Ci sono momenti in cui bisognerebbe fermarsi un momento a riflettere, lasciare da parte la frenesia del chiacchiericcio mediatico e politico quotidiano, la necessità di intervenire su ogni argomento, di dire la propria ad ogni costo, avvallando le perverse dinamiche dei social network e avere rispetto.

È il caso dell’omicidio di Willy, una tragedia che colpisce per l’efferatezza, per l’inaudita e ingiustificata violenza che dovrebbe provocare un sentimento di unione, l’emergere di uno spirito di comunità – tipico delle peggiori disgrazie – per condannare senza giustificazioni un evento disumano. Purtroppo però, nemmeno di fronte alla morte, al venir meno di una vita umana, per giunta di un giovane innocente, c’è chi riesce a lasciare da parte la tentazione di fare propaganda strumentalizzando un fatto di cronaca nera in cui non c’entra nulla la politica ma che ha cause ben più profonde e radicate nella decadenza della nostra società.

Utilizzare l’uccisione del giovane Willy per attaccare la destra, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, è un gesto che contribuisce a fomentare il clima di odio e di violenza verbale da parte dalle stesse persone che dicono di volerla combattere e condannare. Non siamo di fronte alla solita ossessione che porta a tirare in ballo in ogni situazione o contesto la destra italiana ma sfociamo nella mancanza di sensibilità e nella scarsa etica se addirittura si finisce per trascinare nell’agone politico un simile omicidio. Diciamoci la verità; la giustificazione politica, scaricando la colpa sulla destra che crea l’humus in cui proliferano figure come il branco che ha ucciso Willy, è la strada più facile da percorrere, molto più semplice dire che è colpa della destra piuttosto che andare a fondo delle questioni e interrogarsi su quali siano le reali motivazioni che portano a compiere gesti di questo genere. È più comodo instillare il dubbio, senza prove o evidenze, dicendo che sono stati “quattro militanti di destra”, che “tutto ciò ha due mandanti ben precisi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni”, che si trattava di “quattro estremisti, naturalmente di destra”.

Non sono commenti di sconosciuti sul web ma di giornalisti, influencer, opinionisti di cui evitiamo di ripetere i nomi per non regalare ulteriore visibilità a chi vuole a tutti i costi dare un colore a una tragedia che ha colpito nel profondo ognuno di noi. “Fomentare odio e razzismo nelle persone conduce a questo”, scrivono le Sardine nei loro canali social perdendo l’ennesima occasione di andare oltre a quel clima di contrapposizione che avvelena la nostra società, alla necessità di unirci tutti di fronte al dolore senza cercare strumentalizzazioni stucchevoli e fuori luogo. Di fronte all’omicidio di Willy non basterebbe nemmeno l’onestà intellettuale o la deontologia professionale, servirebbe un’etica che o la si ha oppure non la si può improvvisare. Superare il clima di odio significa riscoprire il rispetto necessario di fronte alla morte, chi ha ucciso Willy sono criminali, chiamiamoli con il loro nome e per una volta lasciamo da parte la politica per chiedere con più forza e con una sola voce giustizia.

Articolo   di   Francesco   Giubilei   tratto   da   ”  Il   giornale”

 

 

“Il premier Giuseppe Conte non ha il diritto di dirsi scioccato “. Beppe Severgnini è clamorosamente duro sul caso di Willy Monteiro, il 21enne massacrato e ucciso a forza di calci e pugni da 4 ragazzi a Colleferro. Conte ha telefonato ai genitori della vittima, poi si è chiesto: “Che messaggio stiamo dando ai nostri ragazzi? A mio figlio devo dire di non intervenire in una lite?”.

Severgnini, ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo, sbotta: “Ma non lo sa cosa succede la notte dalla Sicilia all’Alto Adige? Ne stiamo parlando perché è morto un ragazzo, ma quello che è successo l’altra sera è ordinaria amministrazione. Di notte, tra strade e discoteche, c’è gente piena di cocaina e si dovrebbe fare il test, non solo dell’alcol”. In caso di risse, ricorda l’editorialista del Corriere della Sera, “se la prognosi è inferiore a 20 giorni si deve procedere per querela di parte e molti genitori non denunciano, perché sanno che il picchiatore non rischia nulla. Un modo per fare andare avanti l’Italia? Prendere i violenti e fargli fare 6 mesi ai servizi sociali con gli anziani, a pulire letti e gabinetti”. 

 

Riportato   da   ”  Libero  quotidiano ”

 

Che   orrore   tutto   questo.   Vorrei   solo   che   in   ogni   situazione,   di   fronte   al   male   efferato,   senza   scuse,   si   usassero   sempre   le   giuste   parole,  come   in   questo   caso,   quelle   di   conforto   dovute   a   chi   ha   perso   un   figlio,   dolore   straziante,   atroce,   che   durerà   per   tutta   la   vita.

Sull’ intervista   a   Severgnini   e   su   quello   che   ha   detto,   ospite   dalla   Gruber,    dico   che   la   penso   esattamente   come  lui ,  sebbene   sulla   punizione   finale   oserei   anche   di   più