la durata, che andava spesso oltre i novanta minuti come accade per la Terza, in sei movimenti. Non bisogna infatti dimenticare che aveva sposato la corrente romantica e per alcuni aspetti restava ancora uno strenuo tradizionalista, legato ai dettami del sinfonismo di matrice austriaco – tedesco.
I riflessi del passato e le incertezze del futuro si riflettevano quindi in sonorità nostalgiche che si alimentavano nella consapevolezza di vivere in un’ epoca di transizione, dove il mondo che conosceva stava andando a rotoli, e le novità avrebbero potuto peggiorare ancor di più la situazione.
Queste contraddizioni fra lo spirito romantico e l’ acuto pessimismo, che permeano tutta la produzione di Mahler , furono sviscerate da Sigmund Freud, presso il quale il compositore austriaco si recò, una sola volta, dopo aver scoperto il tradimento della moglie. Si trattò comunque di un colloquio durato all’incirca qualche ora, durante il quale venne ipotizzato da Freud che Mahler soffrisse del complesso della Vergine Maria, visto che spesso gli capitava di chiamare la moglie invece che Alma, suo vero nome, proprio Maria. Ciò comunque non intaccò la fama del musicista che portò il tardoromanticismo alla sua massima espressione.
Per orchestra scrisse ” Canti di un viandante ” del 1884, per piano e orchestra compose ” Il corno magico del fanciullo ” del 1888 e il ciclo ” Canti per i fanciulli morti ” del 1904.
Aveva invece le caratteristiche del Lied mescolate alla sinfonia, la composizione del 1908 ” Il canto della terra ”.
Non è facile definire esattamente cosa sia un Lied. Si può dire che già nel periodo rinascimentale ogni persona di qualità doveva conoscere quel tanto di musica , da poter cantare una semplice melodia o suonare un’ arietta su qualche strumento. In tanti all’epoca si cimentavano nell’ arte musicale. Lutero suonava il liuto e compose, o adattò, numerosi canti. Calvino non suonava né cantava, ma amava comunque la musica. L’ imperatore Massimiliano I , ” l’ultimo dei cavalieri ”, fu secondo la leggenda, l’ autore di una delle più popolari canzoni del suo tempo ”Innsbruck , debbo lasciarti ”
Comunque il Lied non comparve prima della fine del settecento, quando un certo Adamo Hiller, autore di un noto Singspiel tedesco, e Pietro Schultz cominciarono ad introdurre canti popolari nelle opere in miniatura, che incontravano il favore del pubblico e che furono talora imitate anche da Mozart. Stavolta fu quindi Berlino e non Parigi o Vienna, a celebrare questa nuova forma d’arte. Anche Goethe, pare ammirasse il Lied, seppure non ne avesse intuito le possibilità musicali. Certo è che Haydn, Mozart e lo stesso Beethoven amavano molto il Lied, mentre nella prima metà dell’ottocento fu molto apprezzato da Schumann e anche da Schubert. La sua fortuna dipese molto dalla disponibilità di uno strumento adatto ad accompagnare la voce. Il liuto era troppo difficile da suonare e il suono del violino troppo acuto. Quando arrivò il pianoforte, il problema fu risolto.
Come il clavicembalo, suo predecessore, il pianoforte è uno strumento a tasti e corde, ma con una innovazione, che mentre nei vecchi strumenti le corde venivano ” toccate ” in un modo analogo a quello con cui si pizzicano le corde del mandolino o della chitarra, nel nuovo venivano percosse da martelletti imbottiti, permettendo così di variare il volume dei suoni prodotti. Il nuovo strumento poteva venir suonato molto piano o molto forte, come diceva appunto il cronista, annunciando nel 1709 che il fiorentino Bartolomeo Cristofori , aveva inventato un gravicembalo col piano e forte.
Tornando a Mahler possiamo ricordare che nel 1902 conobbe e sposò Alma Schindler , che le diede due figlie , una morta a quattro anni di difterite e l’altra guarita dalla stessa malattia, che divenne invece da adulta scultrice.
Nel 1908 per tre anni consecutivi si stabilì nel Tirolo, a Dobbiaco, dove compose la sua nona sinfonia Das Lied von der erde e dove iniziò la decima. Al Metropolitan Opera House di New York debuttò il 1° gennaio del 1908 dirigendo Tristan und Isolde con Louise Homer , il Don Giovanni con Antonio Scotti *. Nel 1909 Le nozze di Figaro e La sposa venduta e infine nel 1910 La dama di picche con Alma Gluck dirigendo complessivamente cinquantaquattro recite. Dal 1909 al 1911 è direttore musicale della New York Philharmonic.
Malato gravemente di cuore dal 1907 fu costretto a cure delicate per una endocardite che lo costrinse a tornare dall’America, dove per un anno con i suoi concerti ebbe un successo strepitoso. Morì nel sanatorio Low di Vienna nel 1911. La sua decima sinfonia rimase incompiuta.
Qui vi lascio cari amici con La perdizione di Ken Russell . Un film affrontato dal regista alla sua maniera, con grande capacità filmica, di molta suggestione.
Alla prossima. La vostra Isabella
notizie da un articolo di Giuseppe Rigoletti e dal libro ” Le arti” di Hendrik Willem Van Loon
Una chicca : non sapevo che mio padre Antonio Scotti fosse omonimo del baritono Antonio Scotti *.
Quanto si impara facendo ricerche…
Visto che tra un pò è Pasqua, e qualche dolce sicuramente imbandirà le nostre tavole, parliamo un pò di pasticceria, un’arte antica che esprime una capacità manuale accompagnata ad una creatività e abilità nel mescolare ingredienti di ogni sorta che nei secoli si è sempre più specializzata dando origine a prelibatezze per tutti i gusti.
Risalgono all’antico Egitto le rappresentazioni dei primissimi laboratori di pasticceria, attraverso dipinti che raffigurano la lavorazione di pani dolci a forma di animali modellati a mano o in stampi. Anche però se i veri precursori dell’arte pasticcera furono i Greci, che fecero largo uso del miele introducendo nei dolci anche la frutta ( uva, noci, mandorle).
I precursori invece della canditura di fiori, frutta, semi furono gli Arabi che erano soliti servire agrumi e rose candite nei loro banchetti. I canditi di fiori rimasero in largo uso fino a tutto l’Ottocento, mentre i canditi di frutta sono ancora oggi utilizzati nei dolci come la cassata, la colomba, il panforte e il panettone.
Durante l’Impero Romano, al mestiere del panettiere si affiancò quello più raffinato del pasticcere, prima svolto unicamente dalle donne poi anche dagli uomini, tanto che si rese necessaria l’istituzione di una ”lega dei pasticceri” una sorta di moderna associazione di categoria. In epoca romana comparvero anche i dolci più elaborati, primi ”esperimenti” di un’arte che svilupperà la pasta sfoglia, i bignè, i budini…
Raffinatezza e maestria erano le doti attribuite ai pasticceri francesi nel Quattrocento, secolo in cui si formò la Confraternita di Sant’Onorato, in onore del Santo rappresentato con la pala da fornaio su cui sono posati tre pani.
Manuali e regole scritte di pasticceria risalgono all’età moderna. Celeberrimo il ”Libro de Arte Coquinaria” di Maestro Martino, dove tra l’altro sono trattati i tempi di cottura, per i quali si consiglia di non avere fretta e di regolarsi, per la perfetta riuscita di dolci e pietanze, su preghiere recitate a memoria.
Tra il XVIII e il XIX secolo la pasticceria tocca vertici altissimi e in Europa l’abilità dei ”maitres patissiers” come Antoine Careme e Jules Gouffè è riconosciuta come una vera e propria forma d’arte.
Oggi nessuno di noi penso davanti una bella pasticceria potrà passare oltre…Penso con golosità adesso anche a tutte le belle preparazioni pasquali di questi giorni. E allora siete pronti? Assaggiamo qualcosa? No, miei cari, tratteniamoci aspettando la Domenica di Pasqua. Avremo a nostra disposizione colombe, pastiera, uova di cioccolato e tutto ciò che decideremo di mettere in tavola…Aurevoir
Fonte: Da ”Buongusto – ogni sapore ha un seguito” Fratelli Carli
Non è semplice mettersi a parlare di un pittore straordinario come fu Vincent van Gogh; è un compito decisamente arduo di cui sono perfettamente conscia. Ma dal momento che la sua arte mi ha sempre colpito visivamente in maniera coinvolgente, ho deciso di affrontare lo stesso l’argomento parlando non solo dell’artista a grandi linee, ma soprattutto facendo parlare lui stesso, attraverso la corrispondenza ch’egli tenne con suo fratello Theo maggiormente , ma anche con sua sorella e qualche amico pittore. Nelle parole che leggerete, vedrete delinearsi con netta evidenza il suo carattere di persona intensamente interessata al colore, ad una natura dove trovava piacere identificarsi, molto sensibile e travagliato interiormente. E’ un modo per conoscerlo più da vicino che ce lo rende a volte, più uomo che artista e che rispecchia la sua visione della vita. Un percorso che vorrei fare con voi per scoprire ancor più questo pittore che ho sempre trovato nel suo esprimersi, affascinante e talvolta misterioso. Le lettere che scrisse sono circa 750. Alcune sono anche molto lunghe, dalle sei alle otto pagine, e accuratamente dettagliate. Si può dire che con le sue lettere Van Gogh abbia tracciato un itinerario biografico e stilistico completo, descrivendoci inoltre la maggior parte delle sue opere e corredando le lettere con disegni e schizzi riproducenti i quadri di cui parlava. A partire dal luglio 1880 ha scritto quasi esclusivamente in francese. Di nessun altro artista possediamo una documentazione così dettagliata e importante. Le lettere sono state pubblicate nel 1914 ( 3 volumi ) a cura della signora Johanna Bonger in Van Gogh, vedova di Theo Van Gogh, che vi appose una prefazione di sessanta pagine, prima traccia biografica completa sul pittore. Un’ edizione successiva ( 1953 , 4 volumi ) raccolse altre lettere ancora, o diede la versione integrale di lettere già pubblicate solo in parte. Questa edizione venne curata da Vincent Willem Van Gogh, figlio di Theo e quindi nipote del pittore.
Vincent non ebbe una vita semplice e serena. Una natura fragile la sua, tormentata capace però di grande commozione e incline alla generosità pur manifestando talvolta sentimenti disperati e violenti. Visse un’agghiacciante solitudine dell’anima, da solo a lottare con i colori, ( nel film ”Brama di vivere” del 1956 interpretato da Kirk Douglas nei panni del pittore, regia di Vincent Minnelli, c’è una scena che è sintomatica: Douglas che mangia i tubetti di colore, il che è veramente successo come è riportato in una lettera dell’artista indirizzata a Theo ) guidato unicamente da quel suo istinto animale e visionario che lo condannava a cercare la Verità attraverso la propria arte. E proprio quest’ultima riuscì a dare un preciso indirizzo di percorso alla sua vita confusa e inquieta. Era comunque una di quelle buone persone incomprese, talvolta derise per la propria sensibilità, e di questo soffrì terribilmente. Cercò sempre l’amore, lo sentiva come esigenza interiore, ma aveva una maniera goffa nel relazionarsi tale da portarlo all’isolamento. Solo il fratello Theo riuscì ad entrare in contatto con lui e grazie a Theo e ancor più, a sua moglie ( che si occupò dopo la morte del pittore di farne conoscere l’opera pittorica e il suo valore ) possiamo oggi ammirare le sue opere. Chiaramente ciò che vi proporrò saranno lettere in ordine sparso. Leggetele con interesse per entrare in contatto con il suo modo di sentire. Ascoltiamo ora le sue parole scritte al fratello nella lettera N. 227
”Caro Theo,
Uno studio che ho eseguito nel bosco è di alcuni tronchi di betulla su di una distesa di terreno ricoperta da rami secchi, ed una figuretta di una ragazza vestita di bianco. C’era la gran difficoltà di mantenerlo chiaro e di far entrare spazio tra i tronchi posti a distanza diversa— e la posizione ed il volume relativo di quei tronchi varia con la prospettiva—per far sì che si potesse respirare e camminarci attorno e per far sentire la fragranza del bosco.
E’ stato con estremo piacere che ho eseguito quei due studi.
Questa settimana ho dipinto degli studi piuttosto grandi, nel bosco, che ho cercato di svolgere in maniera più completa e con maggiore vigore dei primi.
Dopo esser restato seduto a disegnare , ci fu un temporale violento che durò per almeno un’ora. Ero tanto ansioso di continuare che me ne restai lì, e mi riparai come meglio potevo dietro un grande albero. Quando infine terminò e i corvi ripresero a volare, non rimpiansi di aver aspettato, per via della meravigliosa tonalità profonda che la pioggia aveva impartito al terreno.”
Vi aspetto alla prossima.
Fanciulla tra gli alberi —L’Aia, agosto 1882
Immagine da Wikipendia
Fonte ” La vita e l’arte di Van Gogh” Mondadori
Ringrazio con tutto il mio cuore tutti gli amici che con il loro pensiero si sono fatti sentire per gli auguri nel giorno del mio compleanno. Siete tutti splendidi. Vi voglio bene. Isabella
Volendo parlare di te come non rimanere prigionieri di un incantesimo? Come si fa infatti a non amarti, tu città unica dalle mille contraddizioni. Da una parte le bellezze di cui puoi vantarti, ricche di storia, il Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito, la Galleria Umberto, oggi tragicamente nota per la morte di quel ragazzo quattordicenne , che si è trovato nel momento sbagliato, sotto quel crollo improvviso di cornicione. Dall’altra quei tuoi vicoli , dove la delinquenza è all’ordine del giorno, scippi , droga, omicidi. Problemi che si trascinano da anni, senza mai trovare soluzioni. Ma al di sopra di tutto , rimani sempre tu Napoli , dove il turista può respirare l’aria frizzante del mare camminando lungo la bella via Caracciolo e ammirare in lontananza il Vesuvio che sembra osservarti attento. O girare al Vomero tra negozi eleganti o ancora passeggiando all’interno della bella Villa Floridiana . E i napoletani poi, genuini e schietti. Servirebbero parole infinite per parlare della tua storia, i borboni, l’arte napoletana, il teatro unico di Eduardo, di Titina e Peppino De Filippo tutti figli del grande Scarpetta, il grande Totò irresistibile nelle sue interpretazioni proprio in coppia con Peppino . E ancora la musica, la magia di canzoni, difficili da dimenticare: ”Munasterio ‘e Santa Chiara”, cantata anche da Mina, ”Marechiaro” di Salvatore di Giacomo e musicata da Tosti. ‘‘Core’ngrato” cantata dal grande Caruso, ”I’ te vurria vasà” cantata dal grande Roberto Murolo. E ” lu cafè ?” Quell’odore unico che si sprigiona improvviso nell’aria mentre cammini, il profumo d’arancia della pastiera napoletana. E la lista potrebbe ancora proseguire, lunga e interminabile. Nel 1987 mio marito iniziò a lavorare a Napoli per seguire un progetto IBM tendente ad informatizzare gli scavi di Pompei, il progetto Neapolis. Vi si fermò tre anni circa abitando a Posillipo, la zona collinare di Napoli, bellissima, con un panorama mozzafiato. Nell’estate del 1988 noi tre lo raggiungemmo per due settimane. In quei giorni portai i miei figli, all’epoca di sei e dieci anni, in giro per tutta Napoli spingendoci anche fino a Sorrento con la circumvesuviana. Bè ne hanno ancora oggi un ricordo indelebile. Uscivamo la mattina prendendo l’autobus che fermava proprio sotto casa e scendevamo in città. ” Turisti per caso” andavamo di qua e di là sotto un bel sole cocente, divertendoci un mondo. Poi stanchi , nel pomeriggio tornavamo. Un periodo d’oro. Ma in realtà molti altri turisti ben più importanti di noi, ti hanno visitata, Napoli. E allora lasciamo ad essi la parola.
”La baia più bella che io abbia mai visto. Forma quasi un cerchio di trenta miglia di diametro, racchiusa per tre quarti in una nobile cornice di boschi e montagne”.
Così apparivi agli occhi dell’inglese Joseph Addison ( 1672 – 1719) e così parla di te Mark Twain quando vi arriva nel 1868 :
”Vedere Napoli come noi la vedemmo nella prima alba, dal Vesuvio, significa vedere un quadro di una straordinaria bellezza…E quando la luce da lattea si fece rosea, e la città divampò, sotto il primo bacio del sole, il quadro divenne bello al di là di ogni descrizione. era proprio il caso di dire: ”Vedi Napoli e poi muori! ”
Nel suo ”Viaggio in Italia” ( Italienische Reise ) dove Goethe visita le città italiane in un viaggio che sarà anche viaggio dell’anima, egli fece un paragone tra Roma e Napoli dicendo di te :
”In questo paese non è assolutamente possibile ripensare a Roma; di fronte alla posizione tutta aperta di Napoli, la capitale del mondo nella valle del Tevere, fa l’impressione di un vecchio monastero mal situato.”
Tra i francesi che ti ammirarono non possiamo dimenticare Alexandre Dumas padre (1802- 1870), il più napoletano degli scrittori al mondo, che a Napoli segue il suo amico Garibaldi e fonda persino un giornale patriottico, ”L’Indipendente” :
”A Napoli la sorte di un innamorato è decisa subito. A prima vista è simpatico o antipatico. Se è antipatico, nè premure nè regali nè perseveranza lo faranno amare. Se è simpatico, lo si ama senza dilazioni : la vita è breve, il tempo perduto non si guadagna più…”.
Tra gli Italiani un grandissimo come Leopardi, morto proprio a Napoli nel 1837 così diceva nel 1833 :
” Giunsi qui felicemente… La dolcezza del clima, la bellezza della città, e l’indole amabile e benevola degli abitanti, mi riescono assai piacevoli…”.
Per mutare però parere un anno dopo :
”Non posso più sopportare questo paese semibarbaro e semiafricano nel quale io vivo in un perfettissimo isolamento da tutti…”
Infine ascoltiamo le parole di Salvatore Di Giacomo ( 1860 – 1934) che nel suo celebre ”Pianefforte ‘e notte” riassume l’incanto musicale della città partenopea:
”Nu pianefforte ‘ e notte / sona luntanamente, / e ‘ a museca se sente / pe ll’ aria suspirà. / E’ ll’una : dorme ‘ o vico / ncopp’a sta nonna nonna / ‘e nu mutivo antico / e’ tanto tiempo fa. / Dio, quanta stelle ncielo ! / Che luna ! E c’aria doce / Quanto na bella voce / vurria sentì cantà! / Ma sulitario e lento / more ‘ o mutivo antico;/ se fa cchiù cupo ‘ o vico/ dint’a ll’oscurità. / Ll’anema mia surtanto/ rummane a sta fenesta. / Aspetta ancora. E resta, / ncantannose, a penzà”/
E ora ”dulcis in fundo” vi lascio questo link. Un bacio a tutti Isabella
fonte : ”Le splendide città d’Italia” Selezione dal Reader’s Digest
Slapstick comedy: il primo termine, slapstick, deriva dalla tavoletta – detta ” spatola di Arlecchino”– che i clown usavano per simulare il rumore di una colluttazione ; comedy è piuttosto da intendere come ”comica”, finale o meno, comunque breve, uno o due rulli. In queste farse di derivazione burlesque ( ascendenza del genere inglese del VII sec.), le gag nascono dai rapporti di forza tra i corpi e gli oggetti, tra i corpi e lo spazio circostante, tra i corpi e altri corpi. Dunque una comicità puramente fisica, aggressiva, persino brutale, coniugata con un alto senso del ritmo, sempre frenetico, dell’urto (” torta in faccia”), della velocità. Gli interpreti, più che attori sono atleti, clown, cascatori. I loro corpi, indistruttibili, sono macchine per manomettere, per distruggere il mondo, fosse pure solo un set. Forse non inventore, ma sicuramente re, ” King of comedy”, è Mack Sennet. Canadese d’origine ( nasce a Danville, Quebec, nel 1880 e muore ad Hollywood nel 1960), allevato alla scuola di Griffith,( regista di melodrammi e film storici a lungo metraggio) quindi produttore della Keystone Picture Studio, e qui, scopritore di talenti : Chaplin, Buster Keaton, Harry Langdon, Frank Capra, Roscoe ”Fatty” Arbuckle. Le sue comiche one reel, così chiamate perchè composte di una sola bobina, della durata standard di una decina di minuti, venivano solitamente girate nel corso di una giornata, sovente in una sola mattinata. Come indica uno dei più attenti esegeti di Sennet, Davide Turconi . ” Le comiche di Sennet sono veloci, tumultuose, frenetiche e principalmente quelle del periodo Keystone ( 1912-1915) sono imperniate in genere su racconti semplici, elementari, basati su personaggi tipici – maschere di commedia dell’arte più che veri personaggi – che si ripetono, si mischiano, si scontrano di comica in comica : il poliziotto ottuso, il ricco cafone e presuntuoso, il geloso, lo sciocco, il furbo, il malvagio, il buono, l’innamorato ingenuo, tutti travolti in una ridda di casi che offrono la possibilità di inserire in abbondanza gli elementi tradizionali della farsa: imprevisti, sorprese, qui pro quo, scambi di persona, ogni più vario tipo di incidenti, scontri, parapiglia, devastazioni e fughe omeriche con inseguimenti che coinvolgono ragazzi, adulti, animali, biciclette, automobili, tram, locomotive, tutti gli abitanti di un’intera strada, tutta la popolazione di un quartiere, in una corsa sfrenata attraverso campi, spiagge, specchi d’acqua, montagne. E se si fermano è perchè cadono, o in una botte d’acqua, o in un canale, o in una palude fangosa, o in qualcosa di peggio”. Il principio di Sennett è quello quindi della moltiplicazione: non una ragazza, ma dieci, magari in costume,( le famose bathing beauties, bellezze al bagno), non un poliziotto ma dieci poliziotti ( i famosi Keystone Cops dal nome della casa di produzione Keystone.) Fughe e inseguimenti non veloci ma rapidissimi. Il tutto in misura surreale. La ricetta era semplice e l’effetto sicuro sul pubblico da nickelodeon, le sale cinematografiche da un nichelino. A Sennett interessavano poco le novità, le invenzioni, le trovate particolari. Racconta : ”Trovata l’idea centrale, si costruiscono i raggi; questi sono lo sviluppo naturale suggerito dalla fantasia: poi si introducono quelle complicazioni che danno l’avvio al divertimento (…) .Ci siamo avvalsi di umoristi celebri ma vi posso dire in tutta coscienza che il loro materiale è il peggiore di tutti(…). Quello che serve è una buona idea(…), l’azione l’aggiungiamo noi.”E’ stato detto che l’essenza delle comiche Keystone è costituito dal moto, non dal pensiero, dalle emozioni, dal desiderio, dai bisogni o dalle reazioni umane; le azioni essenziali sono ” dash, crash, smash and splash”, ossia: foga, cadute, collisioni, e spruzzi. Il corpo umano diventa una specie di proiettile, o comunque un oggetto il cui moto dipende da spinte e leggi fisiche: gravità, principi balistici, teoremi geometrici. Insomma il divertimento è assicurato.
fonte: Corriere della sera- Cinema- Dal Muto Ai Giorni Nostri
Carissimi, voglio con sincero affetto
ringraziare per questa nomination , che gradisco in modo particolare, la cara amica Franca ( http:// lemieemozioniinimmagini.wordpress.com// )
la cara amica Lisa ( http://poesilandia.wordpress.com// )
il caro amico Arthur ( http://ilmondodiarthur.wordpress.com// )
la cara amica Maria ( http://nonsoloparole.wordpress.com// )
la cara amica Fulvialuna ( http://Tuttolandia.wordpress.com// )
la cara amica Gina ( http://sonoqui.wordpress.com//.) Ora non ci sono condizioni particolari da rispettare se non quelle di nominare altri dieci blog e rispondere a dieci domande. Poichè ho sempre più o meno risposto a tutte le domande poste man mano che mi arrivava una nomination, questa volta decido di non rispondere non per presunzione, ma per dedicare a tutti voi una poesia che ho scritto tempo fa dopo una cena, e che penso sia molto indicata rispetto al titolo del premio. Posso anche dire qualcosa in più per farvi contenti. Con mia sorpresa Lisa , Franca, Arthur , Maria , Fulvialuna e Gina, hanno voluto dedicarmi questa ”rosa dell’amicizia” . E’ una cosa che mi commuove . L’amicizia è per me molto importante, e se qualcuno ha pensato a me come amica, è perchè forse, ha capito da ciò che scrivo, che mi piace essere vicina a tutti voi, senza presunzione, con semplicità rispettando la peculiarità di ciascuno senza invadenza ( almeno spero). Sono una donna non più giovanissima per età ma sicuramente mi sento tale per spirito e vivacità, che ama molto l’educazione, e che aspira ad una vita in cui l’uomo sia consapevole che la prevaricazione non serve a nulla se non che a dividere le persone. Così come penso che il rispetto sia alla base di qualunque convivenza. Sono un tipo molto curioso, ecco perchè mi piace viaggiare, conoscere nuovi costumi e usanze e soprattutto mi piace conoscere le tradizioni dei posti che vado a scoprire, per me basilari per arrivare a comprenderne le abitudini di vita . Mi piace molto leggere, quando il tempo me lo concede, e l’arte in genere ( pittura, danza, scultura ) mi affascina perchè è lì, che secondo me , l’uomo trova la sua umanità. Adoro il teatro ma anche cinema ( prediligo film americani , genere noir , rigorosamente in bianco e nero) e tanta musica classica. Qui mi fermo. A dire il vero è come se avessi risposto a delle domande, pazienza. Ora però vi lascio alla mia poesia. A presto. Isabella Ps Non nomino altri blog, perdonatemi, ci ho provato ma ne rimanevano, fuori dai dieci, tanti altri, troppi . A questo punto per non fare torti a nessuno, affido al vento questa ”rosa dell’amicizia” perchè arrivi a tutti voi che, indistintamente, la meritate. Vi abbraccio.
AMICHE DI SCUOLA
Ritrovarsi a cena dopo anni.
Scoprire
che tutto il tempo
passato,
in realtà,
non ci ha piegate
più di tanto.
Assaporare ancora
il piacere
di stare insieme,
e raccontare ciascuna
le proprie esperienze di vita.
Ridere di cuore
come da ragazze,
e vedere,
sui nostri volti di sempre,
solo qualche ruga in più.
E’ bello incontrarsi
di nuovo,
e capire,
con gioia,
che l’amicizia
di un tempo,
quella vera,
è tra noi,
viva,
ancora come allora!
Isabella Scotti
A tutti gli amici che passeranno di qui.
Altro PS Scusate, anche se forse non è il luogo e la pagina giusta, ma voglio comunque rivolgere un pensiero a tutti quei poveri morti in miniera, in Turchia. Fare il minatore è uno di quei lavori terribili e temibili dove giornalmente uomini sconosciuti, lontani dal vivere una vita serena, rischiano la pelle, fino talvolta a lasciarla come in questo caso. Mi dispiace immensamente.