BRIVIDI

La mia unica
paura
é perderti.
Girarmi nel letto
senza averti
più accanto.
Il tuo posto
vuoto,
ed io sola,
senza poter
più vegliare
sul tuo sonno.
Se ciò avvenisse
comincerei
a tremare,
mentre brividi
di freddo
attraverserebbero
il mio corpo.
Diventerei schiava
della paura
fino
a soffocare
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
MAI , LO GIURO

Cinque parole da cui partire : memoria, ricordi, tempo , scrittura, personalità
Senza memoria
mi sentirei
persa.
Senza ricordi
non potrei
vivere.
I miei
li ho chiusi
in una scatola
segreta
che ogni tanto
apro,
perchè amo
la loro compagnia.
Così mentre ricordo
posso parlare
con te papà,
E con tutti voi
che lontani
nel tempo ,
appartenete
al mio passato.
Parlatemi ancora,
e a voi
chiederò
di fare in modo
che la scrittura,
che da un pò
è entrata a far parte
di me,
racconti
della nostra storia,
perchè nulla
del nostro vissuto
vada perduto.
La mia personalità
è frutto
del mio passato.
Ricordare
è per me essenziale.
Mai
perderò memoria
di ciò che è stato.
Lo giuro.
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
ESSENZIALE PER ME
“La cosa principale è commuoversi, amare, sperare, tremare, vivere. (Auguste Rodin)
La cosa principale
è commuoversi.
Certamente lo è
quando si è sensibili .
La cosa principale
è amare.
Certamente se
si interpreta
l’ amore
come dono ,
dimenticando
se stessi.
La cosa principale
è sperare .
Certamente, sempre,
anche perchè
la speranza
e’ l’ ultima
a morire.
La cosa principale
è tremare.
Ma non di paura
bensì
per i palpiti del cuore.
La cosa principale
è vivere.
Accontentandosi
delle piccole cose,
le più semplici.
Ma per me
una cosa
è essenziale :
sorridere,
e regalare sorrisi
a chiunque s’ incontri.
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
ASCOLTA…

Ti racconterò
delle mie notti
senza luna,
del mio vagare
sola
in stanze buie.
Ti racconterò
dei giorni
morti
della mia vita,
e della malinconia
che mi prende
nelle sere d’ inverno.
Ma poi
per non
annoiarti,
ti racconterò
del mio nuovo
sorriso,
del mio
equilibrio
raggiunto,
della serenità,
ritrovata
con te.
Isabella Scotti settembre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Alla prossima vi regalerò per sorridere ancora qualche limerick, ( forma poetica irlandese ).
Per ora il mio abbraccio per tutti voi e buon week end
La vostra Isabella

Carla quella colorata mattina
decise all’ improvviso di far la ballerina
saltando su e giù con un cappello in testa
sopra una sedia vestita di cartapesta
Una strana ballerina quella Carla di mattina
Isabella Scotti ottobre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Il limerick è un breve componimento poetico tipico irlandese di contenuto umoristico o anche apertamente nonsense, che ha generalmente il proposito di far ridere o quantomeno sorridere. I versi seguono lo schema AABBA . I primi quattro versi sono in rima. L’ ultimo riprende un pò il primo
Quando Eleonora Duse lasciò D’ Annunzio aveva 45 anni. Aveva dato tutta se stessa per quell’ amore in cui credeva profondamente, uscendone sfiorita, fortemente delusa. Aveva creduto che insieme, lui con le sue opere, lei interpretandole avrebbero dato origine ad una stagione nuova per il teatro. Fu vero solo in parte. Perchè solo lei riuscì nell’ intento. Certo le opere di D’ Annunzio trovarono la giusta rappresentazione in teatro, ma fu la Duse a renderle vive, interessanti. La sua grandezza fu nel non ” recitare” e usare il silenzio come parola, anche usando il suo corpo, la sua postura ad interpretare ciò che sentiva del personaggio. Con lei nacque il teatro moderno. Era solita dire che ” il dramma dell’ attore è che deve imitare la realtà e la natura, ma non la possiede ”. Lei provò a possedere entrambe divenendo la ” Diva ”. La Garbo e la Dietrich vennero dopo.
Eleonora ed Asolo
La Duse non ebbe mai una vera casa dove stare, sempre in giro con le sue tournée. Ma nel 1892 conobbe Asolo e ne rimase folgorata. Vi giunse ospite dell’ americana Katherine de Key Bronson, che aveva conosciuto a Venezia. Soggiornò quindi nella casa asolana dell’ amica, detta ” La Mura ” a ricordo delle mura medievali che cingono la città. Il soggiorno non fu lungo, ma lascerà in lei traccia indelebile. Lì trovò quella pace che andava cercando, quella quiete dello spirito alla quale anelava. Nel 1920, dopo essersi ritirata dalle scene fa ritorno ad Asolo e chiede alla figlia dell’ormai defunta amica di poter affittare la stessa casa nella quale era stata ospite anni prima, ed ella acconsente.
Ma la Duse si trattiene solo fino al giugno del 1920, in quanto l’abitazione, abbandonata da anni, non è abbastanza confortevole. Prima di lasciare quel rifugio ingaggia un giardiniere perché poti e sistemi il rosaio morente del balcone a forma d altana rivolto verso la vallata.
Così descriveva il panorama che si poteva godere dalla terrazza della casa :
“la vista più perfetta che si possa avere sulla pianura, dove […] vedere i colli Berici ed Euganei e contemplare i temporali che si formano sopra Bassano e che a volte si scatenano in cammino e altre volte giungono lenti fino alle colline di Asolo”.
E così scriveva al critico teatrale e suo amico Marco Praga :
“Asolo è bello e tranquillo, paesetto di merletti e poesia; non è lontano da Venezia che adoro, vi stanno dei buoni amici che amo [i coniugi Lucia e Piero Casale]; è tra il Grappa e il Montello…allorché al mattino apro le imposte della mia camera, nel vano della finestra si inquadra il Monte Grappa. Allora metto due vasi di fiori sul davanzale. Questa sarà l’asilo della mia ultima vecchiaia, e qui desidero di essere seppellita. Ricordatelo, e se mai, ditelo”.
Per realizzare il suo sogno di vivere prendendo casa ad Asolo, si affida all’ingegnere Sebastiano Cantoni, il quale le consiglia di affittare una casa detta “Casa dell’Arco” perché parte dell’edificio ingloba l’antica porta medievale di S. Caterina. La Duse ne è entusiasta.


Facciata di casa Duse

Targa a ricordo della Duse
Quando lasciò D’ Annunzio l’ attrice, dopo aver sponsorizzato i lavori teatrali dell’ immaginifico, garantendogli i diritti d’ autore, si ritrovò sola, malata e povera, alle soglie di un disfacimento che lui descrive con impietoso, pessimo gusto, tanto da chiudersi in un totale malinconico silenzio . Tornerà sulle scene circa dieci anni dopo, spinta dal bisogno per una trionfale tournée. Nel 1916 girò il suo primo e unico film “Cenere”, la cui autrice del soggetto era Grazia Deledda. Un’ esperienza questa che non la gratificò, anzi ne uscì delusa . Tanto che impegnò il suo non ingente patrimonio per togliere dal mercato le copie del film. In America, calca le scene malata di polmonite, stanca, ormai diventata ombra di se stessa, sostenuta solo e sempre dalla sua straordinaria arte scenica. Morirà isolata, in una camera d’ albergo nel 1924, nel gelido clima di Pittsburgh, lontana dalla sua Asolo che pare nominò prima di morire . Il suo funerale attraversa l’ America, l’ oceano in nave e l’ Italia sempre accompagnata da una grande folla a testimonianza di quanto fosse amata. Tornò quindi ad Asolo perchè fosse rispettata la sua volontà d’ essere lì sepolta. Riposa in pace sotto una lapide bianca che guarda verso il Grappa.

Fonti Vita, costume, e storia d’ Italia tra gli anni venti e quaranta a cura di Roberto Gervaso e dal sito Asolo- città dai cento orizzonti
Eleonora
la Divina qui riposa
nel luogo a
lei più
caro
Isabella Scotti settembre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Per chi non avesse letto la prima parte su Eleonora Duse lascio qui il link
https://isabellascotti.wordpress.com/2021/09/26/eleonora-duse/
Per chi fosse interessato alla storia d’ amore tra la Duse e D’ Annunzio consiglio due libri molto interessanti
Più che l’ amore – Annamaria Andreoli – Marsilio Nodi
Come il mare io ti parlo ( lettere 1894 – 1923 ) a cura di Franca Minnucci ( che per dieci anni ha studiato e analizzato il loro carteggio tenendo tra le mani con emozione le lettere della Duse )

Piccola, grandi occhi scuri , capelli ricciuti, frangetta sulla fronte alta, mani bellissime, estremamente autoritaria in scena, vera primadonna – capocomico, padrona dei personaggi drammatici. La ” divina ” Eleonora Duse nasce a Vigevano nel 1858 come figlia d’ arte da una di quelle famiglie girovaghe, che fanno delle tavole del palcoscenico la loro eterna dimora. Senz’ altro una delle donne più affascinanti dell’ 800 simbolo indiscusso del teatro italiano dell’ epoca e della Bella Epoque, che contribui non poco a trasformare in qualcosa di moderno. Armoniosa e femminile, recitava con la forza che le veniva dall’ amare il suo lavoro profondamente. Il teatro, fu veramente la sua vita .
Prima di lei gli attori recitavano in maniera enfatica, caricando gesti e battute. Anche il trucco del viso era esagerato : il volto diventava così una maschera che copriva ogni espressione. Tutto sembrava artefatto, costruito ad hoc. Lei al contrario, recitava d’ istinto , abbandonandosi ad una interpretazione senza trucco, lasciando che fosse il suo io a suggerirle ciò che voleva rappresentare. Viveva con spontaneità le parti talvolta persino improvvisando senza seguire fedelmente il copione e recitava sempre in italiano, anche all’estero. Questo, però, non era un problema per il pubblico straniero, dal momento che la sua magistrale interpretazione aiutava gli spettatori a comprendere tutto quello che non capivano delle sue parole.
E poi la sua voce…
Com’era? È quasi impossibile dire: eppure ben questo bisogna che noi lasciamo in eredità alla generazioni nuove che non l’hanno veduta e sentita, e che, ascoltando le narrazioni favolose delle sue magie, cercheranno spasimando di ricrearla intera e viva e tutta invasa dall’ispirazione, per possedere almeno un istante di sogno, la tormentante gioia ch’essa diede a noi che l’udimmo.
Ecco.
Con uno sforzo in cui costringo tutto l’essere, io faccio silenzio in me perché essa parli: e io trascrivo il suono della sua parola.
Modulazioni.
Il primo carattere è questo: una voce in nessun attimo mai uguale a sé stessa, immobile in un tono, irrigidita in una nota che si ripete.
Passaggi e passaggi senza numero e senza tregua per tutta una scala lunghissima infinita di gradazioni, per via di sfumature così varie e così delicate, che non c’è tono vicino a tono, che non si distingua dal simile per innumerevoli altri toni decrescenti o crescenti: e passaggi morbidi, liquidi, facili, come quelli delle sillabe d’un verso del Paradiso, in cui il fluire della melodia smorza tutte le precisioni dell’armonia e fa della voce un labile tiepido gorgo.
Quando l’anima è piena di dolore, di abbandono, di malinconia, o quando è piena di aspirazioni, di sogni, d’incanto, questa voce delicata e potente si distende agile, rapida e continua su su fino alle più acute vette in cui ride senza rompere o incrinar la parola, o giù giù fino al profondo dove pare che pianga senza che la parola si veli o ristagni.
Ma appena l’ira morda al cuore o la passione artigli, o la gelosia, l’odio, il furore incalzino, la bella e unita corrente si rompe, s’arresta, rimbalza, gorgoglia, violenta gli ostacoli e li travolge, e sono parole spezzate seguite da paurosi silenzi in cui l’anima s’inabissa sbiancando, urti metallici di sillabe che vibrano sonore, scatti, sibili, rombe: e gridi!
Ah i suoi gridi, che tenevano d’improvviso una intera folla, con i capelli sensibili e il brivido freddo alle spalle, sospesa con lei su quella punta di voce spasimante lassù, sopra il vertiginoso baratro della folla e della morte.
Poi… la carezza.
Le sue mani sapevano accarezzare (chi sa come, chi sa come – come bocche che baciano, come avide carni che bevono, come occhi che lacrimano, come chiome notturne che si sciolgono -carezzare e consolare, carezzare e accendere); ma la sua voce carezzava anche più, anche più, perché giungeva per ignote vie a quel più sensibile volto che ha l’anima dentro di noi; e di quell’animo la sua voce toccava le palpebre che si chiudevano, suggellava la bocca che rimaneva immota e tremante, o levava – in quel volto misterioso – pallori e fiamme che poi rimanevano a lungo come un senso di gelo o d’ardore nel sangue.
Una parola d’amore, di bontà, di compassione, di benedizione detta da Lei, era un tale balsamo che chiudeva le più orrende e velenose ferite, o le lasciava aperte, ma dava la voluttà del soffrire perché la parola si ripetesse ancora.
Il cuore al suo parlare, pareva a volte che si aprisse, come un pomo granato maturo, ma piano, senza crepito e senza strappi, come s’aprono le palpebre di un bimbo che si desta.
La sua voce era sempre musica, e solo musica: e la dominavano la dolcezza e la malinconia. Certe sue cadenze interrogative, certi tremiti di stupore, certe avviluppanti e vellutate intonazioni di amore, si approfondivano così nella nostra vita che vi risuonavano a lungo, per giorni, e settimane, e mesi, come certi profumi nel cristallo delle loro fiale, – e di tanto in tanto, anche dopo lungo tempo, un caldo gorgo di beatitudine fluiva improvviso nel cuore, perché qualche suono aveva imitata e rievocata in noi quella voce.
Ettore Cozzani, Milano, agosto 1926

Dazed Gabriele D ‘ Annunzio

Nel 1894 l’ incontro col ” Vate ”, Gabriele D’ Annunzio, dopo un matrimonio finito male con Tebaldo Checchi e una figlia, Enrichetta. Poi varie relazioni con Marco Praga, Arrigo Boito, capo della scapigliatura lombarda. Per arrivare quindi a quello che fu forse per lei il vero amore . Trentasei anni lei, trentuno lui. Un incontro fortuito il loro che segna l’inizio di una storia lunga un decennio. Un breve tratto nell’arco di una vita, ma per entrambi capitale. Gabriele offrirà alla sua musa una serie di capolavori; Eleonora li metterà in scena. Nasce con questo giuramento il motto che contraddistingue la coppia : ” MORE THAN LOVE ” ( più che l’ amore ) Lui, infatti, è perentorio: esige «più che l’amore». Lei lo corrisponde a oltranza, recitando con trasporto
«Vorrei potermi disfare tutta! Tutto donare di me, e dissolvermi».
Lui le scrive parole d’ amore
Rimani! Riposati accanto a me.
Non andare.
Io ti veglierò.
Io ti proteggerò.
Ti pentirai di tutto fuorché d’essere venuta a me, liberamente, fieramente.
Ti amo.
Non ho nessun pensiero che non sia tuo; non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te.
Lo sai.
Non vedo nella mia vita altra compagna, non vedo altra gioia.
Rimani.
Riposati.
Non temere di nulla.
Dormi stanotte sul mio cuore
Gabriele D’Annunzio
Ma la sofferenza della Duse al fianco di D’Annunzio inizia presto. La loro vita è un’assurda routine: lei continua a recitare, a guadagnare e ad indebitarsi per poter portare in scena le opere teatrali dell’amato. Lui continua a scrivere e a spendere i soldi di Eleonora per potersi mantenere nel lusso più sfrenato. Per Eleonora egli scrive “Il sogno di un mattino di primavera”, stroncato dalla critica come “infantile, presuntuoso e di una noia insopportabile”. Secondo D’Annunzio la colpa dell’insuccesso è di Eleonora, alla quale preferisce la diva Sarah Bernhardt, più celebre e quindi più adatta alle sue divoranti ambizioni. E’ infatti alla Bernhardt che il poeta ha già deciso di affidare “La città morta”, opera che sta scrivendo per Eleonora e in cui lei ripone tutte le sue speranze di gloria comune.
Tradita come donna e come attrice, la Duse decide di troncare la relazione, ma continua contro ogni ragionevolezza ad amare il poeta. E il Vate continua implacabilmente a farle del male. Famoso è l’affronto di “Fuoco”, romanzo autobiografico dove il poeta mette a nudo la loro storia d’amore, pubblica la loro intimità, divulga con insolenza i segreti d’alcova. La risposta della Duse sarà coerente con il suo folle amore : ” La mia sofferenza, qualunque essa sia, non conta quando si tratta di dare un altro capolavoro alla letteratura italiana, E poi, ho 41 anni…e amo.” Ma l’offesa più imperdonabile rimane quella di togliere ad Eleonora il ruolo di protagonista nell’opera “La figlia di Iorio” , scritta su misura per lei, quando ormai l’attrice sta per portarla in scena, sa già la parte a memoria e ha persino già pronto il costume. D’Annunzio manderà un fattorino a ritirare il costume di scena, inviando alla Duse un biglietto: “Il teatro è un mostro che divora i suoi figli: devi lasciarti divorare.” Di fronte all’evidenza del tradimento, nel 1904 Eleonora gli scrive: ” Non ti difendere, figlio, perché io non ti accuso. Non parlarmi dell’impero della ragione, della tua vita carnale, della tua sete, di vita gioiosa. Sono sazia di queste parole! Da anni ti ascolto dirle…Parto di qui domani. A questa mia non c’è risposta.”
In effetti non vi fu mai risposta a quell’addio. Solamente molti anni più tardi D’Annunzio sembra volgersi indietro e restituire alla Duse una statura fondamentale nella propria esistenza.
“Io ti amo meglio di prima” le scrive nel ’23, e conclude: “Ti bacio le mani tanto che te le consumo.” La morte della Divina, a Pittsburgh il lunedì di Pasqua del 1924, suscita una commozione enorme. e il suo funerale attraversa l’ America, l’ Oceano e l’ Italia, accompagnato da pietà e rimpianti.
D’Annunzio si appella a Mussolini affinché lo Stato provveda a far tornare in patria, e subito, “la salma adorabile”. Devastato dal rimorso, dice per una volta la verità: ” E’ morta quella che non meritai.”
Al Vittoriale è tuttora presente nella stanza chiamata l’officina una statua raffigurante il volto di Eleonora Duse che il Vate soprannominò musa velata poiché abitualmente teneva la statua coperta da un velo per non provare dolore nel rivedere quell’immagine che la mostrava giovane e bella ancora.
da gabrieledannunzio.it
Al banco di prova, però, la verità sarà un’altra. Occorreranno anni prima che d’Annunzio prenda atto che l’attrice simula un consenso che si guarda bene dall’accordargli. Se corrispondono al vero passione, tradimenti e umiliazioni, sono da ribaltare i ruoli: fu lui la vittima e lei il carnefice. È quanto emerge dai numerosi documenti, dove appare chiaro che a varare la favola dei divi amanti fu Gabriele, maestro nel creare leggende. La personalità carismatica di una donna ben lontana dai cliché dell’epoca e lo sfolgorio di una società europea in cui il teatro e la cultura italiana erano protagonisti sono i cardini di una vicenda che purtroppo non finirà bene. Dieci anni che vedranno la parola fine e che sarà la stessa Duse a terminare.
Preferirei morire in un cantone piuttosto che amare un’anima tale. D’Annunzio lo detesto ma lo adoro… Che fare?
Di lei Luigi Pirandello disse:
“Eleonora Duse è stata una grandissima attrice, e il fatto che ella non abbia trovato il poeta che sapesse sviluppare l’intera ricchezza e la profondità ultima della sua arte, resta un aspetto tragico della sua esistenza”.
Continua…
«Asolo adunque, vago e piacevole castello posto ne gli estremi gioghi delle nostre alpi sopra il Trivigiano.»
Pietro Bembo
Quando si tornava d’ estate a salutare i nostri, come li chiamavamo, ” cugini di campagna ” che vivevano dove ancora vive lei, Liliana ( lui è morto un mese prima di Riccardo ), a pochi Km da Bassano, non potevamo fare a meno di tornare anche ad Asolo. Tutti noi abbiamo sempre amato questa incantevole località delle colline trevigiane, dove tenne corte Caterina Cornaro, regina di Cipro , che ne ebbe la signoria per aver ceduto l’ isola alla Serenissima. Un luogo di villeggiatura ricco di suggestioni medioevali, ma anche un luogo di pace , tranquillo dove il passeggiare, talvolta accompagnato da un silenzio rotto appena dal canto degli uccelli, diventa serenità interiore. A metà agosto Andrea è andato a salutare Liliana, tornando anche ad Asolo, dove per via del covid molti negozi erano chiusi , e alcuni ristoranti anche . Speriamo per loro che riprendano velocemente a lavorare . Le vecchie mura, dove si apre la Porta del Colmarion, cingono in parte il vecchio borgo. Vi spiccano la Rocca poligonale, più volte rimaneggiata, e il Castello della Regina,, di cui oggi restano la Torre dell ‘ Orologio e la sala delle udienze. Nella Loggia del Capitano, singolare costruzione quattrocentesca, ha sede il Museo Civico che contiene reperti archeologici e medioevali , opere di Canova ( 1757 – 1822 ) e del Bellotto ( 1627 – 1700 ) e ancora i ricordi di Caterina Cornaro, il testamento e lettere e costumi di Eleonora Duse e Gabriele D’ Annunzio. Qui il discorso cambia e mi porterà ad una seconda parte da scrivere. Il Duomo, rifatto nel 1747, conserva un protiro quattrocentesco e all’ interno notevoli dipinti di Lorenzo Lotto tra i quali Apparizione della Madonna del 1506 e di Jacopo da Bassano di cui ricordo Assunta del XVI sec. Dal centro si snoda l’ antica discesa al borgo Casella, il Foresto Vecchio , tra piante secolari e antiche dimore come Villa Rubini, Villa Zen, la trecentesca Chiesa di S. Angelo.
La Rocca simbolo della città, si trova sull’ alto del Monte Ricco ( 310 mt ) presentandosi come una solida fortificazione militare . Edificata verso la fine del XII secolo e l’inizio del XIII, ebbe funzioni di presidio per la città. Ricordo con piacere quanto ci piaceva salire sugli spalti per abbracciare con lo sguardo un panorama stupendo che va dalle Dolomiti a Venezia.
Le indagini archeologiche condotte negli anni ’90 del secolo scorso dall’Università di Padova hanno ricostruito la storia di questo manufatto che presenta diverse e successive fasi insediative.
Inizialmente il Monte Ricco, luogo su cui insiste la Rocca, era sede di un sacello altomedievale, databile tra VI-IX secolo d.C. e di cui rimane un lacerto di pavimento a mosaico, ora conservato presso il Museo civico, che presenta una decorazione con elementi che rinviano alla tradizione paleocristiana (un pesce e un motivo crociato tra fiori di giglio).
Fu successivamente occupata da una vasta area cimiteriale a inumazione databile tra il VI e la prima metà del XII secolo d. C.
Si sovrappose a questa necropoli un insediamento abitativo e forse anche produttivo databile tra X e XII secolo d.C. da collegare al loco Bragida ricordato dalle fonti storiche nel 1076.
La Rocca come la possiamo vedere oggi risale ad un periodo compreso tra XII e XIII secolo, inizialmente come struttura fortificata del tutto distinta da Asolo. La sua costruzione ha comportato la distruzione di una parte dell’insediamento abitativo produttivo precedente e di alcune sepolture della necropoli.
Le tracce delle prime fasi di frequentazione (XIII secolo) sono piuttosto labili anche se tale periodo dovette costituire un momento di notevole importanza militare per il manufatto, mentre più evidenti sono quelle legate alle epoche successive della dominazione del Comune di Treviso (1261-1339), poi veneziana (1339-1379), carrarese (1379-1388) e veneziana ancora (1388-1796).
Tra XIII e XIV secolo è databile la costruzione di una cisterna pozzo per la raccolta del’acqua piovana e la sistemazione dell’area dell’angolo sud-orientale con la costruzione di un forno da pane.
Risalgono al XV secolo alcuni resti di abitazioni addossate alla cinta meridionale con pavimenti in legno e focolari in laterizi che assieme ai documenti con notizie di spese eseguite per la sua manutenzione e per rifornirla costantemente di armi e viveri testimoniano l’importanza strategica della fortezza.
I materiali rinvenuti durante gli scavi archeologici sono costituiti da frammenti di ceramica da cucina, monete, punte di freccia di diversa tipologia, vari elementi mobili (bottoncini, ditali, fibbie), coltelli da cucina e da lavoro tutti esposti presso il Museo civico.
Tra il 1379 e il 1393 per iniziativa carrarese prima e completate poi dai Veneziani furono costruite le mura che congiungono la Città con la Rocca. Estese per circa 1360 metri, pur modificate nei successivi sviluppi urbanistici il loro perimetro è tuttora individuabile; erano dotate di 24 torri e di quattro portelli in corrispondenza delle vie di accesso alla Città.
La costruzione delle Mura resero la Rocca punto di vedetta e presidio della Città e da questo momento seguì le sorti storiche del borgo.
Dalla fine del XV secolo l’importanza militare della Rocca, continuamente bisognosa di interventi di restauro, cala progressivamente, fino a rischiare di essere venduta a privati (1650) come cava di pietre di costruzione. Nel marzo del 1652 il doge Francesco Molino, accogliendo la richiesta degli Asolani, determinò di annullare la vendita dovendo in avvenire la Rocca rimanervi sempre com’era a sola publica dispositione et servitio.
Nel 1990 il manufatto subì un intervento di restauro finanziato con fondi gestiti dalla Regione Veneto finalizzato alla valorizzazione del sito; questo ha comportato lavori per la sua conservazione, il consolidamento della torre posta a sud est ed il restauro della porta di accesso e delle decorazioni parietali esistenti con i simboli della famiglia dei Carraresi; importante è stato il ripristino e la percorribilità del cammino di ronda a cui si può accedere tramite una scala per poter visionare il panorama circostante e il suo interno.
Notizie riprese da Asolo, città dei cento orizzonti
Asolo
un incontro con il
romanticismo , con la
storia e
letteratura
Protiro – Il termine p. (dal gr. πϱόθυϱον) indica una struttura architettonica anteposta a un portale e dotata di vitalità funzionale autonoma nella copertura e nei sostegni. La forma più usuale del p. è quella costituita da una volta a botte sormontata da un tetto a due spioventi e addossata alla muratura soprastante una lunetta.
Enciclopedia dell’ arte medioevale

foto Andrea Romani

foto Andrea Romani

foto Andrea Romani
Continua…

Guardandoti ,
mi commuovo
all’ idea
che non ci sei più.
E
se tu potessi
rispondermi,
mi verrebbe
da chiederti :
quali erano
le tue colpe
per morire
così ?
Forse
eri troppo
intelligente,
troppo bella,
troppo solare ?
Ma queste
non sono
colpe.
Sono qualità
che distinguono
una persona
da un’ altra.
E per questo
dovevi morire?
Tu,
ragazza
per bene,
laureata,
non meritavi
di finire
i tuoi giorni
brutalizzata
con quello
straccio
imbevuto
di candeggina,
infilato
in bocca.
Non riesco
a capacitarmi
di come un giorno
qualunque
di ordinaria
quotidianità,
possa trasformarsi
in orrore.
Perchè
cosi è stata
la tua fine,
un ” orrore ” :
non ci sono
altre parole
per definirla.
E mi fa
ribrezzo
pensare
a chi ha
potuto tanto,
a chi ti ha tolto
ai tuoi cari,
e ancor più
vedere in tv
la sua faccia
che ride.
Vorrei ora
che subisse
la tua stessa
agonia,
che si dimenasse
con gli occhi
imploranti
pietà,
mentre soffoca
avvelenato
come te.
Vorrei ,
ma so già
che così
non sarà.
Maledetto
essere ripugnante,
marcio
come una mela guasta
da buttare
Isabella Scotti settembre 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633

Oggi un’ altra donna è stata uccisa. Sei donne uccise in una settimana.
Vorrei gridare basta ma chi mi ascolta ?
Finitela uomini di uccidere le vostre donne. Non se ne può più.
Oggi è il tuo compleanno. Voglio dirlo al presente. Non dire ” avresti compiuto ” ma dire che oggi i tuoi anni sono 36. E ti festeggio a modo mio, dedicandoti delle poesie che da lassù forse hai già letto, chissà. Auguri caro Ricky, ti voglio bene .
Tua zia Isabella

Sospira
Il vento.
E porta
con sé
folate
di nostalgia
di tempi andati,
di serate
in riva
al mare,
di chitarre stonate,
ma suonate
con allegria.
Sospira il vento.
E quando
lo fa
piano ,
muovendo appena
le fronde,
inonda
il cuore
di velata
malinconia.
Ed ecco,
torno
a piangere
e ti penso.
Ti rivedo
com’ eri,
bello e sorridente.
E poi
Improvvisamente
cupo, triste
pensieroso
a chiederti perchè
senza avere
alcuna risposta.
Dimmi
dove sei ora ?
Solo il vento,
sai,
mi parla di te.
Sommessamente
mi porta
la tua voce,
che subito riconosco,
anche sentendola
lontana.
Quasi fosse
un sibilo
che poi si perde,
irrimediabilmente,
nella notte scura.
Isabella Scotti agosto 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
QUANDO IL PIANTO

Quando
il pianto
inonderà
il mio volto
teneramente
di lacrime salate,
sarà perché tu
non sarai
svanito
come nuvola
che si scansa
per far risplendere
il sole,
ma al contrario,
perché tu
rimani
e rimarrai
sempre
davanti
ai miei occhi.
Immateriale presenza,
ma nitida immagine.
Riflesso costante
del tuo brillare
continuo,
unica stella
nel cielo
di un lucore
inafferrabile,
delicato ,
una fiammella
persistente
ad illuminare
nella notte
quel punto
fisso
del cielo
dove solo io
so
di poterti lì
ritrovare.
Isabella Scotti agosto 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
OGGI 11 AGOSTO 2021
Eccole,
son tornate
a cantare.
Sembrava
una giornata
destinata
al silenzio,
iniziata
con un cielo
grigio,
coperto,
impregnato
d’ umidità.
E invece
il canto
delle cicale
ha alleggerito
quest’ atmosfera
pesante
che intristiva
Il cuore,
ancor più
di quanto già
triste
non fosse.
Così sembrava.
Perché
la natura
in fondo
ha questo potere,
di addolcire
ciò
che risulta
amaro ,
e trasformare
il nostro sentire
in qualcosa
di più leggero.
Eppure oggi,
che manchi
già da un anno ,
non posso
confermare questo,
non posso dire
che le cicale
mi abbiano fatto
tornare serena.
Continuo
ad essere triste
ricordandoti
e mandandoti
un bacio
ovunque tu sia.
Ciao Ricky. Ti voglio bene
Isabella Scotti agosto 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
PORTAMI LONTANO

Portami lontano
dove io
possa
porre fine
a tutto
questo dolore
che non mi
dà pace.
Aiutami.
Portami lontano
dove io possa
dimenticare
e
svegliarmi
senza più
ricordare.
Esisterà pure
un luogo
dove poter
ricominciare
senza che
lame
acuminate
trafiggano
ancora
il cuore
Isabella Scotti agosto 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
FRASCATI ; DOVE VIVO DA QUANDO AVEVO CINQUE ANNI
Frascati è una ridente cittadina agricolo- commerciale situata sui colli albani, nota per la produzione di un fresco vino secco, oltre che per le sue ville e una posizione invidiabile, distante da Roma all’ incirca una ventina o poco più chilometri. Nel 1191, il pontefice Clemente III , fa radere al suolo la città ribelle di Tusculum, abituale luogo di villeggiatura di Cicerone, Mecenate e Lucullo . Gli abitanti superstiti edificano a 5 chilometri, case con tetti ricoperti di frasche : da qui il nome di Frascati .
Tuscolo, questo sasso rupestre e cupo, ha condizionato per molti secoli la storia stessa di Roma.
Sorta intorno al X secolo a. c. Tusculum divenne in poco tempo una delle città più rinomate della lega Latina, Sconfitta dai romani nella battaglia del Lago Regillo del 496 a.C. , sotto il dominio di Roma insieme al territorio circostante essa divenne la residenza estiva prediletta di imperatori, senatori e letterati, dando il via alla costruzione di ville residenziali dai tempi antichi fino ai giorni nostri. Tra le ville più celebri, si ricordano quella di Silla, Lucullo, Tiberio, Matidia e Cicerone, che qui scrisse le sue Tusculanae Disputationes.
In epoca medievale, con la potente dinastia dei Conti di Tuscolo che diede al pontificato numerosi Papi, la città dominò le cronache capitoline influenzandone fortemente la vicenda politica, fino a quando il Comune di Roma ne decise la distruzione definitiva nel 1191 d.C.
Tuscolo, tra i tanti grandi del passato che sono stati suoi frequentatori ha conservato ad esempio le memorie di Cicerone, il quale nell’ Orazione Pro Plancio dice a Marco Giuvenzio Laterense :
” Tu sei dell’ antichissimo municipio di Tuscolo donde provengono più famiglie consolari che da tutti gli altri municipi messi insieme ”
Su Tuscolo, poi Frascati, si sono scritti oltre ottocento volumi storici che trattano ogni aspetto della vita di queste due città. Immaginando di leggerli tutti, forse non basterebbe una vita. Frascati è sempre stata meta di artisti, letterati. tra i quali spiccano Richard Voss, scrittore tedesco che vi rimase con la moglie, abitando a Villa Falconieri per circa 25 anni, Charles Dickens , Guido Piovene senza dimenticare colui che amò questi luoghi tanto da scriverne elogiandone la bellezza nel suo ” Viaggio in Italia ” , Johann Wolfgang Goethe.
Scritto dall’ artista in un lasso di tempo che va dal 3 settembre 1786 fino al 18 giugno 1788, giorno in cui fa ritorno a Weimer. Egli soggiornerà a Frascati dal 13 al 16 novembre del 1788, per poi di nuovo tornarvi dalla seconda metà di giugno del 1787, e ancora molti giorni a settembre e nello stesso anno dall’ 11 al 13 dicembre.
Un viaggio che Goethe intraprese per trovare nuovi stimoli alla sua vena poetica e poter apprezzare più da vicino l’ arte e la cultura italiana, in particolare quella classica. Del suo trattenersi qui vi racconterò però nella seconda puntata
Frascati
perla dei castelli romani
buono il suo
vino bianco
secco

ttnotes.com Villa Aldobrandini
Quando Goethe iniziò il suo viaggio in Italia, si recò dapprima a Verona, per poi passare a Vicenza, Venezia, Bologna, Perugia e Assisi, per poi giungere a Roma vivendo qui come lui stesso ci dice, uno dei periodi più belli della sua vita.
Immaginiamoci per un attimo Roma nel 1786/87. La pace che vi regnava, lo spettacolo di una città antica tutta da godere, la campagna solitaria dove di sera i tramonti avevano una luce particolare. A Goethe piaceva perdersi in tutto questo, perchè ciò gli dava la possibilità di capire meglio se stesso e quello che voleva fare di più nella vita, se il letterato o dedicarsi magari alle arti figurative. Ovviamente capì senza ombra di dubbio che la strada maestra da seguire era la prima.
Frascati è sempre stata amata da scrittori e poeti. Sicuramente per il suo fascino originale, per la piazza dove domina l’ imponente Villa Aldobrandini, costruita alla fine del ‘ 500 e circondata da un parco ricco di fontane e grotte. per le trattorie, per la cattedrale di San Pietro . Tra i tanti vorrei ricordare Antonio Seccareccia, che nel 1964 aprì in Frascati la prima libreria , genere d’ attività mai sperimentato prima nella cittadina. Fu un successo contro ogni aspettativa perchè stimolò l’ interesse di molti giovani che presero con assiduità a frequentarla. Si deve a lui a Giorgio Caproni e Ugo Reale l’ idea di istituire un premio per poesie inedite appunto ” Il premio Frascati ” consistente, visto che all’ epoca giravano pochi soldi, in una botte da mille litri del buon vino frascatano. Da allora in oltre 50 anni di vita il Premio Frascati vedrà tra i suoi vincitori, Alberto Bevilacqua, Alfonso Gatto, Rafael Alberti Diego Valeri e tanti altri.
Altro poeta, germanista di valore , poliglotta , saggista Italo Alighiero Chiusano. che risiedette a Frascati per oltre trent’ anni e dove morì nel febbraio del 1994. Ed ecco che con Chiusano torniamo a Goethe.
Perchè questo importante scrittore scrisse proprio ” Vita di Goethe ” nel 1981 ( editore Rusconi ) . Una monografia, appassionata e completa per cercare di analizzare e comprendere fino in fondo la figura del grande artista di Weimer .
Un libro che certamente chi voglia conoscere bene l’ uomo e l’ artista deve leggere. Chiusano ci parla quindi di Goethe raccontando di quanto egli amasse tutti i Castelli, tornando più volte proprio a Frascati che considerava un vero paradiso. Qui gli sarà indimenticabile un pranzo che gusterà con gli amici , ospite del principe, a Villa Aldobrandini, dalle cui finestre si godeva di uno spettacolo unico. E nella cittadina prese alloggio per qualche giorno in una locanda che si chiamò Campana. Ci sono i suoi disegni a testimoniarlo, assieme alle lettere datate da Frascati. Proprio in una di queste lettere Goethe parla dell’ accoglienza squisita del principe e dello scenario meraviglioso che dalla villa si poteva godere di colline e pianure.
In una delle sue lettere così si legge : ” Non posso descrivere la mia vita : sono troppo felice. E’ lo studio del paesaggio che occupa in maniera quasi completa il mio tempo che in questo paese e sotto questo cielo, mi alletta in modo straordinario… ”.
E ancora in un’ altra missiva : ” Il paesaggio ha tinte di straordinaria bellezza ; e poi la meraviglia di certe grandi forme nel buio della notte ! Ho goduto molto, e ti comunico questa gioia nella tua lontananza.”
Molti disegni sulle Ville Tuscolane sono a testimoniare il suo diletto nel vivere in queste zone, in particolare su Villa Aldobrandini
” Dalla terrazza, con il bel tempo, si vedono le navi veleggiare sul mare”.
Senza dubbio un periodo vissuto il suo , davvero invidiabile , tra allegre bevute di buon vino con gli amici e sapori deliziosi e gustosi. Quel suo ritratto che lo vede beato con un cappello a larghe falde, abbandonato ad osservar d’ intorno nel tramonto serale con dietro la campagna romana, ci regala l’ immagine di un poeta che sta davvero godendo di un piacevole relax.

Isabella Scotti giugno 2021
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Le interessanti notizie sono prese dal libro ” Istantanee Tuscolane ” – Raccolta di memorie su Frascati e dintorni – Volume Primo di Lucio De Felici
da ” l’ Italia da scoprire ” – Tutti i tesori dei borghi e delle città d’ arte – Editoriale Giorgio Mondadori
Carissimi mi sono presa una lunga vacanza. Tornata da Cannes per assistere alla cerimonia commemorativa di Riccardo nel primo anniversario della sua scomparsa e per riprendere un pò il solito ritmo. Spero di potermi dedicare a voi. In Francia ho spesso pensato a mio nipote. A lui , non riuscendo a dormire una notte ho dedicato 4 poesie. Magari vi renderò partecipi del mio sfogo. Per ora auguro a tutti voi di passare un’ ottima giornata, magari assaporando un’ aria più fresca.
Vi abbraccio
La vostra Isabella