Correvi,
ignaro
d’ andare
incontro
alla morte.
Pensavi
alla partita
che avresti giocato,
il vento
freddo
della notte
non ti faceva
paura.
Temerario
lasciavi
ti sferzasse
il volto.
Eri felice,
una felicità
la tua
che ti
è stata tolta,
brutalmente
Non correrai
più su quei campi
di gioco,
con i grattacieli
sullo sfondo.
Correrai ora,
vittima innocente,
per i campi
elisi,
ma non sarai
solo.
Mai.
Non temere.
Ti accompagneranno
le nostre preghiere,
e lì ti troverai
con tanti altri
che come te
speravano
e vedevano
con gli occhi
uguali
ai tuoi
un mondo migliore.
Buon viaggio Davide.
Riposa in pace
Isabella Scotti dicembre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Scusate volevo aggiungere al mio articolo precedente anche questa poesia ma non ci riesco. Perdonatemi. Leggete pure quello che preferite, se queste righe o l’ articolo precedente. Sono sempre parole che vogliono ricordarlo. Grazie
Terribile che ogni giorno si parli di morte e non di vita. Terribile pensare al sangue innocente che sgorga ovunque. Come fermare tutti i pazzi che girano nel mondo tranquilli, pronti ad uccidere chi per primo capita loro davanti ?Penso che sempre più sia questo il mondo di gente malata, troppa gente irrecuperabile, bisognosa di cure e che mai dovrebbe essere lasciata libera, come in questo caso, di colpire ancora.
AGI – Stava tornando a piedi al campus della Columbia dopo l’allenamento con la sua squadra di calcio, il NY International Fc, dove giocava da difensore, quando Davide Giri ha trovato il suo assassino.
A un isolato dal Morningside Park, dove nel dicembre 2019 venne uccisa una studentessa di 18 anni, Tessa Majors, Giri, 30 anni, dottorando alla Columbia con un lungo elenco di master di prestigio conseguiti in tutto il mondo, dal Politecnico di Torino a Shangai, è stato accoltellato all’addome da una persona che poi è fuggita a piedi.
Secondo una prima ricostruzione della polizia, Giri sarebbe riuscito a trascinarsi per strada, in cerca di aiuto, prima di perdere i sensi, all’angolo tra la 123 Street e Amsterdam Avenue, a sud di Harlem. Portato al vicino Mount Sinai Saint Luke’s Hospital, l’uomo è morto poco dopo.
Secondo la polizia, l’assassino sarebbe Vincent Pinkney, afroamericano di 25 anni, undici precedenti per rapina e aggressione, in libertà vigilata, membro di una gang criminale chiamata EveryBody Killer. Pinkney è stato riconosciuto dal testimone di una seconda aggressione, avvenuta poco distante e un quarto d’ora dopo quella a Giri. Anche in questo caso la vittima è italiana: si tratta di un turista arrivato a New York da pochi giorni, Robert Malastina, 27 anni.
Malastina è stato accoltellato alla schiena mentre camminava all’angolo tra la 110 Street e Cathedral Parkway, dove si trova il ristorante italiano ‘Giovannie’s’. Ricoverato in ospedale, sarebbe in “condizioni stabili”, ma non in pericolo di vita. I due italiani potrebbero essere stati scelti a caso in un tentativo di rapina finita male.
Il presidente della Columbia University, Lee Bollinger, ha parlato di “notizia inspiegabilmente triste e profondamente sconvolgente”. Giri viveva da anni al campus insieme agli altri studenti. Il club dove giocava a calcio lo ha ricordato con un post su Facebook, corredato da foto riprese durante le partite.
“Non ci sono parole per descrivere quello che stiamo provando – scrivono – l’altra sera, dopo l’allenamento e mentre era diretto a casa, il nostro compagno e pilastro del club, Davide Giri, èì stato ucciso a coltellate”.
“Davide – continuano – era la persona più bella e brillante della squadra. Aveva visto l’Italia vincere gli Europei, l’Inter riportare lo scudetto a casa, ed era stato un grande protagonista dei nostri successi in questi anni”. “Ti vogliamo bene, amico – concludono – eri la roccia della difesa e noi giocheremo e vinceremo per te, perche’ e’ quello che avresti voluto. Un leone non muore mai, si addormenta”.
Articolo da Agi.it
Foto ripresa da notizie.it da un articolo di Asia Angaroni
Una preghiera per lui e per i suoi cari

C’è una sorta
di velata malinconia
che aleggia
nell’ aria
in autunno.
E’ quell’ osservare
le foglie
dalle calde tinte
ambrate,
staccarsi
dai rami
e andare
lontano,
spinte
da un vento
leggero,
a morire.
E quella nebbia ,
che umida
si avvicina
a folate,
circondando
le case
e strisciando
sui vetri
lasciando impronta
di minuscole goccioline.
E’ la sera
che arriva
fredda,
che spegne
i rossi tramonti.
E tu
vorresti
ancora il tepore
dell’ estate.
Ma l’ autunno
è anche
altra cosa.
E’ un abbaglio
di colori,
una miscela
di sfumature,
di profumi.
Un transito
che dall’ estate
conduce all’ inverno
aspettando poi
primavera.
Isabella Scotti novembre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Carissimi amici senza far nulla da parte mia, aspettando con pazienza, sperando nella buona sorte ( così è stato ), wordpress ha improvvisamente fatto rivivere il mio blog . Con gioia torno qui abbracciandovi tutti e regalandovi questo scritto sull’ autunno.

Cinque parole da cui partire : indigesto, tubare, impercettibile, respiro, orchestra
Come
ci è indigesto
il rumore
del mondo.
Preferiamo
appartarci
e vivere
il silenzio
del bosco,
dove si fa
impercettibile
il sibilo
del vento
che muove
appena
le fronde.
Il nostro tubare
è fatto
di dolci
parole d’ amore,
che nel bosco
di betulle
si fanno orchestra .
Il respiro
pacato
delle foglie
semina dolcezza
che noi
raccogliamo,
mentre sogniamo
di lasciare
tutto
alle nostre spalle
per diventare
anche noi
”respiro pacato ”.
Là,
nel silenzio
irreale
di un luogo
magico,
camminando,
odorando
il profumo
del muschio
e illuminati
dai raggi
improvvisi
del sole,
possiamo raccontarci
e dolcemente
amarci
.Isabella Scotti novembre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Vi lascerò altre poesie più in là. Per ora vi regalo questa. Meglio le poesie che parlare di quello che succede intorno. Perdonatemi ma non sono in vena, sono solo preoccupata dalla tanta violenza che vedo in giro nonchè dalla tanta stupidità che si manifesta un pò ovunque. Sono molto amareggiata.
Vi abbraccio tutti augurandovi un buon week end. Di una cosa mi rammarico soprattutto, che muoiono sempre le brave e buone persone.
Buon viaggio caro Giampiero. La tua faccia bonaria e la tua gioia esplosiva nel raccontare la vittoria dei fratelli Abbagnale a Seul nel 1988, resterà nei cuori di tutti coloro che amano lo sport per sempre.



foto Andrea Romani Ninfa 2014
Meriggio
nel giardino
tra ruderi
e rose
inaspettate ,
dal tenue
color pastello
ad ingentilire
l’ andare.
E son pensieri
che s’ agitano,
malinconici
rimpianti,
momenti ,
impossibili
da dimenticare.
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Un abbraccio a tutti voi carissimi amici. La vostra Isabella
HAIKU

foto Andrea Romani Colmar – Alto Reno – Francia
Verdi riflessi
giorno di primavera –
casina rossa
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Amici carissimi eccomi qui. Ditemi che anche se poco mi sentite, per vari impegni che mi rubano tempo da dedicarvi, non vi siete dimenticati di me. io vi penso sempre e voi dovete fare altrettanto.
Oggi come titolo al mio post, ho scelto quello del mio unico libro pubblicato, ” Miscellanea ”, perchè ho in mente di regalarvi insieme più cose: qualche poesia che sempre ingentilisce il cuore, qualche limerick composizione simpatica per ridere un pò. Pronti ? Iniziamo allora questo viaggio , vi porterò con me sperando vi piaccia ” viaggiare ”…
DI TE , DI ME
Si scioglie nel pianto
quel dolce ricordo sbiadito.
Di te, di me
di quella sera
in cui
accanto al camino
mi facevo
piccola piccola
stretta
al tuo petto.
Fuori pioveva,
stavamo bene
al caldo
del nostro amore.
Ora
che sola,
sono rimasta ,
torna spesso
alla memoria
questo dolce ricordo
sbiadito
dal tempo.
Vorrei tanto
poter rivedere
il tuo volto,
accarezzarlo
come allora.
Ma vano
è ormai
ogni mio desiderio.
Com’è amara ,
talvolta ,
la vita.
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : legge copyright 22 aprile 1941 n° 633
COME VORREI
Undici parole da cui partire :
Volo , anima, melenso, ordine, ineluttabile, incantevole, candido, sapore, dissonanza, tempo, attesa
…Che la mia anima
spiccasse
il volo.
Che la finisse
d’ essere malinconica.
Che non avvertisse
l’ ineluttabile
passare
del tempo,
che vivesse
l’ attesa
del nuovo sorgere
del giorno,
come qualcosa
d’ incantevole.
Che non avvertisse
dissonanza
tra
il lasciare
la notte
e accogliere
l’ alba.
Ma comprendesse
come tutto
appartiene
all’ ordine
delle cose,
come un lento
fluire normale,
pacato.
Non c’è nulla
di più melenso
che non partecipare
alla vita.
Vorrei
che la mia anima
tornasse
a respirare,
un candido,
limpido respiro ,
e godesse
di quel sapore
intenso,
dato
dal vivere
la bellezza
che c’è
d’ intorno.
Isabella Scotti agosto 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
COME PLANCTON

Sono oggi
come plancton
che fluttua ,
seguendo
il lento moto
delle onde.
E
nell’ acqua
voglio gettare
le ultime briciole
di un amore
che credevo
indistruttibile
e che era
invece
solo
un’ invenzione
della mia mente.
Ho pensato
tante volte
che le tue mani
avrebbero
tenute strette
le mie
per sempre.
Mi sbagliavo.
E mai
avrei pensato
che la luce
folgorante
del sole,
si potesse
affievolire ,
e che ombre
la potessero
offuscare.
Ora è così buio.
Quando mi facevo
bella,
e volevo sedurti,
scegliendo
tra i vari profumi
quello alla vaniglia,
era semplicemente
per invitarti
a far l’ amore.
Rispondevi
al mio invito
con un sì,
dimenticando
in quei momenti,
la tua ipocondria.
Mi stringevi,
cercavi
le mie labbra,
tenere
le tue carezze.
Conoscevo
le tue fragilità,
volevo
insegnarti
la resilienza,
che tu affrontassi
le tue paure.
Volevo
solo aiutarti
amandoti.
Forse questo
è stato
il mio errore .
Essere troppo
invasiva.
Non ti ho chiesto
scusa
quando dovevo,
perdonami.
Ora che tutto
è perso,
so
che come
scheggia impazzita
dovrò cercare
di ricompormi.
Nel frattempo,
userò
l’ inchiostro
per riempire
fogli bianchi
raccontando
di noi,
perchè nulla ,
nel tempo ,
svapori ,
del nostro
essere stati
insieme
Isabella Scotti settembre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
LIMERICK I
MEZZALUNA BIRBANTELLA
Quella sera lassù la mezzaluna birbantella
s’ era messa a far la corte ad una stella
ma la stella ahimè guardava altrove
innamorata era di Giove
povera mezzaluna un poco birbantella
Isabella Scotti settembre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
LIMERICK 2

C’ era una volta un gattone
che si rotolava come uno scimmione
facendo capriole come un bambino
che tiene in mano il suo panino
Che tipo quel gattone sornione e giocherellone
Isabella Scotti settembre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
LIMERICK 3

Virginia la contadina
se ne andava una mattina
cercando una pecora in cantina
affittando poi la casa a Carolina.
Era certo un pò fuori di testa la contadina
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
LIMERICK 4

C’era un verde albero gigante
che sotto il sole metteva l’ abbronzante
aveva un occhio birichino
che faceva sempre l’ occhiolino
quel simpatico verde albero gigante
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
QUESTA E’ INVECE PIU ‘ CHE UN LIMERICK ( RICORDATE ? CINQUE VERSI IN RIMA SEGUENDO LO SCHEMA AABBA ) UNA BREVE FILASTROCCA SEMPRE AVENDO COME TEMA L’ ALBERO GIGANTE

C’ era un verde albero gigante
che usava sempre come deodorante
un puzzolente disinfettante,
poverino così si credeva affascinante
quel vanitoso verde albero gigante
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
ALLA PROSSIMA AMICI. La vostra Isabella
BRIVIDI

La mia unica
paura
é perderti.
Girarmi nel letto
senza averti
più accanto.
Il tuo posto
vuoto,
ed io sola,
senza poter
più vegliare
sul tuo sonno.
Se ciò avvenisse
comincerei
a tremare,
mentre brividi
di freddo
attraverserebbero
il mio corpo.
Rimarrei prigioniera
della paura
fino
a soffocare
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
MAI , LO GIURO

Cinque parole da cui partire : memoria, ricordi, tempo , scrittura, personalità
Senza memoria
mi sentirei
persa.
Senza ricordi
non potrei
vivere.
I miei
li ho chiusi
in una scatola
segreta
che ogni tanto
apro,
perchè amo
la loro compagnia.
Così mentre ricordo
posso parlare
con te papà,
E con tutti voi
che lontani
nel tempo ,
appartenete
al mio passato.
Parlatemi ancora,
e a voi
chiederò
di fare in modo
che la scrittura,
che da un pò
è entrata a far parte
di me,
racconti
della nostra storia,
perchè nulla
del nostro vissuto
vada perduto.
La mia personalità
è frutto
del mio passato.
Ricordare
è per me essenziale.
Mai
perderò memoria
di ciò che è stato.
Lo giuro.
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
ESSENZIALE PER ME
“La cosa principale è commuoversi, amare, sperare, tremare, vivere. (Auguste Rodin)
La cosa principale
è commuoversi.
Certamente lo è
quando si è sensibili .
La cosa principale
è amare.
Certamente se
si interpreta
l’ amore
come dono ,
dimenticando
se stessi.
La cosa principale
è sperare .
Certamente, sempre,
anche perchè
la speranza
e’ l’ ultima
a morire.
La cosa principale
è tremare.
Ma non di paura
bensì
per i palpiti del cuore.
La cosa principale
è vivere.
Accontentandosi
delle piccole cose,
le più semplici.
Ma per me
una cosa
è essenziale :
sorridere,
e regalare sorrisi
a chiunque s’ incontri.
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
ASCOLTA…

Ti racconterò
delle mie notti
senza luna,
del mio vagare
sola
in stanze buie.
Ti racconterò
dei giorni
morti
della mia vita,
e della malinconia
che mi prende
nelle sere d’ inverno.
Ma poi
per non
annoiarti,
ti racconterò
del mio nuovo
sorriso,
del mio
equilibrio
raggiunto,
della serenità,
ritrovata
con te.
Isabella Scotti settembre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Alla prossima vi regalerò per sorridere ancora qualche limerick, ( forma poetica irlandese ).
Per ora il mio abbraccio per tutti voi e buon week end
La vostra Isabella

Carla quella colorata mattina
decise all’ improvviso di far la ballerina
saltando su e giù con un cappello in testa
sopra una sedia vestita di cartapesta
Una strana ballerina quella Carla di mattina
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Il limerick è un breve componimento poetico tipico irlandese di contenuto umoristico o anche apertamente nonsense, che ha generalmente il proposito di far ridere o quantomeno sorridere. I versi seguono lo schema AABBA . I primi quattro versi sono in rima. L’ ultimo riprende un pò il primo
Quando Eleonora Duse lasciò D’ Annunzio aveva 45 anni. Aveva dato tutta se stessa per quell’ amore in cui credeva profondamente, uscendone sfiorita, fortemente delusa. Aveva creduto che insieme, lui con le sue opere, lei interpretandole avrebbero dato origine ad una stagione nuova per il teatro. Fu vero solo in parte. Perchè solo lei riuscì nell’ intento. Certo le opere di D’ Annunzio trovarono la giusta rappresentazione in teatro, ma fu la Duse a renderle vive, interessanti. La sua grandezza fu nel non ” recitare” e usare il silenzio come parola, anche usando il suo corpo, la sua postura ad interpretare ciò che sentiva del personaggio. Con lei nacque il teatro moderno. Era solita dire che ” il dramma dell’ attore è che deve imitare la realtà e la natura, ma non la possiede ”. Lei provò a possedere entrambe divenendo la ” Diva ”. La Garbo e la Dietrich vennero dopo.
Eleonora ed Asolo
La Duse non ebbe mai una vera casa dove stare, sempre in giro con le sue tournée. Ma nel 1892 conobbe Asolo e ne rimase folgorata. Vi giunse ospite dell’ americana Katherine de Key Bronson, che aveva conosciuto a Venezia. Soggiornò quindi nella casa asolana dell’ amica, detta ” La Mura ” a ricordo delle mura medievali che cingono la città. Il soggiorno non fu lungo, ma lascerà in lei traccia indelebile. Lì trovò quella pace che andava cercando, quella quiete dello spirito alla quale anelava. Nel 1920, dopo essersi ritirata dalle scene fa ritorno ad Asolo e chiede alla figlia dell’ormai defunta amica di poter affittare la stessa casa nella quale era stata ospite anni prima, ed ella acconsente.
Ma la Duse si trattiene solo fino al giugno del 1920, in quanto l’abitazione, abbandonata da anni, non è abbastanza confortevole. Prima di lasciare quel rifugio ingaggia un giardiniere perché poti e sistemi il rosaio morente del balcone a forma d altana rivolto verso la vallata.
Così descriveva il panorama che si poteva godere dalla terrazza della casa :
“la vista più perfetta che si possa avere sulla pianura, dove […] vedere i colli Berici ed Euganei e contemplare i temporali che si formano sopra Bassano e che a volte si scatenano in cammino e altre volte giungono lenti fino alle colline di Asolo”.
E così scriveva al critico teatrale e suo amico Marco Praga :
“Asolo è bello e tranquillo, paesetto di merletti e poesia; non è lontano da Venezia che adoro, vi stanno dei buoni amici che amo [i coniugi Lucia e Piero Casale]; è tra il Grappa e il Montello…allorché al mattino apro le imposte della mia camera, nel vano della finestra si inquadra il Monte Grappa. Allora metto due vasi di fiori sul davanzale. Questa sarà l’asilo della mia ultima vecchiaia, e qui desidero di essere seppellita. Ricordatelo, e se mai, ditelo”.
Per realizzare il suo sogno di vivere prendendo casa ad Asolo, si affida all’ingegnere Sebastiano Cantoni, il quale le consiglia di affittare una casa detta “Casa dell’Arco” perché parte dell’edificio ingloba l’antica porta medievale di S. Caterina. La Duse ne è entusiasta.


Facciata di casa Duse

Targa a ricordo della Duse
Quando lasciò D’ Annunzio l’ attrice, dopo aver sponsorizzato i lavori teatrali dell’ immaginifico, garantendogli i diritti d’ autore, si ritrovò sola, malata e povera, alle soglie di un disfacimento che lui descrive con impietoso, pessimo gusto, tanto da chiudersi in un totale malinconico silenzio . Tornerà sulle scene circa dieci anni dopo, spinta dal bisogno per una trionfale tournée. Nel 1916 girò il suo primo e unico film “Cenere”, la cui autrice del soggetto era Grazia Deledda. Un’ esperienza questa che non la gratificò, anzi ne uscì delusa . Tanto che impegnò il suo non ingente patrimonio per togliere dal mercato le copie del film. In America, calca le scene malata di polmonite, stanca, ormai diventata ombra di se stessa, sostenuta solo e sempre dalla sua straordinaria arte scenica. Morirà isolata, in una camera d’ albergo nel 1924, nel gelido clima di Pittsburgh, lontana dalla sua Asolo che pare nominò prima di morire . Il suo funerale attraversa l’ America, l’ oceano in nave e l’ Italia sempre accompagnata da una grande folla a testimonianza di quanto fosse amata. Tornò quindi ad Asolo perchè fosse rispettata la sua volontà d’ essere lì sepolta. Riposa in pace sotto una lapide bianca che guarda verso il Grappa.

Fonti Vita, costume, e storia d’ Italia tra gli anni venti e quaranta a cura di Roberto Gervaso e dal sito Asolo- città dai cento orizzonti
Eleonora
la Divina qui riposa
nel luogo a
lei più
caro
Isabella Scotti settembre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Per chi non avesse letto la prima parte su Eleonora Duse lascio qui il link
https://isabellascotti.wordpress.com/2021/09/26/eleonora-duse/
Per chi fosse interessato alla storia d’ amore tra la Duse e D’ Annunzio consiglio due libri molto interessanti
Più che l’ amore – Annamaria Andreoli – Marsilio Nodi
Come il mare io ti parlo ( lettere 1894 – 1923 ) a cura di Franca Minnucci ( che per dieci anni ha studiato e analizzato il loro carteggio tenendo tra le mani con emozione le lettere della Duse )

Piccola, grandi occhi scuri , capelli ricciuti, frangetta sulla fronte alta, mani bellissime, estremamente autoritaria in scena, vera primadonna – capocomico, padrona dei personaggi drammatici. La ” divina ” Eleonora Duse nasce a Vigevano nel 1858 come figlia d’ arte da una di quelle famiglie girovaghe, che fanno delle tavole del palcoscenico la loro eterna dimora. Senz’ altro una delle donne più affascinanti dell’ 800 simbolo indiscusso del teatro italiano dell’ epoca e della Bella Epoque, che contribui non poco a trasformare in qualcosa di moderno. Armoniosa e femminile, recitava con la forza che le veniva dall’ amare il suo lavoro profondamente. Il teatro, fu veramente la sua vita .
Prima di lei gli attori recitavano in maniera enfatica, caricando gesti e battute. Anche il trucco del viso era esagerato : il volto diventava così una maschera che copriva ogni espressione. Tutto sembrava artefatto, costruito ad hoc. Lei al contrario, recitava d’ istinto , abbandonandosi ad una interpretazione senza trucco, lasciando che fosse il suo io a suggerirle ciò che voleva rappresentare. Viveva con spontaneità le parti talvolta persino improvvisando senza seguire fedelmente il copione e recitava sempre in italiano, anche all’estero. Questo, però, non era un problema per il pubblico straniero, dal momento che la sua magistrale interpretazione aiutava gli spettatori a comprendere tutto quello che non capivano delle sue parole.
E poi la sua voce…
Com’era? È quasi impossibile dire: eppure ben questo bisogna che noi lasciamo in eredità alla generazioni nuove che non l’hanno veduta e sentita, e che, ascoltando le narrazioni favolose delle sue magie, cercheranno spasimando di ricrearla intera e viva e tutta invasa dall’ispirazione, per possedere almeno un istante di sogno, la tormentante gioia ch’essa diede a noi che l’udimmo.
Ecco.
Con uno sforzo in cui costringo tutto l’essere, io faccio silenzio in me perché essa parli: e io trascrivo il suono della sua parola.
Modulazioni.
Il primo carattere è questo: una voce in nessun attimo mai uguale a sé stessa, immobile in un tono, irrigidita in una nota che si ripete.
Passaggi e passaggi senza numero e senza tregua per tutta una scala lunghissima infinita di gradazioni, per via di sfumature così varie e così delicate, che non c’è tono vicino a tono, che non si distingua dal simile per innumerevoli altri toni decrescenti o crescenti: e passaggi morbidi, liquidi, facili, come quelli delle sillabe d’un verso del Paradiso, in cui il fluire della melodia smorza tutte le precisioni dell’armonia e fa della voce un labile tiepido gorgo.
Quando l’anima è piena di dolore, di abbandono, di malinconia, o quando è piena di aspirazioni, di sogni, d’incanto, questa voce delicata e potente si distende agile, rapida e continua su su fino alle più acute vette in cui ride senza rompere o incrinar la parola, o giù giù fino al profondo dove pare che pianga senza che la parola si veli o ristagni.
Ma appena l’ira morda al cuore o la passione artigli, o la gelosia, l’odio, il furore incalzino, la bella e unita corrente si rompe, s’arresta, rimbalza, gorgoglia, violenta gli ostacoli e li travolge, e sono parole spezzate seguite da paurosi silenzi in cui l’anima s’inabissa sbiancando, urti metallici di sillabe che vibrano sonore, scatti, sibili, rombe: e gridi!
Ah i suoi gridi, che tenevano d’improvviso una intera folla, con i capelli sensibili e il brivido freddo alle spalle, sospesa con lei su quella punta di voce spasimante lassù, sopra il vertiginoso baratro della folla e della morte.
Poi… la carezza.
Le sue mani sapevano accarezzare (chi sa come, chi sa come – come bocche che baciano, come avide carni che bevono, come occhi che lacrimano, come chiome notturne che si sciolgono -carezzare e consolare, carezzare e accendere); ma la sua voce carezzava anche più, anche più, perché giungeva per ignote vie a quel più sensibile volto che ha l’anima dentro di noi; e di quell’animo la sua voce toccava le palpebre che si chiudevano, suggellava la bocca che rimaneva immota e tremante, o levava – in quel volto misterioso – pallori e fiamme che poi rimanevano a lungo come un senso di gelo o d’ardore nel sangue.
Una parola d’amore, di bontà, di compassione, di benedizione detta da Lei, era un tale balsamo che chiudeva le più orrende e velenose ferite, o le lasciava aperte, ma dava la voluttà del soffrire perché la parola si ripetesse ancora.
Il cuore al suo parlare, pareva a volte che si aprisse, come un pomo granato maturo, ma piano, senza crepito e senza strappi, come s’aprono le palpebre di un bimbo che si desta.
La sua voce era sempre musica, e solo musica: e la dominavano la dolcezza e la malinconia. Certe sue cadenze interrogative, certi tremiti di stupore, certe avviluppanti e vellutate intonazioni di amore, si approfondivano così nella nostra vita che vi risuonavano a lungo, per giorni, e settimane, e mesi, come certi profumi nel cristallo delle loro fiale, – e di tanto in tanto, anche dopo lungo tempo, un caldo gorgo di beatitudine fluiva improvviso nel cuore, perché qualche suono aveva imitata e rievocata in noi quella voce.
Ettore Cozzani, Milano, agosto 1926

Dazed Gabriele D ‘ Annunzio

Nel 1894 l’ incontro col ” Vate ”, Gabriele D’ Annunzio, dopo un matrimonio finito male con Tebaldo Checchi e una figlia, Enrichetta. Poi varie relazioni con Marco Praga, Arrigo Boito, capo della scapigliatura lombarda. Per arrivare quindi a quello che fu forse per lei il vero amore . Trentasei anni lei, trentuno lui. Un incontro fortuito il loro che segna l’inizio di una storia lunga un decennio. Un breve tratto nell’arco di una vita, ma per entrambi capitale. Gabriele offrirà alla sua musa una serie di capolavori; Eleonora li metterà in scena. Nasce con questo giuramento il motto che contraddistingue la coppia : ” MORE THAN LOVE ” ( più che l’ amore ) Lui, infatti, è perentorio: esige «più che l’amore». Lei lo corrisponde a oltranza, recitando con trasporto
«Vorrei potermi disfare tutta! Tutto donare di me, e dissolvermi».
Lui le scrive parole d’ amore
Rimani! Riposati accanto a me.
Non andare.
Io ti veglierò.
Io ti proteggerò.
Ti pentirai di tutto fuorché d’essere venuta a me, liberamente, fieramente.
Ti amo.
Non ho nessun pensiero che non sia tuo; non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te.
Lo sai.
Non vedo nella mia vita altra compagna, non vedo altra gioia.
Rimani.
Riposati.
Non temere di nulla.
Dormi stanotte sul mio cuore
Gabriele D’Annunzio
Ma la sofferenza della Duse al fianco di D’Annunzio inizia presto. La loro vita è un’assurda routine: lei continua a recitare, a guadagnare e ad indebitarsi per poter portare in scena le opere teatrali dell’amato. Lui continua a scrivere e a spendere i soldi di Eleonora per potersi mantenere nel lusso più sfrenato. Per Eleonora egli scrive “Il sogno di un mattino di primavera”, stroncato dalla critica come “infantile, presuntuoso e di una noia insopportabile”. Secondo D’Annunzio la colpa dell’insuccesso è di Eleonora, alla quale preferisce la diva Sarah Bernhardt, più celebre e quindi più adatta alle sue divoranti ambizioni. E’ infatti alla Bernhardt che il poeta ha già deciso di affidare “La città morta”, opera che sta scrivendo per Eleonora e in cui lei ripone tutte le sue speranze di gloria comune.
Tradita come donna e come attrice, la Duse decide di troncare la relazione, ma continua contro ogni ragionevolezza ad amare il poeta. E il Vate continua implacabilmente a farle del male. Famoso è l’affronto di “Fuoco”, romanzo autobiografico dove il poeta mette a nudo la loro storia d’amore, pubblica la loro intimità, divulga con insolenza i segreti d’alcova. La risposta della Duse sarà coerente con il suo folle amore : ” La mia sofferenza, qualunque essa sia, non conta quando si tratta di dare un altro capolavoro alla letteratura italiana, E poi, ho 41 anni…e amo.” Ma l’offesa più imperdonabile rimane quella di togliere ad Eleonora il ruolo di protagonista nell’opera “La figlia di Iorio” , scritta su misura per lei, quando ormai l’attrice sta per portarla in scena, sa già la parte a memoria e ha persino già pronto il costume. D’Annunzio manderà un fattorino a ritirare il costume di scena, inviando alla Duse un biglietto: “Il teatro è un mostro che divora i suoi figli: devi lasciarti divorare.” Di fronte all’evidenza del tradimento, nel 1904 Eleonora gli scrive: ” Non ti difendere, figlio, perché io non ti accuso. Non parlarmi dell’impero della ragione, della tua vita carnale, della tua sete, di vita gioiosa. Sono sazia di queste parole! Da anni ti ascolto dirle…Parto di qui domani. A questa mia non c’è risposta.”
In effetti non vi fu mai risposta a quell’addio. Solamente molti anni più tardi D’Annunzio sembra volgersi indietro e restituire alla Duse una statura fondamentale nella propria esistenza.
“Io ti amo meglio di prima” le scrive nel ’23, e conclude: “Ti bacio le mani tanto che te le consumo.” La morte della Divina, a Pittsburgh il lunedì di Pasqua del 1924, suscita una commozione enorme. e il suo funerale attraversa l’ America, l’ Oceano e l’ Italia, accompagnato da pietà e rimpianti.
D’Annunzio si appella a Mussolini affinché lo Stato provveda a far tornare in patria, e subito, “la salma adorabile”. Devastato dal rimorso, dice per una volta la verità: ” E’ morta quella che non meritai.”
Al Vittoriale è tuttora presente nella stanza chiamata l’officina una statua raffigurante il volto di Eleonora Duse che il Vate soprannominò musa velata poiché abitualmente teneva la statua coperta da un velo per non provare dolore nel rivedere quell’immagine che la mostrava giovane e bella ancora.
da gabrieledannunzio.it
Al banco di prova, però, la verità sarà un’altra. Occorreranno anni prima che d’Annunzio prenda atto che l’attrice simula un consenso che si guarda bene dall’accordargli. Se corrispondono al vero passione, tradimenti e umiliazioni, sono da ribaltare i ruoli: fu lui la vittima e lei il carnefice. È quanto emerge dai numerosi documenti, dove appare chiaro che a varare la favola dei divi amanti fu Gabriele, maestro nel creare leggende. La personalità carismatica di una donna ben lontana dai cliché dell’epoca e lo sfolgorio di una società europea in cui il teatro e la cultura italiana erano protagonisti sono i cardini di una vicenda che purtroppo non finirà bene. Dieci anni che vedranno la parola fine e che sarà la stessa Duse a terminare.
Preferirei morire in un cantone piuttosto che amare un’anima tale. D’Annunzio lo detesto ma lo adoro… Che fare?
Di lei Luigi Pirandello disse:
“Eleonora Duse è stata una grandissima attrice, e il fatto che ella non abbia trovato il poeta che sapesse sviluppare l’intera ricchezza e la profondità ultima della sua arte, resta un aspetto tragico della sua esistenza”.
Continua…