…ed è per questo
che mi piace riempire
il mio niente
con un pezzetto di tutto.
Non potrei esistere altrimenti.
E cos’è il tutto
in questo mondo ?
E’ solo la bellezza
di cui l’ anima
si bea.
E quando l’ armonia
che avverto del creato
m’ ingentilisce il cuore,
respiro e mi rigenero.
Mi aiutano
i miei cinque sensi.
Grazie alla vista
posso godere
degli spazi infiniti
tra mari e monti.
Grazie al tatto
” vedo ” con le mani,
avverto se l’ erba è bagnata,
se un sasso
è ruvido o liscio.
Grazie all’ olfatto
i profumi del bosco
m’ inebriano.
Grazie all’udito
ascolto
il canto armonioso
dell’ usignolo e del fringuello.
E in ultimo
posso percepire
sapori diversi
grazie al senso del gusto.
Il dolce, il salato, l’ amaro.
Mi basta poco,
prendo un pezzetto
di tutto,
e sono felice
Isabella Scotti ottobre 2022
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
” Io non sono niente, lo so, ma riempio il mio niente con un piccolo pezzetto di tutto. ”
Victor Hugo
ACQUA

Piove.
Piano, senza fretta.
Gocce
bagnano la mia mano.
Scivolano
sul dorso
una dopo l’ altra,
senza odore,
trasparenti.
Acqua
elemento incolore
che disseta,
che rinfresca
che mi bagna
fuggendo
poi lontana,
che bagna la terra,
che dalla terra nasce ,
che è vita,
che nelle fontane
zampilla,
che riluce
nel lago
di mille riflessi
dorati
sotto il sole.
Riflessi che
d’ argento si fanno
quando la luna
di notte
guarda il mare.
Isabella Scotti ottobre 2022
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
NON PUO’ PIOVERE PER SEMPRE
Sono stanca.
Di notte,
quando non mi vede
nessuno,
piango
lacrime amare
che scivolano
piano
sul mio viso.
E’ quello che vedo,
che sento,
che mi fa star male.
Questa vita
ogni giorno
più difficile,
complicata .
Dov’è quella quiete
di cui avrei bisogno?
Non lo so.
Ho paura
di tante cose,
della guerra,
della sofferenza
interiore e di quella fisica.
Provo rabbia
per l’ ingiustizia,
per le morti improvvise.
Ma basta
il sorriso
dei miei nipotini
a far tornare
il sole.
E allora ,
con la speranza
nel cuore ,
mi dico
” non può piovere
per sempre ”
Isabella Scotti ottobre 2022
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
” Non può piovere per sempre ”
Eric Draven
HAIKU

Autunno triste –
lentamente nel bosco
cade la foglia
Isabella Scotti ottobre 2022
testo : copyright legge 22 aprile 1941
Amici carissimi ho pensato di augurarvi la buonanotte così, con qualche poesia e dulcis in fundo un haiku. Vi abbraccio con abbraccio circolare.
La vostra Isabella
… dalle pazze forme di protesta degli attivisti per l’ ambiente. Imbrattare capolavori d’ arte denotano una totale ignoranza, una totale imbecillità che va oltre ogni limite di sopportazione. Buttare, come su altre opere in altri musei, su ” I Girasoli ” di Van Gogh zuppa al pomodoro per attirare l’ attenzione sul problema dei cambiamenti climatici, è una cosa ridicola, stupida. Personalmente la mia attenzione non è assolutamente portata sul problema di cui questi ragazzi si fanno portavoce, quanto sullo sfregio fatto ad un’ opera d’ arte. Che ci fosse un vetro a proteggere l’ opera non è certo importante. Lo è ovviamente come protezione al dipinto, ma resta un gesto offensivo che deve essere punito , così come tutti gli altri gesti compiuti in altri musei. L’ arte , cari ragazzi , non si tocca. Manifestare in questo modo, non vi porterà lontano. Nessuno può arbitrariamente decidere su cose di cui s’ ignorano meccanismi e quant’ altro. Se volete cambiare qualcosa del mondo che gli adulti amministrano , prima di imbrattare opere d’ arte credendo di polarizzare l’ attenzione su ciò che vi interessa, e ” disturbare ” con azioni anche di blocco stradale ( vedi raccordo anulare di Roma ) chi va a lavorare, studiate, studiate, studiate. Se le vostre teste resteranno vuote nulla potrete fare per cambiare ciò che non vi piace di questo mondo. Facile protestare oggi con parole che si ripetono all’ infinito anche nei telegiornali ( ambiente, sostenibilità , cambiamenti climatici ) ben più difficile sarà quando toccherà a voi, occuparvi realmente di tutto ciò. Ricordatevi che senza cultura, senza conoscenza, senza rispetto nulla vale. Sarete soli con la vostra ignoranza. Ricordate che il bello che ci circonda è di tutta l’ umanità. L’ arte, in ogni sua alta espressione va tutelata sempre e non oltraggiata.
“Il 21esimo secolo ci sta portando delle forme di violenza che sono barbare, l’aspettativa di un tempo caratterizzato dall’educazione, dalla conoscenza, dall’educazione sono tramontate. Temo che ci troveremo davanti una generazione che non ha contezza e strumenti per poter affrontare la realtà che è ben diversa da quella che vivono imprigionati sui social”. Ne è convinto Giacomo Di Gennaro, professore di sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale presso l’Università Federico II di Napoli
Professore, i nostri ragazzi inghiottiti da una spirale di violenza, ma anche di solitudine e fragilità. La tecnologia che ruolo ha in questo momento?
Un primo aspetto che io sottolineerei è ovviamente l’uso del digitale e come attraverso il web e i social passi una quantità di informazioni, di messaggi, alcuni anche attrattivi a forte contenuto violento. È il carattere ambivalente della tecnologia. Ritengo sicuramente che l’uso dell’informatica, del pc e dei social sia un fatto positivo, si accede alle informazioni in maniera immediata, però è anche vero che c’è un imprigionamento che conferisce un nuovo volto anche alla modalità con cui si organizza e si prepara la violenza. Questo imprigionamento riguarda esattamente l’uso del cellulare e dei social-media che funzionano come dispositivi che filtrano e selezionano in maniera anche più grave alcuni messaggi e alcuni eventi. Come dicevamo per i decenni precedenti, cioè che si formavano le tribù, oggi è uguale: parliamo di tribù digitali. E questo conferisce alla violenza un volto nuovo, un carattere e una modalità di realizzarla e rappresentarla del tutto nuova. Ci sono situazioni violente che vengono organizzate ex-ante e poi si consumano di persona, organizzando anche l’incontro. Nello stesso momento, i social diventano dei dispositivi per incanalare delle condizioni di assoggettamento e vittimizzazione.
La tragedia del ragazzino di Gragnano lo ha dimostrato…
Sì. Non riusciva più a sostenere quel peso. Stigmatizzazione così forte da non reggere. Veniva da una famiglia perbene, andava bene a scuola, aveva proprio il profilo di un ragazzo che può essere facilmente vittimizzato. Le tribù digitali trovano dei terreni ideali in ragazzi che sono bravi e tranquilli. Abbiamo una popolazione che agisce in maniera cinica, violenta: c’è un agito violento di ragazzi e ragazze e sottolineo ragazze che stanno entrando su terreni dove la mascolinità e il machismo tipico del genere maschile viene assunto nelle maniere più deteriori. Ormai nello stile di condotta e nell’agito violento di molte ragazzine si riproduce l’atteggiamento tipico del maschilismo più retrivo.
C’è un problema di mancato controllo da parte dei genitori sui figli e sui social che utilizzano o c’è altro?
No, più che mancato controllo ritengo che le barriere regolative dei comportamenti dei figli, le famiglie le hanno abbassate se non totalmente annullate. Ho l’impressione che uno degli effetti di lunga durata di quella che è stata la rivoluzione del ’68 è che sono venute fuori generazioni che non sono più capaci di esercitare l’autorità e la responsabilità genitoriale. Parlo di autorità, non di autoritarismo. Questo vuol dire che un adulto per il modo in cui agisce e per il modo in cui si relaziona al proprio figlio, diventa un punto di riferimento ed è considerato una persona che ha qualcosa di più da dire rispetto a me figlio, a me giovane. E questo non c’è più: noi ci troviamo difronte a genitori che vogliono fare i giovincelli. C’è una cultura del giovanilismo che ha talmente imbrigliato i genitori che non sono più capaci di fare i genitori, cioè di essere autorevoli nei confronti dei figli. E quindi non li seguono. Ci sono ragazzi di tredici, quattordici anni che alle 3 del mattino sono ancora in giro per la città, ma che insegnamento possono ricevere dagli adulti se gli è concesso questo? La briglia regolativa degli standard educativi e di che cosa fare e cosa non fare si è talmente allentata che i ragazzi oggi fanno quello che vogliono. C’è un problema serio che investe le famiglie e che riguarda come le famiglie si relazionano ai figli e come li rendono responsabili. Basti vedere quanto è aumentato il consumo di alcolici tra i minori: in maniera esponenziale. Io voglio mettere in connessione le due cose: cioè comportamenti dei ragazzi e responsabilità dei genitori.
Come si costituiscono queste tribù digitali?
Si costituiscono perché si sono abbassate le barriere di regolazione della vita quotidiana di questi ragazzi tanto è vero che i genitori non hanno più il controllo di quante ore il ragazzo passa sui social. Non hanno il coraggio e la forza di sottrarre questi strumenti ai loro figli. Un’esposizione elevata deve essere regolata altrimenti genera dipendenza. Ci sono studi di tutto il mondo che parlano di dipendenza digitale e dimostrano che l’elevata esposizione digitale ha degli effetti spaventosi sui neuroni e sulla capacità percettiva dei ragazzi, perché ne abbassa la qualità.
Come si inverte questa deriva sociale e culturale?
Moltiplicando i luoghi nei quali i genitori possano acquisire l’abc del controllo dei dispositivi tecnologici dei propri figli. Ma io non sono d’accordo sul fatto di scaricare sulla scuola ogni limite che appartiene alla vita sociale. Perché se noi ci aspettiamo che la scuola faccia educazione alla legalità, educazione sessuale, educazione allo sport, educazione ed educazione, mi viene da chiedere: ma la scuola ha preso il posto della famiglia? Perché se ragioniamo così, la conoscenza, la trasmissione del sapere, le competenze chi le insegna se la scuola non ha più tempo? Dobbiamo prendere atto che la maggior parte delle famiglie non svolge più il suo ruolo. La scuola deve educare alla comunicazione, devono imparare a raccontare ai genitori ciò che gli succede fuori casa. La scuola deve innervare il vantaggio della comunicazione, dal canto loro i genitori non devono assumere una funzione di giudici ma di ascoltatori che poi aiutano a risolvere la questione.
Articolo ripreso da Il Riformista
Dopo tanto tempo mi rifaccio viva. Scusate la mia assenza prolungata ma problemi di salute mi tengono forzatamente lontana dal pc . Ho un problema ad una spalla che coinvolge anche la cervicale. Un dolore molto fastidioso. E poi sono molto impegnata anche con i nipotini. Mi dispiace ma passerò qui sporadicamente, perdonatemi. Intanto vi lascio questo articolo su cui tutti dovremo riflettere a lungo. E anche per un momento più leggero qualche mio verso. Vi voglio bene e non vi dimentico. Un grande abbraccio circolare che vi comprenda tutti
La vostra Isabella
L’ angolo della poesia
E finisce l’ estate

E finisce l’estate .
Si spengono
i colori
che l’ hanno ravvivata.
Il sole bollente
diventato quotidianità.
Le cicale
non canteranno più.
I grilli
delle sere
al chiar di luna
andranno
a dormire.
Torneranno
le grigie giornate.
Le nubi
veleranno
l’ azzurro
del cielo.
Tu,
che farai allora ?
Aspetterai
una nuova estate
che ti porti
il sapore
dei miei baci,
o mi cercherai
desiderandomi ancora?
Chissà
che il nostro amore
non sia stato
solo opera
della stagione del sole,
che illudendoci,
ha scherzato con noi,
prendendoci in giro,
turbando
i nostri cuori.
Isabella Scotti agosto 2022
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Se di notte sulla battigia…

…cammino ,
ascolto sempre
la bella voce
che ha il mare.
Una voce
che diventa poesia
quando
i rumori del giorno
tacciono e
rimane solo
quella dolce musica
che subito riconosco :
è lo sciabordio
delle onde
che s’ infrangono
sugli scogli,
mentre le stelle
vanitose
si specchiano
con la luna
nell’ acqua.
Mille
riflessi argentati
illuminano così
la notte .
Immediata ,
sento allora
navigare in me
una strana quiete
che placa
con dolcezza
il turbinio
dei miei troppi,
affollati pensieri.
Isabella Scotti ottobre 2022
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Il mare è un trattato di pace tra la stella e la poesia.
(Alain Bosquet)

Masha Amini

Hadis Najafi
Due ragazze,
una mora l’ altra bionda .
Uccise.
Masha
picchiata a sangue
fino a farla cadere
e lasciata morire ,
per una ciocca di capelli
fuori posto .
Sei proiettili per Hadis,
che in strada con tanti altri giovani
ricordava e protestava
per quella morte.
Nessuna pietà.
Giovani ragazze
senz’ altra colpa
che quella
di essere donne.
Nate
nel luogo sbagliato,
dove l’uomo
è sbagliato.
Quell’ uomo
che crede
di poter possedere
una donna
togliendole
la dignità,
la libertà di essere
solo se stessa.
Ora c’è un vento nuovo
che sferza l’ Iran.
Voci,
urla di donne
che dicono
basta
ai soprusi,
alla violenza,
che vogliono solo
sentirsi libere di
vivere la propria femminilità,
studiare, lavorare,
togliere quel velo.
Ora è il tempo
di ascoltare
la rabbia
che agita
i cuori oppressi,
è il momento
di dar voce
anche a chi non può
più parlare :
a Masha e Hadis
Isabella Scotti ottobre 2022
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Acqua, acqua
e ancora acqua.
Notte d’ inferno.
S’ ingrossa il fiume ,
esce dagli argini ,
impetuoso corre
e nella sua corsa
pazza
tutto prende.
Nulla risparmia.
Trascina con sè
persone,
uomini e donne,
bambini.
Strappa le radici
di una vita.
Violenta
case, aziende .
Spezza in due
alberi come fossero
fuscelli,
trascina pietre e sassi ,
le macchine sollevate
come giocattoli .
Perchè l’ acqua
quando è nel pieno
della sua furia
non guarda
in faccia nessuno.
Dove arriva distrugge,
sommerge
incurante del male
che fa.
Resta il fango,
una melma grigia,
sporca
dove solo sprofondare,
cercando di poter
recuperare
quel che resta
di una vita
di lavoro e affetti.
Tutto finito in un attimo.
Si resta con la paura addosso,
con le lacrime
che rigano il volto,
con la certezza
che il domani
sarà più difficile
che mai.
Isabella Scotti settembre 2022
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Il mio cuore è con tutti coloro che nelle Marche hanno dovuto affrontare la furia di un evento naturale disastroso. Il mio cuore è con tutti coloro che hanno perso tutto, affetti e case e lavoro. Luoghi come Senigallia dove passai un’ estate indimenticabile con momenti gioiosi assieme a mio marito con i nostri figli piccoli o ancora Ascoli Piceno, Pesaro . Le Marche sono una regione da scoprire. Davvero ora soffro tanto a vedere ciò che l’ alluvione ha provocato. Un grande abbraccio per far sentire la mia vicinanza a tutti, anche se mi rendo conto di quanto sia poco. Speriamo che gli aiuti non rimangano come troppo spesso succede, solo parole , perlomeno non ci siano lungaggini a frenarli. Che il Signore aiuti coloro che hanno subito perdite anche affettive. La mia preghiera è per tutti voi , che presto , pur tra mille difficoltà, possiate ricominciare a vivere.

Foto ripresa da informazione.it

Foto ripresa da informazione.it
E anche lei ha chiuso i suoi occhi per sempre. Quegli occhi che sorridevano ancor prima delle sue labbra. Una grande donna ci ha lasciato. Una donna che per 70 anni è stata con noi, ma soprattutto col suo popolo. Gli inglesi possono davvero essere fieri della loro Regina. Una donna intelligente, forte e decisa che ha dimostrato fino alla fine il suo grande valore, conscia del suo ruolo , incontrando, nonostante le sue precarie condizioni, la nuova premier britannica, Liz Truss, così come fece per ben altre quattordici volte nel corso dei suoi lunghi anni di regno. Ci mancherà questa donna, il suo humor, la sua serietà. Ci mancherà il suo grande temperamento. Ci mancherà questa grande , grandissima Regina.

Non so
se mai
ti ritroverò.
Vorrei
che la realtà
fosse meno amara.
Sei distante,
teneramente malato
di memorie infantili
resti assorto,
lontano,
sognando la nebbia
e l’ umido delle sere d’ aprile.
Sembri abitare
un’ eremo irraggiungibile.
Se ti porgo
quella stella alpina
che hai tenuto pressata
tra le pagine
di un libro,
nessun ricordo
torna
alla tua mente.
Quel salire ripido,
per coglierla,
nulla.
E quel diamante
dal fulgore infinito
che mi regalasti ,
è per te ormai,
senza significato
alcuno.
Il tramonto
della nostra favola
d’ amore,
mi fa soffrire
indicibilmente.
Sai,
stanotte ho sognato
un angelo.
Risplendeva
di una luce
particolare.
Si avvicinava a te
regalandoti
nuova memoria.
Peccato fosse solo
un sogno,
un atroce inganno
Isabella Scotti gennaio 2022
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
“Teneramente malato di memorie infantili
sogno la nebbia e l’umido delle sere d’aprile.”
Carissimi ho scritto questa poesia ispirata dai versi di Esenin abbinandoli alle parole in neretto che vedete nella poesia e che sono state date nel gruppo facebook di cui già vi ho parlato e di cui faccio parte, Rinascimento poetico. Volevo vedere se ero capace di far nascere una poesia incastrando i versi di Esenin e le parole ” regalate ” ( regalate cioè da alcuni che scrivono come me nel gruppo ) Spero che l’ esperimento sia di vostro gradimento. Un abbraccio circolare e grazie a tutti.
La vostra Isabella
Un anticipo del mio rientro qui che non credo sia troppo lontano. Me lo auguro di cuore. Voi aspettatemi, non dimenticatemi.
Baci a tutti e un sorriso
Ora
che mi hai
rubato il cuore,
parlami d’ amore.
Fallo stanotte,
quando la luna
sorride
alle sue stelle.
Sussurrami
dolci parole,
che cresca piano
in me
il desiderio
di te.
Allora,
come una gatta
giocosa,
io farò le fusa,
e cercherò
nel tuo cuore
un angolino
dove raggomitolata
stare ,
accarezzata
e coccolata
dolcemente
da te
Isabella Scotti luglio 2022
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
Amici carissimi quest’ anno le vacanze sono lunghe. Abbiamo bisogno di riposo. Abbiamo già fatto un pò di ferie in Francia, portando anche mia madre, ma ora mio marito gradisce tornarvi. Gli impegni, sempre tanti, vanno un pò messi da parte nel possibile. Il grande caldo che ci ha tutti ammazzato, forse ci darà una tregua chissà. Me lo auguro davvero perchè anche scrivere mi è difficile. Comunque una poesia ve l’ ho regalata. Spero nel vostro gradimento. Tra qualche giorno ripartiamo. Ci sentiremo se tutto va bene al mio ritorno. Per ora vi abbraccio tutti con affetto augurando a tutti voi una bella estate. Bacioni a tutti
la vostra Isabella
Ps magari vi regalerò al mio ritorno qualche foto. Aspettatemi. Ciaoooo
Pasqua, festa dei macigni rotolati – don Tonino Bello
Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei macigni rotolati. E’ la festa del terremoto.
La mattina di Pasqua le donne, giunte nell’orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro.
Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all’imboccatura dell’anima che non lascia filtrare l’ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro.
E’ il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della disperazione del peccato.
Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte.
Pasqua allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l’inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegnò la resurrezione di Cristo.
(Tonino Bello)
Fonte : Pietre di Scarto di don Tonino Bello

nell’immagine:
“Sante Donne nel sepolcro”- Beato Angelico
Museo di San Marco, Firenze
(Quando, la mattina della domenica, Maddalena, Maria Cleofe e Salomè, arrivarono al sepolcro, il corpo del Signore non c’era più!)
Auguro a tutti voi amici carissimi una serena e lieta giornata di Pasqua. Che Il Cristo risorto ci salvi dalla guerra e ci regali quella pace a cui tutti aspiriamo
La vostra amica Isabella

Rembrandt – Cristo sulla Croce
Cristo muore crocifisso
Il tremendo mistero del venerdì santo, del momento cioè in cui Gesù muore, è tale da farci temere di incrinarlo pronunciando parole proprio quando la Parola tace.
Possiamo però lasciarci guidare dai testi biblici che vengono letti nella liturgia della Passione.
– I primi due brani sono tratti dal profeta Isaia:
«Il Signore mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola», cioè una lingua propria di chi ascolta cose sconosciute per poterle manifestare ad altri. «Il Signore mi ha aperto l’orecchio e io non mi sono tirato indietro. Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare deluso» (50, 4-7).
Isaia sta parlando di un personaggio misterioso, il Servo di JHWH, che accetta dolori e persecuzioni fidandosi di Dio. Di un Servo che prefigura in sé i segni e le vicende della Passione di Gesù. E continua:
«Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori, che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia. Era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori, e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Isaia 53, 3-5).
Queste parole, che ci colpiscono, ci sgomentano e che affermano come un messaggero respinto sia capace di salvare l’umanità intera, sono una chiave interpretativa della storia di Gesù e raggiungono il loro massimo di intensità nella morte di Cristo.
Esse ci aiutano a cogliere il significato del fuoco della croce, la dimensione interiore dell’evento della Passione. Gesù è il misterioso Servo del Signore che si offre, con piena e libera obbedienza, a un destino di sofferenza e di morte.
Il Cristo sofferente, di cui leggiamo nel racconto evangelico di Matteo (cfr. 27, 1-55), è colui che prega il Padre e gli si affida. Questo profondo affidamento di Gesù, che traspare da alcuni momenti e parole del vangelo, è bene illustrato dalle letture profetiche.
Il Servo sofferente che si affida al Padre non è soltanto un segno luminoso dell’amore di Dio per tutti gli uomini, bensì diventa il rappresentante degli uomini davanti a Dio. È l’uomo vero, obbediente, riconciliato con il suo Signore; l’uomo che soffre per la tragedia del peccato, che dischiude agli altri uomini il cammino del ritorno a Dio.
Ancora, il Servo di JHWH appare solidale con tutto il popolo, prende su di sé tutti i peccati, coinvolge gli uomini nello stesso cammino di amore doloroso ed espiatore.
– Del lungo racconto della passione di Gesù, tratto dal vangelo di Matteo, racconto che bisognerebbe leggere per intero e con grande attenzione, considero soltanto l’ultima parte:
«Gesù, emesso un alto grido, spirò. Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono… Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio!”» (Matteo 27, 50-54).
Il velo che si squarcia, la terra che si scuote, le rocce che si spezzano, i sepolcri che si aprono sono il simbolo di un grande sconvolgimento cosmico e di un’immane lotta tra le forze del bene e le forze del male, tra la vita e la morte. Fin dall’inizio la storia umana è storia di peccato, è segnata dal succedersi di tanti mali personali, sociali, cosmici. A un certo punto tutto il male si condensa nella passione di Gesù. Egli è schernito, deriso, oltraggiato, percosso, flagellato perché vuole vivere l’angoscia dell’umanità, la solitudine dell’uomo, vuole sentire su di sé le violenze, le crudeltà, i soprusi, gli inganni, le maldicenze che si compiono nel mondo. Gesù vuole anzi vivere l’abbandono del Padre come il dolore più grande dell’uomo, per espiare tutti i peccati. È il suo amore per noi che lo porta al confine della desolazione umana così da riscattarla in se stesso e da ricondurre l’uomo all’ amore del Padre.
Per questo muore, arrestando per così dire la morte che diventa il trionfo dell’amore di Dio.
Cerchiamo di immedesimarci nello stato d’animo del centurione romano che, di fronte allo sconvolgimento cosmico avvenuto dopo la morte di Gesù e, soprattutto, avendo visto di persona l’atteggiamento di inermità e di mitezza con cui Gesù muore, esclama: «Davvero costui era Figlio di Dio!». È la prima professione di fede davanti alla croce; una strana professione se pensiamo che viene da parte di un uomo incaricato ufficialmente di condurre a morte il Signore.
Eppure noi stessi, come quell’antico soldato, siamo implicati nella morte e nel calvario di Gesù; noi stessi siamo protagonisti e non solo spettatori di questo evento.
E, come il centurione, sentiamo di non avere le disposizioni adatte a comprendere ciò che sta accadendo.
È probabile che all’inizio il centurione abbia preso parte quasi sbadatamente a quella serie di avvenimenti, per un ordine puramente formale che aveva ricevuto.
Certamente si sarà stupito sentendo la folla che gridava: «Vogliamo Barabba!» e avrà notato l’assurdità della scelta: da una parte, un uomo di aspetto sereno, quasi regale, che veniva condannato e, dall’ altra parte, un uomo che al centurione, pratico com’era di questa gente, appariva chiaramente per ciò che era, un malfattore e che però veniva messo in libertà.
Tutto questo l’avrà indotto a riflettere. In seguito, lungo il calvario, avrà visto i maltrattamenti che i soldati infliggevano a Gesù e probabilmente, essendo abituato a vedere tali crudeltà, non avrà capito molto. Ma forse la pazienza di Gesù avrà incominciato a penetrargli nel cuore.
Via via che la croce, portata prima da Gesù e poi da Simone, saliva verso il luogo della crocifissione, qualcosa si muoveva già nell’ animo di questo soldato testimone.
In ogni caso, ci fu un momento in cui il suo sguardo incominciò a fissarsi su Gesù in maniera nuova e sorprendente, per giungere quindi all’intuizione di una misteriosa grandezza di questo condannato.
Il suo, in fondo, è il cammino di tutti noi che contempliamo il Crocifisso, compresi coloro che non fossero pienamente partecipi della vita della Chiesa o, addirittura, venissero da sponde lontane, proprio come il centurione pagano.
Il venerdì santo è destinato a ogni uomo, a ogni persona di questo mondo e ciascuno di noi, anche se cristiano, deve rifare il cammino di contemplazione della croce, guardando negli occhi Gesù. Perché ciascuno di noi, oggi, può maturare nel cuore questa esclamazione, quasi fosse la prima volta: Tu sei, Gesù, il Figlio di Dio!
Come il centurione, guardiamo il volto di Gesù e vediamo i passanti che scuotono il capo e che non credono alla sua divinità.
Sono tanti i nostri contemporanei che vanno frettolosamente, senza fermarsi davanti a lui.
Forse hanno altri impegni, altre mete da raggiungere, e l’evento Gesù sembra marginale per loro. Per alcuni, la Settimana santa e la Pasqua sono semplicemente date del calendario, che hanno riferimento alla primavera, alle vacanze, alle feste.
Forse, persino in noi c’è qualcosa di superficiale; per un verso, ci scopriamo un poco passanti che vanno frettolosi davanti a Gesù che muore. Forse abbiamo nel cuore pensieri, desideri, impegni, preoccupazioni, che sono al di fuori della salvezza che oggi ci viene donata.
Gesù però ci invita a sostare e a guardarlo crocifisso, a fare come il centurione che non passa oltre ma si ferma a fissarlo, si pone di fronte a lui e diventa in tal modo capace di vivere quel grande venerdì santo di salvezza. L’antico soldato finisce con il comprendere anche gli eventi che accadono intorno a Gesù – le tenebre, il terremoto – come legati alla sublime maestà di colui che muore con amore e per amore.
Perché è questo amore che il centurione pagano ha colto, ben al di là dei fatti straordinari che avrebbero potuto spaventarlo soltanto.
Egli, invece, rimane inchiodato davanti al crocifisso e intuisce il mistero dell’amore di quell’uomo che va incontro alla morte come mai nessun altro uomo ha fatto.
Lo intuisce da tante piccole circostanze: il modo con cui Gesù raccoglie le offese, i brevi gesti e segni del capo verso chi gli allunga la spugna con l’aceto, la preghiera gemente e santa al Padre, il grido potente con cui, passa dalla vita alla morte.
È davvero troppo grande il mistero di amore che la persona di Gesù rivela in ogni suo palpito dalla croce, perché chiunque abbia il coraggio di sostare un momento in silenzio davanti a lui non se ne senta coinvolto nel profondo dell’essere.
Da questo punto, non conta tanto chi siamo, chi pensiamo di essere; conta ciò che guardiamo, conta il sublime mistero del Crocifisso.
Il centurione diventa un simbolo della verità del credente: avendo posto i suoi occhi su Gesù crocifisso, il resto si è offuscato, non conta più, ed egli rimane solo con colui che è salvatore di tutti.
– Il messaggio di Gesù crocifisso è molto chiaro. Dio, che avrebbe potuto annientare il male annientando tutti i malvagi, preferisce entrare in esso con la carne del suo Figlio, in Gesù, proclamando il perdono e il ritorno e subendo su di sé le conseguenze del male per redimerlo nella propria carne crocifissa. È la legge della croce, il principio secondo cui il male non viene eliminato, ma trasformato in bene sull’ esempio e per la forza della morte di Cristo. In questo modo la croce diviene la suprema legge dell’amore e chi vuol far parte del cammino di rigenerazione inaugurato da Gesù deve entrare nel male del mondo per trame il bene della fede, della speranza, della carità, dell’amore per i nemici. La legge della croce è formidabile, ha un’efficacia sovrana nel regno dello spirito ed è applicabile a tutte le vicende umane; è il mistero del regno di Dio, è il mistero del Vangelo. Non è una legge accettabile dalla semplice intelligenza umana naturale, non la si può dimostrare prescindendo da Cristo. L’intelligenza umana naturale la rifiuta, non riesce a coglierla fino a quando non si è decisa per la fede.
Tuttavia il Signore crocifisso è centro di attrazione per ogni uomo e donna che viene in questo mondo, centro di attrazione per la storia, centro di attrazione per tutte le religioni del mondo. Ogni religione trova in questa croce il suo punto di arrivo, il suo termine, la fine di un suo eventuale mandato provvisorio; perché tutto culmina nella regalità universale ed eterna di Cristo Gesù, nell’alleanza di Dio con l’umanità, per sempre.
Nel cuore del crocifisso, tutto ciò che è “no” può diventare “sì” e dal tradimento può nascere l’amicizia, dal rinnegamento il perdono, dall’ odio l’amore, dalla menzogna la verità. Questa è la forza di Gesù nella e dalla croce.
Carlo Maria Martini
dal sito https://www.chiesadelgesu.org/meditazione-venerdi-santo