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Come non si può piangere di rabbia per tutti gli innocenti morti di questi giorni?

Ultima notizia quella di un povero sfortunato 67enne che con un’ amica esce di casa trovando davanti al portone uno strafottente 26enne che sta parlando con un altro giovane, impedendo l’ uscita. Inavvertitamente l’ uomo lo urta ad un braccio. Da lì nasce un diverbio col giovane che pretende le scuse. L’ amica cerca di calmare le acque ma il signore non rispondendo al giovane viene preso da quest’ ultimo a schiaffi e cadendo batte violentemente il capo. Ora è ormai in fin di vita.

Ma cosa è successo a tutti ? Ieri il pazzo del consorzio e le tre povere donne uccise. Ma non basta ancora ? Quanta altra inutile violenza ancora dobbiamo aspettarci ? Quanta gente ancora dovrà morire inutilmente, senza motivo? Troppi pazzi in giro , che nessuno cura a dovere. Avrei voluto vivere con serenità gli ultimi anni che mi restano, ma francamente , viste le premesse non mi pare cosa facile. Speriamo che il mondo si riassesti, che l’ uomo rinsavisca. Per ora si va avanti alla cieca sperando che nessuno sulla propria strada, incontri un pazzo. Vi lascio amici carissimi tanto per cambiare con una poesia scritta proprio con tanta rabbia nel cuore . Un abbraccio circolare

la vostra Isabella

Nessun alito di vento

Non s’è ancora

alzato

il vento.

Solo umide

gocce

imperlano

i vetri

della finestra.

L’ alba sorge

portando

con se’

la nebbia.

E la nebbia

sembra rendere

invisibili

anche i pensieri.

Sembra ,

per un attimo.

Perchè tutto

è qui,

nella mia testa.

Nessun pensiero

annebbiato.

Ecco

le povere donne

iraniane,

umiliate e uccise,

tutte le bocche

che gridano

degli orrori

e dei massacri,

chi è stanco

dei soprusi

e della violenza.

Tutto è nitido.

Guerre , angoscia vissuta ,

tragedie senza senso .

Aspetto

che arrivi il vento.

E spazzi via

con una sola raffica

tutto l’ obbrobrio

di questa vita.

Isabella Scotti dicembre 2022

testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633


Foto   Andrea   Romani

Umbria-   foto   Andrea   Romani

 

L’afa   assale   la   terra   già   all’alba.

Sembra   che   nasca   anche   dal   suolo   e   bruci

l’aria   e   l’asfalto   delle   vie   che   si   scioglie

come   liquirizia,   e   manda   odore   d’arsura

dovunque   e   verso   il   cielo   non   più   azzurro.

Intorno,   a   perdita   d’occhio,   è   tutto   secco,

e   l’erba   sulle   scarpate   e   lungo   i   fossi

aspetta   solo   una   scintilla   dalla   pietra

ustoria   per   incendiare   la   pianura.

Anche   il   rivo   delle   lavandaie

che   d’inverno   straripa   e   allaga   gli   orti,

ora   è   asciutto   e   mostra   il   greto   nudo,

desolato   e   osceno   come   un   vecchio   sesso.

Così   la   canicola   consuma

il   cuore   invisibile   dei   giorni

e   il   paesaggio   fino   all’orizzonte,

dove   il   sole   accecante   crea   i   suoi   miraggi.

Nella   distesa   dei   campi   mietuti

resiste   soltanto   la   gentiana   verna, ( * )

il   piccolo   fiore   azzurro   delle   stoppie.

Morirà   nel  suo   mare   d’oro   con   l’estate

sola   con   se   stessa   come   visse,

sotto   il   cielo   nuovo   delle   piogge.

 

Antonio   Seccareccia    (da  ” La  Memoria   Ferita ” )

 

La genzianella di primavera o genziana primaticcia (Gentiana verna )   è   una   pianta   perenne   appartenente   alla   famiglia   delle   Gentianaceae   diffusa   in   Eurasia   e   Nordafrica  .   Il   nome   del   genere   Gentiana ,  deriva   da   Gentius,   re   dell’   Illiria,   a   cui   tale   pianta   è   dedicata,   essendo   stato   il   primo   ad   utilizzarla   a   scopo   medicinale.   L’   aggettivo   latino   verna,   significa   ”  primaverile  ”  

Wikipedia

 

Acrostico   –   Settembre

Foto   Andrea   Romani

Foto   Andrea   Romani  –    Fonti   del   Clitunno   –  Umbria

 

S   on   ricordi  indelebili  e   tristi  quelli   che   restano   di   una

E   state  passata

T   ra   speranze  e

T   anta  angoscia

E    ora   che   nonostante   tutto ,  giunto   è   questo   nuovo

M   ese    ricco   di   date   per   me   importanti

B   ramo   che   un   po’   di   quiete

R    aggiunga   il   mio   cuore

E    ad   essa   mi   possa   abbandonare

 

Isabella   Scotti   settembre   2020

testo   :   copyright   legge   22   aprile   1941   n°   633

 

Foto   Andrea   Romani

Foto   Andrea   Romani


Il cognome Van Beethoven significa ”dall’orto delle barbabietole”. Quindi anche se quel van (equivalente al von dei tedeschi), potrebbe far pensare ad origini patrizie, la famiglia di Beethoven,originaria di Malines nelle Fiandre,non aveva radici di nobiltà. Anzi a scorrerne rapidamente l’albero genealogico, nelle ultime  generazioni non vi si trovano nemmeno ricchi borghesi: un Guglielmo van  Beethoven è mercante di vino in Belgio, suo figlio Enrico Abelardo Beethoven è sarto, e il figlio di quest’ultimo che si chiamerà Ludwig, abbraccerà la carriera musicale e sarà il nonno del grande Beethoven. Nonno Ludwig è un personaggio importante nella sua vita, non solo perchè facilmente si può presumere che fu lui ” per li rami” a trasmettere al nipote la scintilla della musica, ma perchè lasciò una forte impronta nella personalità del ragazzo, che lo ammirava molto.Nonno Ludwig percorse una seria carriera  di musicista. Attorno al 1730 fu cantore al Capitolo Sanctum Sanctorum a Lovanio, poi direttore di coro, ”MUSICUS” di corte, e infine con nomina del principe Massimiliano Federico, conseguì, trasferendosi a Bonn, l’incarico di KAPPELMEISTER, uno dei più ambiti riconoscimenti per i musicisti del settecento. Uomo di sicura competenza musicale e di elette virtù,non fu molto fortunato nella vita familiare. La moglie infatti, Maria Josepha Poll, era una poco di buono, dedita all’alcool, al  punto che fu necessario rinchiuderla in una casa di cura. E quell’incurabile vizio del bere sarà ereditato dal figlio johann, padre del grande Ludwig .E questo padre, tenore alla corte di Bonn, era un uomo gretto , squilibrato che prediligeva più le osterie che la musica. Ma tra tutti i difetti aveva anche un pregio,e cioè aver capito la grande attitudine del figlio per la musica. In casa fu il suo primo maestro ma i suoi metodi erano aspri, insensati. Costringeva il piccolo di quattro anni per ore ed ore al clavicembalo; e se tornava di notte ubriaco, lo tirava giù dal letto perchè si esercitasse sulla tastiera fino all’alba. Ludwig pensò ad un certo punto, sotto la spietata coercizione paterna, di abbandonare la musica. Quando il nonno di Beetthoven venne chiamato a Bonn, erano i tempi dell’elettore  Clemente Augusto, amante del fasto, delle belle donne, della musica. Nel suo castello si tenevano feste, drammi all’italiana. Casanova racconta di un carnevale molto vivace con le dame vestite da contadine.Clemente Augusto pagava piuttosto male i suoi dipendenti, e il nonno dovrà commerciare in vini per arrotondare il salario. La situazione migliorerà sotto l’elettore Massimiliano Federico.

Inizio qui a parlare un pò della vita, attraverso vari momenti e curiosità, di Ludwig Van Beethoven  la cui opera musicale  mi ha sempre affascinato. Mi piace  presentarlo in questa veste di uomo al di là di ciò che ha significato per la musica pur restando non isolato da essa. Spero di interessarvi e vi aspetto alla prossima puntata

fonte :    I Grandi di tutti i tempi :  Beethoven ( periodici Mondadori )